Gabriele Beccaria, TuttoScienze - La Stampa 3/7/2013, 3 luglio 2013
LA VERA STORIA DELL’ANTROPOCENE
Non siamo grandi distruttori solo da oggi. La storia del nostro impatto sulla Terra è probabilmente diversa da come ce la raccontiamo.
Se tra gli ultimi personaggi a preoccuparsi dello stato del Pianeta è stato il direttore del Fondo monetario, Christine Lagarde, che in un’intervista al «Wall Street Journal» si è detta terrorizzata dalle devastazioni ambientali che lasceremo in eredità a figli e nipoti, fa impressione l’ultima ricerca made in Usa sulla progressione dell’«impronta ecologica», vale a dire su quando tutto ha avuto inizio.
L’Antropocene - la prima era in cui l’uomo ha plasmato la forma e la sostanza degli habitat - non è in realtà cominciato con la rivoluzione industriale del Settecento. Secondo la ricerca diretta dal geografo della University of Maryland Erle Ellis, dev’essere retrodatato di molto, andando più indietro della più antica delle civiltà. Addirittura 60 mila anni fa. E’ infatti intorno a quell’epoca che nei sedimenti si legge un brusco aumento delle particelle di carbone nell’atmosfera. Il periodo corrisponde ai roghi appiccati per cacciare, mentre intorno a 9 mila anni fa, quando gli agricoltori si fanno strada, abbattendo boschi e foreste, crescono ulteriormente i livelli di CO2 (a 2030 parti per milione), sufficienti - secondo le stime - per innescare le prime ed evidenti modificazioni climatiche. E in una progressione implacabile si arriva a 5 mila anni fa, al momento in cui l’invasione della nostra specie - salita a una cinquantina di milioni di individui - si trasforma in occupazione e, Poli a parte, un quinto delle terre emerse viene manipolato e a volte perfino annichilito.
Le coltivazioni sono estensive, anziché intensive, e ancora per millenni ogni umano avrà bisogno di molta più terra di quanta ne sfrutti oggi: sei volte tanto. E 2500 anni fa, agli albori di Roma, ciascuno dei nostri antenati ha imparato a emettere, in media, una tonnellata di CO2, (oggi siamo saliti a tre volte tanto). Poi il corpo a corpo con il Pianeta si intensifica e l’esplosione di gas serra a partire da 250 anni fa segna il punto di non ritorno del fortunato (e sinistro) termine di Antropocene, popolarizzato dal Nobel Paul Crutzen.
Il monito a inquinare meno è evidente, ma c’è anche un ulteriore messaggio, secondo un altro degli autori dello studio, Dorian Fuller: se i luoghi davvero incontaminati sono in realtà pochissimi, perfino molti di quelli che ci appaiono tali hanno dovuto sopportare in passato la nostra impronta. La Natura sa reagire e non smette di reagire alle ferite di quella specie invasiva e intollerante chiamata Homo Sapiens.