Roff Smith, National Geographic 1/7/2013, 1 luglio 2013
IL CAIMANO ALLA RISCOSSA
SE PROPRIO DOVESTE notarli, vi sembrerebbero piccoli semi trasportati dal vento e finiti a galleggiare tra i giunchi ai bordi di questa laguna del remoto entroterra brasiliano. Aspettate che faccia buio, che il silenzio della palude lasci il posto a un coro di cinguettii e fruscii, e vedrete tutti quei puntini che cominciano a muoversi e a scivolare nell’oscurità.
Sono gli occhi vigili dei piccoli di caimano jacaré, nati da meno di due settimane e poco più lunghi di una matita. Di giorno stanno nascosti tra le erbe acquatiche, per proteggersi da aironi o cicogne che potrebbero piombargli addosso all’improvviso. Di notte escono furtivi a caccia di insetti o lumache, e man mano che crescono si cimentano con prede sempre più grosse. Con il tempo e la possibilità potrebbero diventare lunghi fino a due metri e mezzo e forti abbastanza da catturare un capibara, uno dei roditori giganti della regione. Ma per ora sono ancora in fondo alla catena alimentare, e devono solo cercare di non farsi vedere.
In questa laguna in particolare sono acquattate centinaia, forse migliaia di caimani appena usciti dall’uovo. E nel Pantanal ci sono tante altre lagune simili a questa. L’immensa zona umida che si estende lungo il corso del fiume Paraguay, nella parte sudoccidentale del Brasile, ospita quella che probabilmente è la maggiore popolazione di rettili dell’ordine dei Crocodilia al mondo, ed è lo scenario di una delle più clamorose riscosse nella storia della conservazione ambientale.
Trent’anni fa sembrava che il caimano jacaré, cacciato spietatamente per rifornire il lucroso mercato della pelle di coccodrillo, fosse destinato a scomparire. La sua popolazione stava subendo un calo allarmante. «Nessuno può dire con certezza quanti jacaré siano stati massacrati, ma probabilmente si parla di milioni», sostiene Cleber Alho, biologo della conservazione, che ha fatto molta ricerca sul campo nel Pantanal negli anni Ottanta, proprio nell’epoca d’oro del bracconaggio.
A quei tempi, durante la stagione secca, bande di uomini armati accorrevano ad abbattere in massa a fucilate i caimani raccolti intorno alle pozze dove cera ancora acqua. «Li scuoiavano sul posto e lasciavano i resti agli avvoltoi», racconta Alho. «Trovavo cumuli di carcasse lasciate a marcire sulla riva. Fare ricerca sul campo non era solo deprimente, era anche pericoloso: i coureiros – gli scuoiatori – potevano diventare molto aggressivi». In seguito però le iniziative del governo brasiliano contro il bracconaggio e il bando internazionale al commercio di pelle di coccodrillo selvatico, entrato in vigore nel 1992, diedero un po’ di respiro ai caimani. Al resto hanno pensato gli stessi jacaré. Dopo una serie di stagioni piovose di particolare intensità, ideali per la riproduzione, la loro popolazione si è impennata. Oggi si stima che nelle paludi vivano almeno dieci milioni di caimani jacaré.
Eppure, avverte Alho, non sono ancora fuori pericolo. «Il grande successo del Pantanal rischia di mascherare i problemi che la specie incontra in altre regioni dell’America del Sud, dove il bracconaggio continua e le popolazioni si stanno estinguendo». E sul Pantanal incombono altre minacce: deforestazione, dighe, turismo, miniere, sviluppo dei porti. Ma almeno per ora, dopo un’altra ricca stagione delle piogge, i re del Pantanal sembrano sicuri sul loro trono. —Roff Smith