Roberto Giardina, ItaliaOggi 3/7/2013, 3 luglio 2013
PENNICHELLA, NOME DAL TEDESCO
Siempre la Siesta, così in spagnolo lo Spiegel a sorpresa elogia lo stile di vita latino. La crisi dell’euro non è solo un confronto fra la filosofia del risparmio sostenuta da Frau Merkel e i bilanci in tragico rosso dei paesi del Sud Europa, ma un confronto fra culture e stili di vita, sostiene il professore di economia Marx Hoefer, autore del saggio Forse il capitalismo non vuol proprio che si sia felici?
E cita il nostro filosofo Giorgio Agamben, che ha proposto la nascita di una sorta di Empire Latin, formato da Italia, Francia e Spagna, contro la dominanza dell’etica puritana della Mitteleuropa.
Un’idea incomprensibile e inaccettabile per i tedeschi, ma a torto. L’articolo è illustrato dalla foto di un gondoliere addormentato su una sedia a sdraio mentre attende clienti a San Tomà. Che dovrebbe fare quando batte il sole? Non poltrisce, si ritempra in attesa di poter vogare e lavorare. Gli spagnoli hanno ceduto da tempo al ricatto delle laboriose nordiche formiche. Zapatero, già nel 2005, abolì la pausa pomeridiana per i dipendenti pubblici. Perché perdere tempo andando a casa per pranzare e dormicchiare quando gli uffici hanno ormai l’aria condizionata? Poi la Spagna ha condannato a morte la siesta per tutti. I negozi rimangono aperti anche d’estate alle due del pomeriggio. A cosa è servito? si chiede Hoefer. Ovviamente a nulla. Madrid è soffocata dai debiti, come l’Italia.
Si pretende che i paesi in rosso del Sud restituiscano i debiti al ritmo del 3% all’anno; calcolando gli interessi ci vorrà almeno mezzo secolo. Una previsione teorica. In realtà i debiti non potranno mai essere restituiti e, in cambio, l’economia viene paralizzata. La situazione non è nuova, ricorda il professore. I re spagnoli erano fortemente indebitati già qualche secolo fa, perfino con i tedeschi, con i banchieri Fugger. Non fecero onore ai loro debiti, e non per questo il mondo andò in malora. I banchieri se ne fecero una ragione.
La rigidità dei governi settentrionali deriva dalla morale calvinista, per cui ogni perdita di tempo era un peccato nei confronti di Dio. Al massimo venivano concesse da sei a otto ore di sonno. Di più era uno spreco inaccettabile. Il sonnellino pomeridiano sarebbe stata «una tentazione del diavolo», secondo i primi immigrati puritani in America. Benjamin Franklin nel 1784 criticava i parigini che andavano a letto troppo tardi e poi poltrivano fin quasi a mezzogiorno: «Un sistema inefficiente e costoso», sentenziava.
Vecchi pregiudizi, da cui siamo tentati anche noi italiani. Abbiamo abolito quasi tutte le feste infrasettimanali, ne abbiamo una mezza dozzina contro le 18 dei tedeschi, tra quelle civili, cattoliche e luterane. Vorremmo tenere aperto anche al Primo Maggio e il giorno di Natale, ma a che serve produrre di più se poi non si vende quel che abbiamo prodotto? Bisogna lavorare meglio, non più a lungo. «Il capitalismo globale colonizza il sonno», commenta ironico Hoefer. I tedeschi non fanno la pausa a mezzogiorno, ma hanno l’orario più ridotto d’Europa, eppure la Germania è la locomotiva d’Europa. Poi, forse, la siesta, almeno in Arcadia, come chiamavano il nostro paese, l’hanno inventata loro.
Da noi si dice pennichella, e l’etimologia potrebbe venire proprio dalla lingua di Goethe. Pennen in tedesco significa sonnecchiare. I lanzichenecchi e altre bande di ventura scesero in Italia, e si intontivano per il caldo e il vino a cui non erano abituati. Abbandonavano le lance e si stendevano all’ombra come il gondoliere di San Tomà. Che fai? gli chiedevano. Pennen, rispondevano. E nacque la pennichella. L’etimologia l’ho inventata io, ma quando la spiego ai miei amici professori di Berlino nessuno mi contraddice.