Andrea Rossi, La Stampa 15/6/2013, 15 giugno 2013
A TORINO -20% DI NATI “DOPO ANNI CROLLANO I PARTI FRA GLI STRANIERI”
I tempi del «mese della Madonna» sono andati ormai da un pezzo. Era un altro mondo, quello in cui ogni maggio nei reparti di maternità si facevano gli straordinari per fronteggiare le ondate di nuovi nati. «Ad agosto andavano tutti in vacanza. Nove mesi dopo nascevano migliaia di bambini», ricorda Daniele Farina, direttore del reparto di Neonatologia all’ospedale Sant’Anna di Torino, uno dei primi tre in Europa per numero di nascite. Non più: a maggio, in tutta Torino, di bambini ne sono nati pochi, nemmeno mille. E così nei primi cinque mesi dell’anno: 3.930, il venti per cento in meno rispetto agli anni precedenti.
Si viaggiava al ritmo di mille neonati ogni mese, in città. Tendenza consolidata, senza particolari curve. «È da tempo che non assistiamo più a picchi», spiega Farina. «Da un mese all’altro ci possono essere dieci nascite in più o in meno. Non di più». Di questo passo - e non c’è nulla che faccia pensare a un’inversione di tendenza - a fine anno Torino, una delle città più anziane d’Italia, età media 45,71 anni, avrà quasi 2.500 nuovi cittadini in meno. Perché?
Spiegazioni scientifiche non ce ne sono, concordano i direttori dei reparti. Ma una sensazione sì: colpa della crisi. «Di giovani coppie italiane già se ne vedevano poche; ora meno ancora», racconta Farina. Il ritmo lo tenevano le coppie straniere, ma ora anche loro perdono colpi. All’ospedale Maria Vittoria, presidio di riferimento della zona Nord di Torino e di Porta Palazzo, finora sono nati 80 bambini in meno rispetto allo stesso periodo del 2012 e degli anni precedenti. È un reparto piccolo - 1700 parti l’anno contro gli 8 mila del Sant’Anna - ma significativo, perché qui approdano le famiglie dei quartieri dove più alta è la concentrazione di immigrati. «Per anni i livelli di nascite sono stati mantenuti intatti proprio perché gli stranieri facevano molti figli», rivela Flavio Armellino, direttore dell’unità di Ginecologia e Ostetricia. «L’anno scorso il 42 per cento dei nati aveva genitori non italiani. Quest’anno il calo è evidente: che in tanti stiano lasciando l’Italia?».
Se ne sono accorti anche in Comune, e ora vogliono vederci chiaro. «È un brutto indicatore della situazione della città», dice Lucia Centillo, presidente della commissione Sanità. Centillo, che di mestiere coordina gli infermieri e il personale tecnico sanitario e ostetrico del dipartimento materno infantile dell’Asl To1, si prepara a chiedere all’amministrazione guidata da Piero Fassino qualche intervento d’emergenza: «Bisognerà agire con misure di conciliazione e sostegno alle giovani coppie che vogliono mettere su famiglia. E favorire l’occupazione femminile. Non si tratta più di discutere su come aiutare le famiglie; ormai le famiglie nemmeno riescono a formarsi».
Per una metropoli con evidenti e cristallizzati problemi d’invecchiamento della popolazione - che pure aveva coniato lo slogan «una città in cui vale la pena di far crescere i propri figli» - è un colpo al cuore. Prima di farli crescere bisognerebbe riuscire a farli nascere.