Roberta Scorranese, La Lettura 30/6/2013, 30 giugno 2013
L’ARTE TOTALE DEI LIBRI
Sul tavolo, un grosso faldone giallo porta la scritta «Originali. Rarità!». Basta sollevare la copertina ed ecco che un cinquantennio di cultura italiana si materializza nelle foto in bianco e nero di Tano Festa e Mario Schifano, nel ritratto malinconico e bellissimo di Goffredo Parise, negli appunti scritti a mano (con una grafia diseguale e aristocratica) da Giosetta Fioroni. «Giosetta è un’amica e questo è il materiale da cui partiamo per curare il suo libro-retrospettiva», precisa Marzia Corraini, sfogliando disegni originali, foto e note. È così che qui, nel cuore di Mantova, in un palazzo storico, la casa editrice-galleria di Maurizio e Marzia Corraini (65 e 63 anni) fa nascere un libro d’arte. Da quarant’anni.
Qui sono venuti alla luce Nella notte buia di Bruno Munari (suggestivo dialogo tra ombre e forme cartacee), Istanbul 05 010, il famoso reportage metropolitano di Gabriele Basilico, Alice in Wonderland di Suzy Lee, dove la favola di Lewis Carroll si trasforma in un quadro sfogliabile, da osservare più che da leggere. «Quando abbiamo cominciato, nel 1973 — continua Marzia — avevamo ben chiara in mente una cosa: l’arte è qualcosa di onnicomprensivo, di totale. Ecco perché dalla galleria iniziale siamo passati, pochi anni dopo, a progettare e realizzare libri che vanno oltre il testo, oltre la carta. Diventano piccole opere artistiche». Volumetti ai quali spuntano le ali; pagine che si aprono su buchi concentrici, in una traslitterazione tra materia e forma sul modello di Burri e Fontana. Oggi i Corraini (coppia anche nella vita, con due figli) impersonano una delle case editrici più originali, presente in diversi Paesi al mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, forte nella produzione di catalogo (60 i titoli solo di e su Bruno Munari). E si preparano a festeggiare il quarantennale al Festivaletteratura (la famiglia è nel comitato organizzatore sin dall’inizio) con una mostra a sorpresa e un sogno che può dirsi avverato: il libro come appendice di un quadro, di una scultura, di un’installazione.
Tutto questo a Mantova, lontani dai salotti «buoni» e dalle reti economico-intellettuali di Milano (il giro delle gallerie, per capirci). «Sì, ma in un certo senso questo ci ha giovato — afferma Maurizio —. Quarant’anni fa questo ambiente era diverso e mescolare l’arte con il design era quasi una bestemmia. L’arte era una cosa sacra, il concettuale era incontaminabile. Ma non qui. Qui potevamo accogliere Mendini e Fioroni, Castiglioni e Dorazio intorno allo stesso tavolo, con lo stesso spirito». Qui potevano creare vasi comunicanti tra sensibilità diverse, guardare all’intraprendenza della provincia lombarda e inventare, tenendo il passo di un’Italia che, dalla provincia alla metropoli, in quegli anni imparava a fondere artigianalità e cultura d’élite.
Così, in questo palazzo affrescato a fine Ottocento da Giuseppe Canella, hanno potuto allestire le loro mostre-ricerca (ogni esposizione segue un filo narrativo e mescola stili, tecniche e registri), accostando foto, quadri, oggetti, libri. Qui hanno potuto proporre Henri va a Parigi, il testo di un geniaccio della grafica come Saul Bass. O Design Interviews di Ettore Sottsass, ritratti e video-ritratti di alcuni tra i maggiori protagonisti della creatività contemporanea. «È stato grazie alla provincia — dice Marzia — che questo matrimonio tra arti diverse ha potuto consumarsi, con la benedizione di lunghe serate con gli artisti-amici». Mendini viene qui, si siede su un’ostica sedia in ferro (ma rigorosamente «di design») e ridacchia: «Sì, è scomoda, però io ho disegnato di peggio». Munari, poi, era di casa: arrivava e si metteva a disegnare in silenzio. Lo studio dei fratelli Castiglioni per loro era sempre aperto (per la verità era sempre aperto per tutti, anche se non avevi niente da dire o da far vedere).
È stato anche in questo angolo di provincia che molti architetti e designer hanno potuto far vivere le loro narrazioni più segrete. Prendiamo Genetic Tales firmato da Andrea Branzi: un volume in cui i principi della genetica moltiplicano le figure all’infinito, mettono in scena una replicazione continua della forma. Il Libro diseducativo di Pablo Echaurren ribalta la prospettiva dei divieti imposti ai piccoli e sfodera una copertina che è una minaccia al contrario: «Non aprire!», si legge. Un divertente libro di Steven Guarnaccia è nato dalle didascalie che l’artista compose per la mostra di Castiglioni al Moma di New York nel 1997, con testo e immagini. Nel bellissimo 12 racconti con casette di Michele De Lucchi, si imbastisce un racconto tra disegno e metafisica, dove la casa diventa il punto di partenza per una riflessione su grandi temi. Ecco, forse da quarant’anni a questa parte, Marzia e Maurizio hanno lavorato su un concetto profondo eppure antico, ecumenico: il progetto.
Chissà, forse è per questo che sono stati ascoltati e in seguito apprezzati in molte città del mondo: perché questo linguaggio esula dal provincialismo autoreferenziale, schiva le mode e le tendenze di mercato. E non contempla etichette: sono questi libri «per bambini»? Certo, e proprio per questa purezza stilistica e formale incontrano anche il gusto dei grandi. Come certe idee infantili e giocose dell’ottantunenne Alessandro Mendini. Come gli omini nei libri di Aldo Cibic. «Prendiamo Ciccì Coccò di Munari e Enzo Arnone — dice Marzia —. È uno dei rari libri per ragazzi in cui viene utilizzata la fotografia. Semplicemente cambiando il formato, facendolo più piccolo, lo abbiamo trasformato in un piccolo successo commerciale». Viste «ad altezza bambino» le cose, a volte, piacciono di più.
Ma quella dei Corraini, in un certo senso, potrebbe essere considerata anche come una rivincita della provincia. «Qualche volta ci mettiamo a pensare che veniamo da Viadana — scherzano —. Eravamo fidanzati e una volta siamo giunti fin qui, a piazza delle Erbe. Ci siamo guardati negli occhi e abbiamo eletto Mantova come città ideale». Qui (casa e «bottega» distano poche decine di metri) sono cresciuti i figli, Pietro (che oggi cura in parte le attività dell’azienda, come nella redazione della rivista «Un Sedicesimo») e Anna, che si occupa di moda. Negli anni, i Corraini hanno aperto dei bookshop, come quello al MamBo di Bologna, e il progetto della libreria milanese 121+ funziona perché è un concept store dove si vendono libri, si tengono incontri, si fa ricerca. Da Viadana a New York, Tokyo, Seul. Con pause montane nella casa di Carezza, sulle Dolomiti.
«Tra una mostra e un libro — raccontano — preparavamo la nostra valigia piena di illustrazioni e andavamo in giro per il mondo, cercando sì affari, ma anche nuove sensibilità, nicchie da esplorare. Perché una produzione così ricercata e poco incline al mercato ci impone di non fermarci mai». Non è facile, soprattutto sul piano economico-finanziario, e non lo nascondono. Le difficoltà nascono da alcune scelte quasi obbligate: «Ovviamente ogni libro è un piccolo percorso di artigianato artistico — dicono — e stiamo attenti alla revisione dei testi e delle immagini. Ogni pagina viene studiata fin nei dettagli insieme all’autore e preferiamo ristampare. Stiamo attenti ai conti e qui la provincia ci ha aiutato. Ci dividiamo i compiti, spesso discutiamo, tra di noi e con il nostro staff di giovani che arrivano da ogni dove. Non vendiamo mai i diritti di un’opera, ma la tiratura, perché vogliamo seguire fino in fondo il progetto. Puntiamo piuttosto sulla ricerca di nuove firme, che scoviamo nei nostri viaggi in giro per il mondo».
Giovani illustratori, grafici, pittori, artisti multimediali. Così nascono i libri di Harriet Russell, come l’ultimo, Disegnare in fondo al mare, dove creature vere e immaginarie si rincorrono. I volumi «sonori» di William Wondriska, invece, sono l’opera di un giovanissimo ottantenne dove il rumore degli oggetti diventa un prolungamento dell’immagine. Un mondo, questo, che sembra pronto per il salto al multimediale, con questa stretta commistione di immagini, testo, suono. Ma i Corraini frenano. «Certo, nostro figlio Pietro e i nostri quasi venti collaboratori ci stanno pensando — dice Marzia — ma non vogliamo mere trasposizioni. Piuttosto pensiamo a progetti studiati apposta per il digitale, che rispettino lo spirito originario: l’autorialità». Che sia un architetto celebre o un emergente. Intanto Maurizio riappare con un nuovo, robusto faldone cartaceo. È l’autobiografia di Italo Lupi in preparazione, un’autobiografia «alla Corraini», fatta di bozzetti, foto d’epoca, racconti, ricordi, suggestioni. «Chissà — conclude la coppia — forse negli anni abbiamo imparato una piccola, fondamentale, regola editoriale: far parlare l’autore, lasciargli quanto più spazio possibile, anche nella forma». Solo così, forse, l’autore torna alle sue vere origini.