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 2013  luglio 01 Lunedì calendario

MAMMA FIORETTO


Valentina Vezzali, 39 anni, WonderWoman dello sport, deputata, supermamma di Pietro 8 anni e di Andrea, un mese e mezzo, torna in pedana. Si sta allenando per i mondiali di scherma di Budapest ad agosto. Sarà lei a decidere se partecipare.
«Però non voglio sentirmi chiamare WonderWoman. Ho partorito il 16 maggio e ripreso la preparazione sotto il controllo medico della mia ginecologa. Non sono una pazza che trascura i figli, allatto, prima di tutto vengono le loro esigenze. E capisco tutte le madri che dopo la gravidanza sono vittime di depressione, c’è così tanto da fare, se non si può contare su un aiuto ci si sente sole e disperate. In più Pietro è geloso di me e del fratellino, richiama attenzione. Anche quando sono nata io, ultima di tre, mia sorella minacciava di buttarmi giù dal balcone. Ma sono fortunata: io mi occupo della poppata e mia madre culla Andrea. Chi dice che la politica e lo sport sono duri, non ha mai sofferto i dolori per dare alla luce un bimbo».
Nel 2005, quattro mesi dopo il parto, lei vinse il mondiale a Lipsia.
«Stavolta ho meno tempo, un mese in meno, e francamente conta. Mi piacciono le sfide, ho ripreso a correre, a fare ginnastica, e affondi. Ora mi fa male tutto, ma voglio provare a tornare in forma e ad essere a Budapest. Deciderò verso il 20 luglio, dopo i ritiri nazionali. Ora a quello di Formia andrò con la mia famiglia, scendere dalla pedana e ritrovarti accanto i figli aiuta a staccare, dà serenità. Non sono più una ragazzina».
Ma una mamma che trafigge: ai mondiali di Budapest andrà per vincere.
«Chiaro, mica per partecipare. Ci tengo a sottolinearlo: andrò solo se mi sento all’altezza di lottare per il titolo, altrimenti resto a casa e mi preparo per la nuova stagione. Non voglio favoritismi, cerco il successo, non guardo al passato, in testa ho Rio 2016. Non ho perso l’entusiasmo, la voglia di mettermi in gioco. Per questo mi ha fatto pena Alex Schwazer quando ha confessato la sua nausea, lo stress di dover vincere e poi rivincere. E mi ha fatto male la morte di Mennea, il silenzio con cui ha nascosto la sua malattia. Vorrei dare il mio incoraggiamento ad Alessia Polita, la motociclista 27enne, rimasta paralizzata dopo un incidente sulla pista di Misano. È di Jesi, non camminerà più, ha chiesto di non essere lasciata sola. Lo sport aiuta a sentirsi vivi anche quando ti danno per morta, ma la nostra società deve essere più sensibile alle esigenze dei disabili, offrire occasioni, mezzi, indipendenza».
Come si è trovata in politica?
«Sono stata eletta con la lista Monti. Per me è un’esperienza costruttiva, faccio la gavetta, ho l’opportunità di poter fare qualcosa di utile, così come quando si è trattato di eleggere il presidente della Camera. Ho partecipato a cinque progetti di legge: tre sullo sport, uno sui conservatori di musica, e uno sugli omicidi stradali, perché si passi al doloso e non colposo, se guidi per esempio sotto effetto di sostanze stupefacenti. A me è andata bene, ma prima dei Giochi di Londra ho rischiato di morire per un incidente: sono stata investita alle quattro del pomeriggio davanti all’albergo del ritiro di Norcia da un bulgaro che veniva dalla Grecia a cercare tartufi. Ci tengo a dire che non era drogato, ma sulla sicurezza sulla strada sono molto sensibile».
Perché le schermitrici reagiscono così male alla partenza dei maestri?
«Il maestro è tutto. Ti conosce da quando muovi i primi passi. Con lui c’è un rapporto simbiotico. Se ti lascia, ti senti tradita. È un colpo al cuore. Per questo Errigo e Di Francisca si sono sentite ferite. E io confesso che appena ho saputo della partenza del mio, di Giulio Tomassini, mi sono fatta un bel pianto. Ora è ad Avignone dove si occupa dei bambini, la Francia sui giovani lavora meglio di noi, con più lungimiranza».
Lei e Josefa Idem eravate le facce pulite dello sport che entravano in Parlamento: ora magari c’è chi dubita.
«E perché? Josefa si è giustamente dimessa, dopo aver tenuto forse un comportamento troppo ingenuo. È che lei da sportiva avrebbe continuato a lottare. Il fatto è che appena ti appiccicano un’etichetta non te la togli più. Io sono ancora derisa per aver detto in tv a Berlusconi: da lei mi farei toccare. Non ero svestita, ero in tuta della nazionale, avevo un fioretto in mano, e anche lui. Toccare è un gergo della scherma, senza malizia. Eppure ancora vengo presa in giro per quell’episodio».
Non c’è più una campionessa come ministra dello sport.
«Non credo fosse il titolo di merito per cui Idem è stata scelta, ma perché è una persona politicamente preparata. Ha fatto l’assessore allo sport a Ravenna, è stata molto votata, si è buttata a lavorare sodo per lo sport nella scuola. Questo a noi manca, una vera educazione sportivo scolastica. Gli altri non hanno il Coni, ma un ministero che si occupa dell’avviamento giovanile. In Italia bisogna cominciare a realizzare che questo settore fa parte della società civile e crea anche opportunità di lavoro».
Senza di lei le azzurre hanno vinto gli europei.
«Significa che l’Italia delle donne è forte, meglio, così c’è più gusto. A Rio andranno solo in due per nazione. Non mi lamento, io infilzo bene dove c’è battaglia».