Alessandro Penati, la Repubblica 15/6/2013, 15 giugno 2013
TELECOM, RETE ADDIO MA NON SA PERCHÉ
MI SEMBRA che il modo più efficace per descrivere l’operazione di scorporo della Rete Telecom sia il titolo di un romanzo di Sandro Veronesi: Caos calmo. Anni di pianificazione e dibattiti accesi per quella che dovrebbe essere una grande operazione; poi non succede nulla e si sprecano illazioni, dibattiti, indiscrezioni, prese di posizione su politica, rapporto Stato-imprese, concorrenza, Borsa, e gli immancabili personalismi. Ma non si capisce esattamente in che cosa consista questo scorporo.
Ecco perché il 30 maggio, il primo comunicato ufficiale della società, dopo anni di silenzio, è stato accolto con grande interesse. Ma basta leggerlo per capire che Telecom è entrata in uno stato permanente di Caos calmo: appena 34 righe per annunciare la grande operazione pianificata da anni. Apprendiamo che 1. Il consiglio di amministrazione ha deliberato di approvare il progetto di “societarizzazione” (terrificante neologismo) della Rete; 2. La Rete include non solo il cavo dalla centralina fino all’interno degli edifici, ma anche la parte attiva di trasmissione dei dati, (Optical line termination, che converte gli impulsi elettrici in segnale ottico e coordina il processo di impacchettamento e spacchettamento dei dati trasmessi); 3. Si negozia l’ingresso della Cdp e 4. Si comunica all’Autorità delle Comunicazioni che lo scorporo costituisce «separazione volontaria di impresa integrata verticalmente », che tradotto significa: scorporo la Rete se mi date una regolamentazione più favorevole. L’ad ha poi dichiarato che 5. Telecom manterrà il 51% nella nuova società. Cifre esatte: zero.
Non mi aspetterei previsioni di cassa, che sarebbero informazioni confidenziali, ma almeno lo stato patrimoniale (debiti, capitale circolante, attività intangibili) e conto economico (ricavi, costo del lavoro, oneri finanziari) proforma della nuova società sulla base dei conti Telecom. Capiremmo finalmente l’esatto perimetro di questo oggetto misterioso che Telecom vuole scindere. E avremmo una base certa per stime di valore e giudizi di convenienza. Invece, tra indiscrezioni, studi di analisti e banche di investimento, fioccano le cifre più disparate, con valutazioni (per il capitale o le attività della Rete?) da 6 a 15 miliardi: una forchetta non trascurabile, visto che il valore di mercato di tutte le attività Telecom è oggi di 42 miliardi.
Per gli investitori, invece, sarebbe cruciale capire se c’è vera convenienza per Telecom. Oggi il suo rendimento sul capitale investito, Roic (prima degli oneri finanziari, e dopo le imposte a un’aliquota teorica del 33%) è di circa 7,5%. L’operazione di scorporo conviene solo se fa aumentare il Roic di Telecom. Ma per riuscirci, le medesime attività scorporate nella Rete dovrebbero averne uno nettamente superiore all’8%: non facile per una infrastruttura regolamentata.
Non si capisce dunque sulla base di quali dati il Cda abbia deliberato lo scorporo; né se considerino questi dati irrilevanti per chi vuole comprare e vendere il titolo; né se l’oggetto della delibera in effetti non sia la scissione, ma solo l’autorizzazione al management a trattare con Cdp e Agcom (se così fosse, cos’ha fatto finora?). Probabilmente, le tre cose. La verità è che l’operazione si configura come un carve out: si colloca una parte delle attività di un’azienda, quelle che gli investitori prediligono, in una società separata della quale si cede una parte del capitale, senza perderne però il controllo. Lo si fa quando una società ha bisogno di capitali, ma vuole evitare di varare un aumento, o alienare completamente alcune attività.
Un carve out servirebbe a raccogliere i miliardi necessari a diminuire rapidamente il rapporto debito/Ebitda sotto quel 2,5 considerato la linea del Piave per evitare il declassamento: un modo però inefficiente, bizantino e costoso per raggiungere ciò che si potrebbe ottenere rapidamente con un aumento di capitale o la cessione tout court di Brasile o Tim. Cose che gli azionisti di controllo di Telco probabilmente non vogliono e che in Italia sarebbero considerate politicamente scorrette. Dunque, il solito Caos calmo.