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 2013  giugno 15 Sabato calendario

LO STRANO CASO DEL BUSINESS PORTA A PORTA

A dispetto del dramma di Arthur Miller, il commesso viaggiatore è più vivo e vegeto che mai. E le vendite a domicilio rappresentano, anche in Italia, uno dei rari esempi di mercato in crescita in quanto a fatturato e occupazione. Forse il caso estremo di Sara Blakely - la più celebre (ex) venditrice porta a porta, creatrice del colossale business planetario Spanx - non costituisce la regola, ma chi può dire che la regina delle panciere non abbia tratto giovamento dall’esperienza come piazzista di fax? La svolta della carriera avveniva nel corso del suo 25esimo compleanno (e oggi di anni ne ha 42), quando la crisi non era nemmeno nell’aria. Ma anche oggi, a scorrere i dati, non ne tira una bruttissima per quelli e quelle che lavorano nel commercio door-to-door.
Nel corso del primo trimestre 2013, il mercato delle associate Univendita (tra cui aziende come Bofrost, Tupperware Italia e Vorwerk Folletto) ha registrato il + 6,5% di fatturato, cioè 284,3 milioni di euro rispetto ai 267,4 dello stesso periodo 2012, dando lavoro a 6.700 persone in più: dai 60.049 incaricati ai 66.700 di quest’anno. Anche la crescita occupazionale registrata da Avedisco, altra importante realtà associativa in Italia, era stata del +8,42%, con 290mila venditori sulla piazza (dato però fermo al 2012).
Che il settore rappresenti "un’eccezione nel panorama nazionale", come commenta il presidente di Univendita Luca Pozzoli, può essere un giudizio di parte. Ma è oggettivamente verosimile che si tratti di una crescita piuttosto anomala "in un mercato interno in cui tutti gli indicatori restano critici". Con quali prospettive di carriera, però? Il commercio diretto non prevede assunzioni né tempi indeterminati, ma solo due tipi di contratto: la lettera d’incarico (ai sensi dell’articolo 4, comma 2, Legge 173/2005) per gli incaricati alla vendita occasionali e abituali, oppure il mandato di agenzia (ai sensi del’articolo 1742 c.c.) per gli agenti di commercio. I guadagni, a provvigione, oscillano tra il 15 e il 40% sulle vendite che ciascuno riesce a mettere a segno (e di questi tempi, la propensione agli acquisti non è al massimo), a seconda del tipo di azienda e del prodotto. E se gli introiti superano i 5mila euro l’anno è necessario aprire una partita Iva, oltre a iscriversi alla Gestione separata Inps. Il contributo previdenziale sarà per un terzo a carico del lavoratore, il resto dell’azienda.
Ogni venditore insomma è l’artefice dei propri scatti avanti e della propria carriera - uno dei rari casi anche italiani in cui "paga" la meritocrazia? - ma la precarietà della propria posizione, nell’era della precarietà al 32%, non spaventa più di tanto: secondo un’indagine svolta tra gli addetti, un terzo non cambierebbe mai il proprio lavoro per un posto fisso, il 42% lo pratica per la stessa ditta da oltre 6 anni e il 20% di quelli che lo fanno da meno tempo - da 1 a 3 anni - appartiene anagraficamente alla fascia dei cosidetti "esodati". Il 64,7% del campione inoltre ci si dedica a tempo pieno come unico lavoro, non per arrotondare, mentre il 95% dà del proprio impiego un giudizio positivo e il 52% degli over 35 prevedono di continuare nei prossimi 5 anni.
Poi ci sono le anomalie. Come Giovanna Manca, che per lavorare da incaricata Stanhome ha lasciato il suo posto fisso in Alitalia (tra i pochi rimasti, evidentemente) e dopo 4 anni di carriera oggi dirige una filiale nella sua Conegliano. Oppure come il caso Herbalife (il colosso dei beveroni dietetici è stato recente oggetto di contese tra "squali" di Wall Street), la cui particolare struttura di business a piramide tanto simile allo "schema di Ponzi" ha consentito alla torinese Paola Bocca di dirigere un network che ora opera tra Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Lazio, lavorare la metà (quattro ore al giorno) e guadagnare più o meno quello che percepiva come impiegata alla Asl, con un investimento di partenza (era il 1995) che ora equivarrebbe a 128 euro, cioè il prezzo dell’International business pack dei prodotti Herbalife per cominciare la propria attività.
Non a caso, si tratta di due esempi al femminile. Dei 67mila incaricati della rete di associate a Univendita, l’89% sono donne (e a venti donne appartengono le storie pubblicate lo scorso dicembre da Mondadori nel libro Ho cambiato la mia vita, di Marina Misiti, sull’universo rètro ma ancora attivo delle rappresentanti di articoli Tupperware), non solo per il tipo di prodotti che si propongono alle casalinghe acerrime consumatrici, cioè per l’igiene, la bellezza o la pulizia della casa, ma perché più empaticamente adatte a creare una "chain of confidence", ovvero quella catena di fiducia tanto predicata dalla celebre azienda di accessori per la cucina. Ma deve essere bella lunga: tra il momento in cui si suona il campanello e quello in cui si varca la porta di casa, la strada da percorrere può sembrare interminabile.