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 2013  luglio 02 Martedì calendario

LA COLLA PIRELLI E’ PEGGIORE DEL BUCO

Una delle pagine più commentate di Facebook, domenica pomeriggio, era quella della Pirelli. Gli iscritti non erano affettuosi. Qua e là, qualche battuta ricordabile: “Se la Pirelli cominciasse a produrre preservativi, avremmo un’esplosione demografica”. E che dire di Jean Alesi che, sulle colonne del Corriere della Sera, scrive: “Quattro forature non sono state certo belle da vedere. E lo dico nonostante il mio rapporto con la Pirelli”. Come dire... Se lo scrivo addirittura io... Già, perché a Silverstone ha vinto Rosberg e perso la Pirelli. Cinque esplosioni di pneumatici, rigorosamente il posteriore sinistro. Ha cominciato Hamilton, poi Massa e Vergne, quindi Gutierrez e Perez. La lista poteva allungarsi. Rosberg e Alonso sono rientrati ai box con le gomme sfibrate, Hakkinen ha evitato i detriti (ma qualche pezzo gli ha sbattuto sul casco) e nei giri finali ha rallentato per l’usura esagerata delle gomme.
MASSA, uno dei coinvolti, si è rimesso nelle mani di Dio. Il direttore di corsa, Charles Whiting, ha pensato di interrompere la gara. Per Niki Lauda, e non solo per lui, “è ridicolo che ci siano 5 esplosioni in una gara, Jean Todt (direttore Fia) non coinvolga i team e decida da solo con la Pirelli in modo da risolvere i problemi almeno prima di Budapest”.
È un disastro senza cause apparenti, con la Pirelli che prima minimizza parlando di “cedimenti strutturali” e poi promette di effettuare controlli meticolosi. Jenson Button ricorda che “una gomma che scoppia a 300 chilometri orari non è uno scherzo, il problema è serio”. La sua, come spesso accade, è una banalità percepita dai piani alti come frase quasi eversiva. Quando Hamilton ricorda che “solo quando finirà in ospedale si prenderanno provvedimenti”, sa di ripetere parole più volte profferte da altri prima di lui: tutti facili profeti, per nulla felici di esserlo.
Mentre Stefano Domenicali, dg della Ferrari, sparge ventate di banalità pompieristica (“Dobbiamo agire in maniera razionale senza farci prendere dall’emotività”), c’è chi prova a dare la colpa alla pista, più sfibrante di altre e con cordoli in qualche modo assassini. La solita tesi autoassolutoria, che dimentica come nel circuito di Silverstone la Formula Uno corra dal 1950, e una simile Waterloo di pneumatici non si fosse ancora mai vista da quelle parti. Qualche ingegnere motorista, protetto da anonimato per non perdere il lavoro (e anche questo dà il termometro dell’ambiente), ammette che forse la colpa è proprio la loro: per scaldare più in fretta le gomme e migliorare l’aerodinamica, i gas di scarico vengono deliberatamente direzionati verso le ruote posteriori. Che così diventano prontamente performanti. A costo però di esplodere. O, per meglio dire, soffrire di “delaminazione”. Domenica era la parola più gettonata. La pronunciavano tutti, a partire da coloro che ne ignoravano fino al secondo prima (ma pure quello dopo) il significato. Al di là dei dibattiti semantici, il tema è centrale. Per combattere il problema della delaminazione, la Pirelli ha da poco cambiato il sistema di incollaggio. Naturale, ora, pensare che la toppa – cioè la colla – si stia rivelando assai peggiore del buco. Il capo Paul Hembery smentisce, garantendo che è solo una coincidenza e che è inutile congetturare fino all’analisi delle gomme prevista a Milano.
INTANTO il tempo passa. E si ha la sensazione, poco esclusiva della Formula 1 e invero piuttosto trasversale nello sport, di un sistema vagamente omertoso. Di un carrozzone costosissimo – e delicatissimo – che si pone il problema unicamente se costretto: di fronte al disastro conclamato. Eppure la priorità dichiarata di Jean Todt è la sicurezza. Eppure di problema gomme non si parla solo da domenica. La reazione, però, pare lenta. Troppo lenta.
Negli ultimi anni la Formula Uno è diventata incredibilmente sicura, in rapporto quantomeno ai rischi a essa connaturati. Il timore è che le gomme siano il (curabilissimo) tallone d’Achille. La reazione dei team al “Delamination Day” non è stata univoca. E neanche particolarmente allarmante. Parole, tante. Fatti, pochi. Sarebbe bastato avviare una procedura spedita, ammettendo un palese problema di pericolosità. Non lo ha fatto la Pirelli, non lo ha fatto la Federazione. La Ferrari ha proposto che i test riservati ai giovani del 17-19 luglio, previsti giusto a Siverstone, siano allargati ai team maggiori per testare le gomme. Red Bull e McLaren non concordano, preferendo tornare agli pneumatici 2012. E il problema resta lì.
Torna attuale il caso di Indianapolis 2005, quando la Michelin si rifiutò di correre non potendo garantire l’incolumità dei piloti. Era otto anni fa, ma sembra quasi oggi.