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 2013  luglio 01 Lunedì calendario

I LOCALINI, LA PAGHETTA E GLI STADI NEGRAMARO: UNA STORIA SEMPLICE

ROMA — «Mentre imperversavano le cover band, noi suonavamo nelle cantine i pezzi che ci venivano in mente. Lecce sembrava una piccola Londra: è stata dura, certo, ma ci siamo formati gli anticorpi giusti». Sarà per questo che a Giuliano Sangiorgi e ai Negramaro è riuscita una scalata che ricorda carriere d’altri tempi: in poco tempo dai bugigattoli umidi e fumosi di un Salento ancora defilato ma già effervescente, al successo nazionale e internazionale. Il 13 e il 16 luglio per i primi dieci anni di musica insieme saliranno sul palco degli stadi di San Siro prima e dell’Olimpico poi, dove porteranno la loro «storia semplice», titolo della prima raccolta della band uscita lo scorso novembre. Il 30 giugno saranno a Londra per l’Hard Rock Calling. Headliner del festival nientemeno che Bruce Springsteen e i Kasabian. «Non ci si crede — spiega Sangiorgi —, di recente abbiamo tenuto un concerto a Varsavia. La folla alza cartelli con slogan, m’immagino siano nostri fan italiani. E invece sono ragazzi polacchi, che cantano a memoria tutti i nostri brani».

Un passo ancora indietro: «Mio papà in macchina canticchiava le canzoni dei cantautori da lui preferiti come Lucio Dalla, e io ero una spugna che assorbiva tutto. Devo ringraziare anche mia mamma, insegnante di italiano, della libertà che mi ha concesso di studiare a modo mio: la notte sui libri, di giorno a suonare il pianoforte e la chitarra senza però avere l’obbligo di frequentare il conservatorio o diventare per forza avvocato, secondo la tradizione familiare».

Un ricordo da bambino? «Io che scrivo in una stanza, mamma in un’altra, mio padre in un’altra ancora». Papà Gianfranco è scomparso a 62 anni lo scorso gennaio. La mamma si gode il successo di quel figlio ormai famoso. Senza incensarlo troppo, però: «Mi dice ancora “così come ti ho fatto, ti disfo!”», sorride Giuliano. Precisa: «Anche quando con la band abbiamo iniziato a mettere da parte qualche soldino, ha continuato a spedirmi la paghetta, ed è forse anche questo il segreto del nostro successo». La paghetta di mamma? «No, ma l’aver saputo reinvestire tutto quello che guadagnavamo con i dischi per migliorarci e guardare avanti».

Quando Giuliano ha dovuto fermarsi qualche tempo per un problema alle corde vocali, anche gli altri si sono presi una pausa. E le prove per i Negramaro, è noto, sono convivenze dove tutto può succedere. Anche che un giorno arrivi a pranzo Marracash, o facciano una capatina Samuele Bersani o Paola Turci («Siamo abbastanza terroni in questo, l’ospitalità è sacra»). Dopo gli anni di «Casa 69» a Parma è stata una masseria del ’500 fra gli ulivi della campagna salentina a far da cornice alla preparazione dei due live di luglio. «Sveglia tardi, io preparo la pasta, ci si ritrova per suonare, poi un po’ di relax. Ognuno con la sua storia, sempre pronti a metterci in gioco, come quando abbiamo registrato in California. Quasi una seduta di psicanalisi».

Per i due concerti di luglio i Negramaro (con Sangiorgi, Andrea Mariano, Emanuele Spedicato, Ermanno Carlà, Danilo Tasco, Andrea De Rocco) hanno incardinato una scaletta «emozionalmente forte. Momenti rock si alterneranno ad altri più intimi e acustici. Con noi una formazione di fiati, l’ensemble d’archi Gnu Quartet e dj Big Fish, che ci aiuteranno a guardarci allo specchio, con i nostri bellissimi vecchi abiti e alcuni inediti a sorpresa». Duetti con Elisa e Capone Bungt Bangt nelle due date; con Marracash a Roma e Sud Sound System a Milano. «Più diventiamo social più sentiamo l’esigenza di tornare nelle piazze. È il pubblico che viene ai nostri concerti a fare l’Italia: studenti, impiegati, insegnanti. La politica ha perso tempo dietro ai propri capricci invece di fare l’interesse della gente. Pensare che basterebbe così poco: applicare la nostra bella Costituzione!».

Un premio dietro l’altro, un libro che non è passato inosservato («Lo spacciatore di carne»), registi come Giovanni Veronesi e Alessandro D’Alatri come compagni di strada («ora sogniamo Sorrentino»). Cos’altro? «L’altra notte ho scritto una canzone, un vero delirio. Poi un’altra, e un’altra ancora».