Danilo Taino, Corriere della Sera 30/6/2013, 30 giugno 2013
L’ITALIA TRA I PARENTI POVERI DELLA UE
È ufficiale: dal 2012, l’Italia è nella metà più povera dell’Europa. Secondo i dati recenti pubblicati da Eurostat, fatta cento la media del Prodotto interno lordo pro capite (a parità di potere d’acquisto) dei 27 membri della Ue, per la prima volta siamo scesi più in basso del livello medio dei partner, a 98. Sotto la linea del cento non c’è nessuno degli altri Paesi fondatori dell’Unione e nessuno dei Paesi solitamente considerati ricchi. La Francia è a 108 (cioè l’8% sopra la media Ue), la Germania a 121, il Belgio a 119, l’Olanda a 128, il Lussemburgo a 271. La Gran Bretagna è a 110. Nel campo dei poveri, assieme all’Italia ci sono tutti i Paesi mediterranei — tra i quali Spagna, Grecia, Portogallo — a conferma della spaccatura Nord-Sud che si sta creando in Europa; e poi le economie in transizione del vecchio blocco del socialismo reale.
Il Pil pro capite è quello che ognuno di noi produce in un anno: a parità di potere d’acquisto significa che il dato è stato depurato dalle differenze di prezzo tra Paese e Paese e quindi compra la stessa quantità di beni e servizi in tutta Europa. L’Eurostat ha pubblicato anche l’indice del Consumo effettivo individuale, cioè il valore dei beni e servizi consumati davvero dagli individui, sia che siano pagati dalle famiglie, dallo Stato o da organizzazioni non governative: in questa classifica, l’Italia è a 97, segno che la tendenza alla povertà non è un’astrazione ma qualcosa che gli italiani iniziano a sentire sul serio.
Il decennio passato è stato terribile per l’economia della Penisola: nel 2001, eravamo sopra la media Ue del 18%; da allora abbiamo peggiorato ogni anno fino a risultare in perfetta media Ue nel 2011 e a scenderne sotto, del 2%, nel 2012. Per noi, a differenza di quasi tutti gli altri Paesi in calo, non si è trattato solo della crisi scoppiata nel 2008: il declino rispetto ai partner è di lungo periodo. Se si fa una mappa degli impoverimenti relativi in questi primi anni di vita dell’euro, la crisi finanziaria è stata uno spartiacque: la Spagna è salita, da sotto la media del 2001, a 105 nel 2007, ma poi è scivolata a 97 l’anno sorso; la Grecia aveva toccato 94 nel 2009 e ora è crollata a 75; il Portogallo era arrivato all’80% nel 2009 e nel 2012 è finito a 75; l’Irlanda, a 145 nel 2007, è oggi a 129. I Paesi che hanno sofferto crisi di bilancio hanno insomma subito colpi più duri degli altri: in Italia, però, il declino era iniziato prima del 2008.
La Francia conferma anche alla luce di questi indici di perdere terreno rispetto alla media europea: era sopra dell’11% nel 2002 e ora si attesta sul più 8%. La Germania, invece, è passata dal più 16% del 2001 al più 21% del 2012. Mediamente in calo la ricchezza prodotta dai 17 Paesi della moneta unica rispetto al complesso dei 27 della Ue: nel 2001 erano a 112, ora sono scesi a 108. In termini di Consumo effettivo individuale, cioè secondo l’indice che meglio esprime il welfare dei cittadini, il Paese europeo dove si vive con maggiore disponibilità è il Lussemburgo, a quota 141 (il 41% in più della media Ue), seguito dalla Germania a 121, dal Regno Unito a 120, dall’Olanda a 118. È che in Europa le economie non convergono.