Marco Rogari, Il Sole 24 Ore 30/6/2013, 30 giugno 2013
IN PENSIONE A 62 ANNI MA CON PENALIT
Eliminazione dell’uscita bloccata a 66 anni. Che rimarrebbe comunque la soglia di riferimento per ottenere la pensione piena. E possibilità di pensionamento volontario per tutti a 62 anni, con almeno 35 anni di contributi maturati, ma con una sensibile penalizzazione. Che progressivamente si alleggerirebbe uscendo a 63, 64 e 65 anni. È questa l’ipotesi alla quale sta guardando con attenzione il Governo in vista della riapertura in autunno del cantiere previdenziale per introdurre forme di flessibilità nella riforma Fornero senza comunque stravolgerne l’impianto e mantenendo fermi i parametri chiave, molto apprezzati dall’Europa. A confermarlo è di fatto il ministro del Lavoro, Enrico Giovanni: «Il punto di partenza sono le proposte di legge presentate in Parlamento». A cominciare dal disegno di legge Damiano-Baretta (entrambi del Pd) che prevede un meccanismo flessibile di uscite con penalizzazioni per i pensionamenti tra i 62 e i 65 anni e mini-bonus per quelli tra i 67 anni e i 70 (si veda altro articolo in pagina).
L’istruttoria tecnica sui correttivi da adottare partirà nei prossimi giorni. L’obiettivo è far scattare il mini-restyling della riforma Fornero con la legge di stabilità che sarà varata tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. In quella sede sarà valutata la fattibilità della cosiddetta "staffetta generazionale" che non è entrata nel pacchetto occupazione a causa dei costi dell’intervento.
Sempre con la legge di stabilità dovrebbe essere individuato un prelievo alternativo sulle pensioni più alte (ma non solo quelle d’oro) dopo lo stop al contributo di solidarietà sancito dalla Corte costituzionale. Giovannini conferma che una delle opzioni su cui si sta ragionando è un intervento a vasto raggio sull’indicizzazione, diverso da quello già adottato nel recente passato.
Quanto alle soglie di pensionamento, il ministro conferma che l’obiettivo è il ricorso a forme di flessibilità per superare l’uscita bloccata a 66 anni, fissata dalla riforma Fornero seppure con alcune deroghe temporanee ancorate al metodo contributivo, come quella per le donne. Che hanno beneficiato di una possibilità di uscita dai 62 anni in su ma con penalizzazioni. E una strada simile a questa è quella che il Governo è intenzionato a percorrere. «Anticipare le uscite con penalizzazioni sulla falsariga tracciata dal programma illustrato alle Camera dal presidente del Consiglio, Enrico Letta», dice Giovannini.
A confermare che la via più facilmente percorribile è quella di un sistema di pensionamento flessibile partendo da un minimo di 62 anni e arrivando a un massimo di 70 con un mix di penalizzazioni e mini-bonus è il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta. Che del resto ha firmato, insieme a Cesare Damiano, la specifica proposta già presentato in Parlamento. Sull’eventuale ricorso a un taglio marcato e allargato alle indicizzazioni sulle pensioni più alte in alternativa al contributo di solidarietà Baretta è più cauto: «Prima occorre capire che frutti può dare la nuova spending review. Successivamente, e solo in caso di necessità, si può pensare a queste misure ma esclusivamente in via temporanea».
Un altro capitolo su cui, sempre in vista della stesura della legge di stabilità, si concentrerà l’attenzione dell’Esecutivo è quello degli esodati. Il Governo ne ha già parlato nell’ultimo incontro avuto con i sindacati fornendo rassicurazioni. L’idea è di giungere rapidamente a una quantificazione definitiva della platea, che dovrebbe comunque salire non di molto rispetto ai 130mila lavoratori già salvaguardati. In ogni caso il Governo intende fronteggiare i casi più urgenti utilizzando il fondo già previsto dall’ultima legge di stabilità approvata dal Parlamento, che è però alimentato da poche risorse e che andrà integrato anzitutto proprio con i fondi risultati inutilizzati dalla prima operazione di salvataggio. Resta il problema dei cosiddetti esodandi, ovvero di tutti i lavoratori che rischiano nei prossimi mesi di rimanere bloccati (senza lavoro e senza la possibilità di andare rapidamente in pensione per l’innalzamento dei requisiti scattato con la riforma Fornero). Due le opzioni per tentare di trovare una soluzione. Con la prima si farebbe leva sul nuovo meccanismo di pensionamento flessibile e quindi sulla possibilità di andare in pensione a 62 anni, seppure con maxi-penalizzazioni. Ma occorrerebbe un’attenta valutazione della compatibilità finanziaria dell’operazione (sarebbero a rischio i risparmi a regime della riforma Fornero). La seconda opzione è quella del ricorso a una riforma degli ammortizzatori, difficile però da realizzare.