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 2013  giugno 30 Domenica calendario

MATERIE PRIME, LA CORSA DEI PREZZI È FINITA

Siamo probabilmente alla fine di un ciclo, anzi di un superciclo, quello che ha visto i prezzi delle materie prime salire pressoché inin­terrottamente negli ultimi 15 anni. Non solo l’oro (-36% dai massimi del 2011) ma anche metalli indispensabili per l’industria come il rame (-35%) e il minerale di ferro (-40%) hanno in­vertito la rotta. L’indice S&P Gsci di 24 materie prime ha ceduto dall’inizio dell’anno quasi il 5%, con l’indicato­re relativo ai soli metalli industriali in discesa del 16%. Un cambio di sce­nario potenzialmente carico di con­seguenze per l’economia mondiale, con i Paesi avanzati nel ruolo di vin­citori e quelli produttori, il settore e­strattivo e il relativo indotto nei pan­ni degli sconfitti. Alla base di questa tendenza infatti ci sono fattori che po­trebbero diventare strutturali, come il drastico calo della domanda da par­te della Cina e il rafforzamento del dollaro. Già il mese scorso uno studio di Citigroup parlava di «campane a morto per il superciclo delle materie prime». Negli ultimi giorni alcune commodities hanno ripreso quota sul­le aspettative di un consolidamento della crescita americana. Ma un as­sestamento al ribasso appare inevi­tabile. La discesa dei prezzi si spiega innanzitutto con la frenata della do­manda da parte delle economie e­mergenti e soprattutto della Cina. «Un gap che la domanda delle economie avanzate di Stati Uniti e Giappone, per quanto in recupero, non sarà in grado di compensare», spie­gano gli analisti di Morgan Stanley nel ’Global Metals Play­book’ pubblicato in settimana.
La Cina, con tassi di crescita a doppia cifra, è divenuta nell’ultimo decennio il maggiore consumatore di rame, fer­ro, gomma e zinco e il secondo im­portatore di petrolio. La frenata del Pil al 7,5% rischia però di mettere in di­scussione questi primati. Un altro fat­tore è rappresentato dal rafforza­mento del dollaro, la valuta con cui sono de­nominate le materie pri­me, in ripre­sa sia per le mosse attese da parte della Federal Reserve sia per i progressi fatti dall’e­conomia americana. Inoltre è pre­sente un eccesso di offerta dovuto a­gli investimenti fatti dai produttori quando i prezzi, e dunque i margini, erano più elevati. Anche i fondi spe­culativi, che avevano contribuito al­l’impennata dei prezzi, si attrezzano ora per cavalcare la nuova tendenza, mentre nell’economia reale i primi a beneficiare del nuovo ciclo potreb­bero essere i Paesi avanzati. Prezzi più bassi alla produzione consentirebbe­ro infatti di consolidare il ritmo della ripresa economica. Resta invece un’incognita il prezzo del petrolio, la cui tendenza in questo momento è semmai al rialzo. Il prezzo, spiegano gli analisti di Barclays, continuerà a risentire di fattori geopolitici, a parti­re dalla crescente tensione fra l’Occi­dente e la Siria. Inoltre, nel caso del greggio, il peso della domanda cine­se è inferiore se rapportato a quello di altre materie prime. «Nonostante le brutte notizie e la volatilità nei mer­cati emergenti a cui il petrolio è sem­pre più correlato, i prezzi hanno te­nuto », si legge nel ’Commodity Markets Outlook’ della banca britan­nica. «Questo riflette in parte il fatto che la quota di domanda da parte dei Paesi non-Ocse è appena al 50%, mentre è al 65% per i metalli indu­striali, al 60% per il mais e oltre l’80% per i gioielli in oro».