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 2013  luglio 01 Lunedì calendario

AL MERCATO SERVE PIU’ TRASPARENZA

I sostenitori dei mercati dei derivati partono da due premesse: la prima, che il mondo di questi prodotti possa essere trattato come un gioco a somma zero, nel senso che il guadagno di un operatore costituisce una perdita equivalente della controparte; la seconda, che il valore nozionale dei derivati rappresenti una statistica senza contenuto empirico e analitico: i valori nozionali dei mercati Otc (Over the Counter) riproducono stime esagerate dei valori reali che sono dati dal mark-tomarket delle posizioni nette, le sole che quantificherebbero il rischio degli operatori e del mercato. A livello mondiale, i valori nozionali erano pari, a fine 2012, al controvalore di quasi 633 trilioni di dollari, in lieve calo rispetto al 2011. Entrambi gli argomenti contengono elementi di verità, ma sono fondamentalmente viziati quando si passa a una prospettiva macroprudenziale. L’approccio gioco a somma zero implica uno schema strettamente micro e di breve termine. In una prospettiva più ampia, le esternalità dei derivati devono essere prese in conto. L’enfasi tradizionale è stata sul ruolo positivo dei derivati come innovazione finanziaria, che contribuisce alla crescente efficienza dei mercati e, in termini ancora più ampi, al “completamento” degli stessi. La crisi finanziaria ha portato alla luce considerazioni di diverso tipo. Si è visto che alcuni degli assunti di base e degli input utilizzati nei modelli di valutazione dei derivati e degli asset strutturati complessi basati sui derivati erano
sbagliati. Mi riferisco, in particolare, ai singoli fattori comuni, all’indipendenza delle probabilità di default e dei tassi di recupero, alla “normalità” delle distribuzioni probabilistiche di riferimento. In termini ancor più generali si può argomentare che, in alcuni casi, il prezzo dei derivati retroagisca su e sospinga quello del sottostante. In teoria, il prezzo del sottostante è ipotizzato come esogeno. La realtà di alcuni mercati mostra invece che talvolta il mercato dei derivati finisce con l’essere più liquido di quello del sottostante (si consideri soprattutto quello sulle commodity ma per certi aspetti anche quello dei Cds (Credit default swap) corporate e di alcuni sovrani poco liquidi). In tale caso, non è irragionevole ipotizzare che sia il prezzo del sottostante ad adeguarsi a quello del derivato e non viceversa, come ipotizzato dalla teoria: la panna finanziaria distorce il mondo reale. Durante la fase positiva del ciclo, l’utilizzo dei derivati consente di esaltare il valore degli asset, i profitti e il valore di mercato degli intermediari. Ma, durante la discesa ciclica, il rischio endogeno prende il sopravvento. Si determina un intreccio perverso tra valutazione degli attivi, della liquidità e della stessa solvibilità. In queste situazioni si verifica un market failure e i prezzi scendono ben al di sotto di quelli indicati dai processi normali di scoperta dei prezzi. Gli attivi derivati strutturati diventano “lemons” (bidoni). La qualità degli asset risulta incerta ed eterogenea. Emergono difficoltà oggettive nella valutazione di attivi non standardizzati. In questi casi il rischio sistematico può prevalere. Occorre, inoltre, porre in discussione la tesi secondo la quale il riferimento ai valori nozionali non è significativo per misurare il rischio. Il mercato lordo contiene potenziali informazioni rilevanti per valutare il rischio sistemico. Come è stato indicato, i valori nozionali rappresentano una metrica più ampia del potenziale rischio sistemico in condizioni di stress. Le autorità regolamentari negli Stati Uniti e in Europa hanno condiviso le osservazioni critiche e hanno sollecitato, in particolare, la graduale trasposizione dei prodotti derivati verso mercati regolamentati con forme di contrattazione attraverso stanze di compensazione, capitalizzate e con meccanismi di margine. Il trasferimento verso i mercati regolamentati è, inoltre, collegato all’esigenza di assicurare trasparenza a mercati molto opachi. Questa regolazione rappresenta un cardine essenziale dell’intero processo di revisione degli assetti finanziari, anche perché i derivati intrecciano e collegano intimamente banche e intermediari regolati con i mercati dei titoli, con lo shadow banking e con l’economia reale. Gli Stati Uniti con il Dodd-Frank Act (2010) e la Commissione nell’Unione europea, attraverso la regolazione EMIR e l’implementazione di standard tecnici (dicembre 2012), hanno fatto passi nella direzione corretta. Peraltro, gli ultimi dati della Bri sottolineano che gli ammontari nozionali di strumenti derivati su mercati organizzati continuano a essere una proporzione molto bassa dei totali. Un ulteriore aspetto che occorre sottolineare è che opacità e concentrazione sono collegate al fatto che 5 grandi banche americane (JPMorgan Chase, Citigroup, Bank of America, Morgan Stanley e Goldman Sachs) controllano larga parte del mercato. Per cercare di aumentare la trasparenza e la concorrenzialità del mercato, il regolatore americano (Cftc) aveva proposto di imporre agli operatori che intendevano aprire un contratto derivato di contattare più banche e di registrarne le condizioni. Le misure sono state osteggiate dalle grandi banche e le misure annacquate e rinviate. Un’ultima considerazione va fatta sul rischio intrinsecamente connesso ai derivati Cds Otc. In primo luogo, i mercati Otc su rischio sovrano spesso rappresentano una falsa copertura assicurativa e danno segnali informativi distorti. I Cds sovrani non sono, infatti, contratti assicurativi, i quali devono soddisfare alcune condizioni di fondo, evidentemente non rispettate su tali mercati: (i) le perdite assicurabili devono essere indipendenti e non catastrofiche, per non indurre il fallimento dello stesso assicuratore; (ii) il contratto deve avere come base un giustificato interesse di chi richiede protezione (si può assicurare la propria casa contro l’incendio, ma non quella di un terzo perché si creerebbero evidenti condizioni di azzardo morale); (iii) gli eventi assicurabili richiedono informazione e capacità dell’assicuratore di valutare pienamente i rischi e di diversificare. L’esigenza di avere mercati Cds regolati è comunque quella di conoscere chi offre protezione su uno Stato sovrano, con che competenze, sulla base di quali elementi e con quali risorse finanziarie. Il convincimento di molti operatori e analisti è che i principali venditori di protezione sul rischio sovrano siano le stesse banche. Poiché il Cds va a trading, attraverso forme sintetiche ( long term repo strutturati con banche di investimento) le banche possono offrire protezione contro il default del proprio Paese, riuscendo ad arbitraggiare le norme prudenziali e contabili. La teoria dell’assicurazione indica che questi contratti violano canoni fondamentali di mercato. In realtà, le banche offrono queste garanzie perché operano in condizioni di azzardo morale. Prendono fondi a tassi bassissimi dalle banche centrali e li utilizzano per fornire “protezione”, nel convincimento che, se gli Stati sovrani non fanno default, sono garantiti rilevati profitti; se l’evento avverso si manifestasse, le banche sarebbero comunque salvate dagli stessi Stati (privatizzazione dei guadagni e socializzazione delle perdite), con sistemi perversi di incentivi e di remunerazioni. Anche per questo motivo, è importante la decisione del Consiglio europeo (27 giugno 2013) di muovere verso schemi di recovery and resolution delle grandi banche per contenere l’azzardo morale. Ancora un’osservazione. Gli standard contabili per la redazione dei bilanci bancari in Europa e negli Stati Uniti sono profondamente diversi con riferimento ai derivati. I principi americani consentono la compensazione tra derivati attivi e passivi, con la duplice conseguenza di far apparire il rischio derivati più limitato e di ridurre gli attivi (e, quindi, a parità di condizioni, la stessa leva). Un’ultima notazione, infine, sul rapporto fra i grandi operatori pubblici, gli stessi Stati sovrani e le banche che monopolizzano i mercati dei derivati. L’esigenza di trasparenza dovrebbe essere, in questi casi, assoluta.