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 2013  giugno 15 Sabato calendario

IL SANGUE INDIANO DI WILLIAM E LA POLITICA AI TEMPI DEL DNA

Guarda tu gli scherzi del de­stino. Sono bastati un antico amore contrastato, un campio­ne di saliva e la cocciuta curiosi­tà di un oscuro genetista ingle­se a trasformare il Principino William nell’unico futuro mo­narca di Gran Bretagna con qualche goccia di sangue india­no nelle vene. Il Duca di Cam­bridge si recherà in India dopo la nascita del suo primo figlio e di certo lo farà con gioia e orgo­glio, ma finora il più popoloso Paese del Commonwealth non deve aver suscitato in lui pensie­ri troppo piacevoli. La foto della Principessa Diana, ritratta nel 1992 mentre siede solitaria e tri­ste, con le spalle voltate al Taj Mahal, è stata il simbolo della crisi nel matrimonio tra i suoi genitori.
Ora la storia d’amore tra un’antenata della madre, rite­nuta fino ad ora armena e rivela­tasi invece mezza indiana, e un uomo d’affari scozzese che da lei ebbe due figli, porta alla luce un inatteso quanto sorprenden­te legame tra il secondo erede al trono d’Inghilterra e la più im­portante colonia dell’ex Impe­ro. Causa di tanto scompiglio a corte è una donna, Eliza Kewark, portatrice di una raris­sima spe­cie di Dna trasmissibi­le solo in linea materna. Di lei fi­nora si sapeva poco o nulla fino a che una squadra di esperti di genetica dell’Università di Edimburgo guidati dal profes­so­r Jim Wilson non ne hanno ri­costruito la storia. La scarna cor­ri­spondenza d’amore intercor­sa a cavallo della fine del 1700 e l’inizio del 1800 tra Eliza, che visse sempre in India e lo scoz­zese Thedore Forbes che morì su una nave nel 1820 mentre fa­ceva ritorno in Gran Bretagna, fanno da romantico antefatto alla scientifica scoperta finale. Quando il signor Forbes incon­trò Eliza, durante un viaggio d’affari come dipendente della Compagnia delle Indie, non era insolito che gli uomini ingle­si intrecciassero delle relazioni con le donne locali pur mante­nendo una famiglia in Inghilter­ra. Eliza ebbe due figli da Theo­dore, un maschio e una femmi­na che non lo videro mai. La bimba, Kitty, a sei anni fu man­data in Gran Bretagna dal pa­dre ma la madre rimase fino al­la morte in India insieme all’al­tro figlio Alexander. Nel testa­mento Theodore lasciò a quel­la che definì «la sua domestica» una rendita di 100 rupie di Bom­bay. Dalle pochissime parole con cui Theodore si rivolse a Eli­za sembra che il loro fosse amo­re vero per entrambi, ma assolu­tamente impossibile. Kitty non rivelò mai la sua discendenza tanto che sua figlia, Mary Roa­ch, zia da parte di madre di Dia­na, ritiene che volesse nascon­derla al pubblico. Ma il passato ritorna sempre anche involon­tariamente. Così non sembra adesso un caso che il fratello di Diana, l’attuale conte Spencer abbia chiamato due delle sue fi­glie Eliza e Kitty. Come peraltro potrebbe non essere casuale la diffusione dell’intera storia quando manca poco meno di un mese alla nascita del primo­genito dei Duchi di Cambridge.
È probabile che qualcosa si co­noscesse già prima, ma certo la rivelazione è destinata ad au­mentare di botto l’indice di po­polarità di William in un Paese così controverso e difficile co­me l’India, intriso dalla cultura, dall’odio e dall’amore per il Pae­se che gli promise il progresso in cambio della libertà.
Ma questa storia è anche il racconto della politica ai tempi del Dna. L’ennesima conferma di come ci si debba abituare ad una gestione della cosa pubbli­ca in cui nulla viene risparmia­to. Una volta c’erano le gole pro­fo­nde a mettere nei guai i Presi­denti, adesso tutti i protagoni­sti della scena internazionale subiscono un Grande Fratello Globale che non risparmia nes­suno. E quello che sei stato, quello che sei, ciò che hai fatto, perfino come diventerai, passa anche attraverso l’implacabile vetrino della Scienza. Una certi­ficazione d’autenticità a cui, da Clinton, cui fu richiesto un test del Dna per il sexgate, a Oba­ma, di cui si è messa in dubbio l’americanità, nessuno sfugge. Qualche volta i risultati sono po­sitivi come per William, in altri meno. Ma quasi sempre sono pilotati.