Attilio Bolzoni, la Repubblica 30/6/2013, 30 giugno 2013
OPERAZIONE HUSKY, LA PAROLA ALLE SPIE
Come sono i siciliani? «Sono dotati di uno spiccato senso della giustizia e molto sensibili a sentimenti come l’onore, influenzati da una marcata cultura di origini berbere, lo scorrere del sangue non li impressiona e non sono spudoratamente venali come i partenopei». Parola di spia.
Luglio 1942, un anno prima del grande sbarco sull’isola. I servizi segreti di Washington e Londra studiano l’invasione sulle spiagge di Gela, decidono strategie propagandistiche, addestrano agenti da infiltrare oltre le linee nemiche. E incaricano le teste d’uovo di stendere report sulle condizioni economiche e sociali della Sicilia, sul carattere dei suoi abitanti, sull’identità di un popolo «che si considera differente dai continentali». Informative «secret» e «top secret», relazioni classificate «confidenziali», centinaia di pagine — e qualche nome — su un mondo ancora indecifrabile in mezzo al Mediterraneo. Ecco i siciliani visti dagli Alleati al tempo della guerra. Su commissione dell’Office of Strategic Service (l’Oss, l’antenato della Cia) e dello Special Operations Executive (l’Soe, i britannici esperti in sabotaggio), gli esperti scrivono nei loro dossier: «Sono cocciuti, individualisti e si offendono facilmente, stravaganti dal punto di vista emozionale e vendicativi». E ancora: «La gelosia e la bigotteria sono ancora forti in Sicilia, le donne non escono da sole, i matrimoni sono combinati. Se l’odiato “forestiero” tenta di avvicinare una donna, rischia di provocare il siciliano a commettere un omicidio».
Una collezione di quei rapporti, ritrovati negli archivi nazionali di College Park negli Stati Uniti e di Kew Gardens in Gran Bretagna, sono diventati un libro — Operazione Husky. Guerra psicologica e intelligence nei documenti inglesi e americani sullo sbarco in Sicilia — scritto dagli storici Giuseppe Casarrubea e Mario José
Cereghino. Una ricostruzione, «dal di dentro», della spettacolare operazione aeronavale che settant’anni fa cambiò i destini della Seconda guerra mondiale.
Se in alcuni fascicoli sono tratteggiati gli italiani delle regioni meridionali — e non mancano, da parte degli inglesi, certi giudizi razzisti («Bassi di statura e indolenti. Il loro temperamento è incline alla pigrizia... sebbene non siano eroici e intelligenti, è possibile che persino al Sud si registrino delle eccezioni») — la documentazione più corposa rintracciata negli archivi è dedicata al popolo che vive in fondo all’Europa. Segnalano quelli dell’Oss e del Soe: «Hanno una forte tradizione di indipendentismo rivoluzionario, prima di Napoleone hanno goduto di un’autonomia parlamentare per oltre 300 anni... Diffidano di tutti i rappresentanti dello Stato, anche dei fascisti: il cinismo verso il regime si è sempre affiancato al desiderio di spremerlo il più possibile». Le spie informano dei «nuclei separatisti presenti fra Palermo e Catania», spiegano che «lo spirito del fascismo non ha mai attecchito in Sicilia», assicurano che «gli Stati Uniti godono di una considerazione insolitamente positiva fra i siciliani».
Su sei milioni di americani di origine italiana, all’inizio degli anni ’40 la metà provengono dall’isola. E qualcuno ha così l’idea di utilizzare agenti siculo- americani prima dello sbarco. Vengono contattate società di «mutuo soccorso» a New York e a Filadelfia, a Tampa e a Detroit. Poi parte il “Piano Corvo” — dal nome del soldato Biagio Massimo Corvo, cittadino naturalizzato americano ma nato in provincia di Siracusa — che prevede la penetrazione in Sicilia di un piccolo esercito «con elementi che parlano il loro dialetto» per fomentare una rivolta e spianare la strada alla grande invasione.
L’ultimo fascicolo è catalogato «segretissimo», datato 14 giugno 1943, esattamente un mese prima dell’“Operazione Husky”. È un elenco di personalità siciliane da avvicinare. C’è Enrico Ducrot «piazza Olivuzza, Palermo, capace, molto filo-britannico ». Ci sono Vincenzo Florio e il vescovo di Caltanissetta Giovanni Iacono. C’è Vito La Mantia, capomafia, «incolto ma influente, che grazie alla complicità dei suoi seguaci è sfuggito alle purghe del prefetto Mori». Poi c’è una lista di «personaggi controversi», fra i quali il direttore del Giornale di SiciliaVincenzo Consiglio («Diventa fascista solo quando costretto, potrebbe esserci utile come giornalista») e infine i nomi dei simpatizzanti fascisti. Conti, duchi, principi.