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 2013  giugno 30 Domenica calendario

PRIGIONIERI DELL’AMIANTO

Colpisce alle spalle. E non è solo un modo di dire. All’ini­zio sembra un mal di schie­na. Una fitta da mettere a tacere con uno di quegli impiastri vendu­ti in farmacia. Ma ci vorrà altro tempo prima di accorgersi di es­sere stati colpiti da un nemico subdolo, che da anni si annidava nei polmoni. È così che general­mente si presenta il mesotelioma, il tumore pleurico provocato da esposizione all’amianto.
Tremila morti all’anno. E il peggio deve ancora arrivare. Gli esperti si attendono il picco della mortalità dal 2015 al 2025. Per prevenire bi­sognerebbe quantomeno sapere dov’è che ancora si nasconde il ve­leno con cui sono state farcite co­perture in cemento, coibentazioni residenziali, edifici produttivi, per­fino scuole e ospedali. Ma al di là dei proclami, ancora manca una radiografia completa sulla presen­za di amianto nel territorio.
Una delle tecniche messe a punto per le bonifiche riguarda la rimo­zione del cosiddetto ’polverino’. Si tratta della polvere di scarto ri­cavata dalla lavorazione dell’a­mianto che, specie nel Monferra­to, dove l’azienda Eternit aveva il suo quartier generale italiano, gli abitanti del luogo prelevavano li­beramente dalla fabbrica per uti­lizzarlo nelle proprie abitazioni co­me materiale coibente per sotto­tetti o per pavimentare i cortili. «Questo materiale – spiega Federi­ca Paglietti, ricercatrice e respon­sabile scientifico Inail – contiene in peso circa il 10-15% di amianto, che vi si trova in forma libera e ri­sulta pertanto più pericoloso ri­spetto allo stato compatto, perché facilmente respirabile».
Secondo stime, peraltro poco ag­giornate, sono almeno 34mila i si­ti contaminati, di cui quasi 400 ad alto rischio. Da questo calcolo mancano le abitazioni private, cioè la maggioranza delle costruzioni. Secondo Assobeton (Associazione nazionale industrie manufatti ce­mentizi), nella Penisola non ci so­no meno di 12 milioni di tonnel­late di lastre in cemento-amian­to, pari ad 1 miliardo e 200 milio­ni di metri quadri di coperture. Come se una distesa vasta quan­to Umbria e Marche messe insie­me fosse interamente lastricata di fibrocemento.
Per avere un’idea di quanto allar­mante sia il problema occorre tor­nare al 2012, quando il Centro na­zionale per le ricerche completò u­na sorta di telerilevamento su in­carico della Regione Lazio. Venne monitorato il 4,6% del territorio. Furono individuati 1,7 milioni di metri quadri di cemento amianto, pari a 2.966 coperture compren­denti soprattutto tettoie di capan­noni industriali. E se questo ri­guarda meno del 5% del solo Lazio, basta fare le proporzioni per com­prendere quanto grande sarà, da qui ai prossimi vent’anni, il cimi­tero delle vittime di mesotelioma. La radiografia completa dell’inte­ra superficie italiana resta un mi­raggio. Le Regioni sono ancora ben lontane dal completare un censi­mento che andrebbe fatto casa per casa. Fino alla messa al bando del 1992, l’Italia è stata il secondo mag­gior produttore europeo di amian­to dopo l’Unione Sovietica. L’Eter­nit, prima industria di manufatti in cemento-amianto fino ai primi an­ni ’70, e la Fibronit, che a Casale Monferrato produceva esclusiva­mente cemento, fornivano oltre il 40% della produzione nazionale di manufatti in cemento-amianto.
Nell’Alessandrino, dopo il caso E­ternit che ha portato alle recenti condanne per gli ex vertici della multinazionale svizzera, è stato messo a punto un metodo per la bonifica degli edifici contaminati. Viene effettuata la rimozione a u­mido del ’polverino’. Questa o­perazione è già stata eseguita gra­tuitamente in circa 150 siti distri­buiti tra tutti i 48 Comuni dell’a­rea inquinata dagli stabilimenti di Casale Monferrato.
Come se non bastasse, anche se le analisi e le bonifiche andassero a pie­no regime, ogni sforzo rischia di in­frangersi contro un’altra anomalia tutta italiana.
Una ricerca Inail ha rilevato 73 im­pianti per lo smaltimento del fi­brocemento. In funzione, però, ce ne sono solo 22. Con il risultato che, visti i costi e le difficoltà d’inter­vento, tonnellate di eternit finisco­no nelle discariche abusive. Avve­lenando anche quelle porzioni di territorio da cui le polveri d’a­mianto erano state alla larga.