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 2013  giugno 15 Sabato calendario

VITA AGRA D’ARTISTA. LA RIVOLUZIONE TIMIDA DI PIERO MANZONI

A Milano il vicolo Piero Manzoni, pittore, 1933-1963, proprio dietro il Jamaica, è cor­tissimo. Diciamo una trentina di metri. Diciamo come gli anni della sua vita. Una vita d’artista. Vita agra, vita vissuta totalmen­te. La vita di uno zingaro timido dell’arte. Zingaro che ribaltando il con­cetto stesso di opera d’arte rein­terpretò il ruolo di artista, un an­ti- bohémien borghesissimo che aveva capito che non basta «dire diversamente» le cose ma bisogna dire cose diverse, Piero Manzoni era un personaggio ca­pac­e di rancori e dolcezze incre­dibili, così dicono i suoi vecchi amici.
E giovedì sera, 13 giugno, ot­tantesimo compleanno, in anti­cipo di un mese, di Piero Manzo­ni, e cinquantesimo della morte improvvisa e imprevedibile, i suoi vecchi amici si sono dati ap­puntamento, in absentia del ma­estro, proprio nel retro del bar Ja­maica, nel cortile in vicolo Piero Manzoni, nella sua Brera, per una festa triste o una allegra ve­glia funebre, dal titolo semplice «Ciao, Piero», in memoria del mito di un ragazzo semplice che visse poco, ma totalmente en ar­tiste , anticipatore dell’oggi, che lavorò pochissimo, meno di die­ci anni, ma fece tutto, incapace di ripetersi: gli Achromes, i Cor­pi d’aria, le Sculture viventi, la Merda d’artista, 33 grammi di scarti umani che ora sono l’es­senza del contemporaneo, le Ba­si magiche, le Linee.
L’altra sera,gli studenti di Bre­ra, chiassosi performer concet­tuali, hanno srotolato una linea di carta, lunga cento metri, dal­l’entrata dell’Accademia al cor­tiletto del Jamaica, una leggera striscia bianca e nera-una«cosa già fatta», di quelle a cui Piero Manzoni sapeva però dare sen­so- una strada immaginaria che collega i luoghi dell’arte a quelli della vita, che nel caso di Piero coincisero, e la Milano di allora a quella di oggi. «Il fatto che oggi ci siano gli studenti - dice un prof dei “lineisti”,Marco Mene­guzzo- vuol dire che se l’Italia or­mai dimentica tutto, alcune co­se di ieri però, alcuni amici, si ri­cordano ancora».
E di qua e di là dalla linea di car­ta, in mezzo al cortile, ci sono gli amici che ricordano, che lo ricor­dano, mentre esce la biografia di Flaminio Gualdoni Piero Manzoni. Vita d’artista ( Johan & Levi) e Milano prepara la gran­de mostra monografica ( se ci sa­ranno i soldi) a ottobre a Palazzo Reale. C’è Gualtiero Marchesi, fondatore della «nuova cucina italiana», che ha tre anni più di quanti ne avrebbe il fondatore della«nuova arte italiana».Insie­me, qui, mangiavano, parlava­no e bevevano. Ci sono i fotogra­fi d­ella Milano d’allora e dell’Ita­lia di oggi, tutti maestri, tutti con la macchina al collo, i cui lavori tappezzano le pareti del Jamai­ca: Uliano Lucas, Carlo Orsi, Fa­brizio Garghetti… C’è Franco Raggi, architetto underground, direttore della storica rivista di design Modo . C’è Franco Sciar­delli, il grande stampatore di li­bri d’artista, che aveva una pic­cola galleria in via Palermo («Me lo ricordo il Piero, passava spesso, da me e da Antonio Ma­schera, che stava di fronte… Guardava i quadri, tutti figurati­vi, e diceva “Bene, bene…”, ma non gli interessavano, lui era già all’avanguardia…). C’è lo stori­co editore Giampaolo Preparo: «pubblicai il primo catalogo ge­nerale di Piero Manzoni, nel 1973, quasi mi rovinai… non lo comprò nessuno», e oggi tutti lo vogliono. C’è naturalmente Mi­caela Mainini, la Signora del Ja­maica, figlia di Elio, che era il Ja­maica: «Papà e Piero erano ami­cissimi… Fu lui il primo a soccor­rerlo quando Piero stette male, qui fuori, in strada, poi lo portò nella sua casa-studio di via Fiori Chiari, dove morì…». C’è Ennio Brion, il grande «committente d’autore», potentissimo presi­dente degli Amici di Brera, e ge­loso collezionista di Manzoni. C’è Lisa Ponti, figlia di Gio. C’è Nanda Vigo, designer e architet­to, l’«artista compagna dell’arti­sta », affaticatissima dai suoi 76 anni e elegantissima con i suoi ganti bianchi e neri: «Amavo lui e la sua capacità di uscire sem­pre dagli schemi, nell’arte e nel­la vita… Stasera mentre venivo qui mi è venuto in mente, chissà perché, una canzoncina che Pie­ro cantava sempre, per scherzo, una canzoncina sulla falsariga di un famoso Carosello, diceva “Aver sul Permaflex/ la donna col complex/ questa è la vita sex/ spermaflex, spermaflex…” La cantava quando era conten­to… Stasera la canterebbe…».
E poi c’è Elena Manzoni,sorel­la di Piero: «Moltissima gente qui mi saluta con grande affetto. Ma non so chi sono… Certo Pie­ro aveva molti amici, e moltissi­mi sedicenti tali… A tutte le fe­ste, del resto, c’è qualcuno che si aggiunge all’ultimo».Piero e Ele­na, sette anni di differenza, la stessa timidezza: «Era anche un po’ geloso, e in un certo senso, lui che le regole nell’arte le in­frangeva, anche conformista nei costumi: non voleva che noi sorelle frequentassimo Brera, diceva che non era un ambiente adatto a una ragazza per be­ne... ».
Stasera a Brera c’è tanta gen­te, per bene e per male. Amici e sedicenti tali.Dell’enorme torta che rifà un Achrome degli anni Cinquanta, una «tela» bianca grinzata di glassa bianca, avan­zano poche fette. È tardi ormai. Rimangono pezzi della strada di carta strappati, i bicchieri di Martini bianco rovesciati, i pac­chetti di sigarette vuoti, le stradi­ne vocianti di Brera.
La tua Brera. Ciao, Piero.