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 2013  giugno 13 Giovedì calendario

MEDIASET, CAV PREOCCUPATO DALLE PRESSIONI SULLA CONSULTA

MEDIASET, CAV PREOCCUPATO DALLE PRESSIONI SULLA CONSULTA -
L’inverno dell’anno scor­so toccò alle primarie del Pdl. Quest’estate, invece, il tormentone rischia d’essere quello del ritorno a For­za Italia. Certo, che Berlusconi non sia entusiasta del Pdl non è una novità, così come non è un mistero che sia convinto della necessità di un profondo restyling. Ma di qui a pensare a un ritorno tout court a Forza Italia ce ne passa, soprattutto finché non c’è la certezza di elezioni po­litiche a breve (il rischio sarebbe quello di bruciare la novità, al netto di tutte le complicazioni statuarie e legali).
Che però il Cavaliere guardi con interesse al progetto di ristrutturazione che gli hanno presentato Verdini, Santanché e Ca­pezzone è fuor di dubbio. So­prattutto nella parte dell’orga­nizzazione del partito non più su base nazionale ma territoria­le. Ogni coordinatore regionale, infatti, si dovrebbe far carico del fund raising per gestire le struttu­re locali.
Per capirci, ogni coordi­namento verrebbe ad avere la sua partita Iva e si occuperebbe in prima persona di tutte le que­stioni amministrative locali (che non sarebbero più di competenza di via dell’Umiltà). Dun­que, una delocalizzazione delle spese e della raccolta fondi. Con una quota che dovrebbe essere versata alla sede centrale. I crite­ri stabiliti sono piuttosto rigidi e sono state addirittura previste delle tabelle con la quantifica­zione degli obiettivi di fondi da raccogliere per ogni regione (in Toscana, per esempio, un milio­ne e mezzo di euro). Una modifi­ca, insomma, che rischia di cam­biare n­ettamente gli equilibri interni del partito. Anche se, fa no­tare qualcuno, non si capisce perché con la necessità di soldi che ha il partito in questa legisla­tura non sia ripresa l’abitudine di far versare ad ognuno dei 188 parlamentari 800 euro al mese netti nelle casse del Pdl (per un totale di 150mila euro al mese). O almeno, pochi continuano a farlo, i più no perché manca una nuova deliberazione dell’uffi­cio di presidenza.
In parallelo resta il problema dell’organigramma del partito. Continuano, infatti, le pressioni dei cosiddetti falchi per un «rie­quilibrio» ai vertici del Pdl, visto che Alfano viene considerato troppo preso dal suo triplo inca­rico (vicepremier, ministro del­l’Interno e segretario di partito).
Così, il tam tam di queste ore di­versa svariati scenari, compresa la nomina di un nuovo coordina­to­re del partito che vada a copri­re la poltrona ancora vacante di La Russa (e in pole position ci sa­rebbe Fitto). Un intervento, que­sto, che non necessiterebbe di modifiche statutarie. Ma tra le ipotesi c’è anche chi caldeggia quella di un Berlusconi pronto ad assumere sulla sua persona non solo la carica di presidente del Pdl ma anche quella di segretario, così da risolvere la querel­le senza troppi strappi.
Ed è proprio del Pdl che si par­la nella cena a Palazzo Grazioli. Che inizialmente doveva essere una riunione ristretta e che si è poi allargata a circa 25 dirigenti del partito per fare il punto sulle amministrative e sull’eventuale restyling del Pdl.
La testa del Cavaliere, però, continua a restare sulle vicende giudiziarie.Con un Berlusconi – questo confida in privato - sem­pre più convinto che «il partito di Repubblica stia tirando la vola­ta a­ chi teorizza la soluzione giu­diziaria». Con alcuni dei suoi l’ex premier non ha bisogno di nascondersi dietro la diploma­zia e lascia infatti intendere che sono in corso pressioni sulla Corte costituzionale che il 19 do­vrà pronunciarsi sul legittimo impedimento nel processo dirit­ti tv. Dal Quirinale, però, sareb­bero arrivati segnali positivi no­nostante la Consulta parta con undici giudici non favorevoli al Cavaliere contro quattro che dovrebbero essere dalla sua. Il ra­gio­namento che si fa è su una de­cisione che pur rimandando al­la Cassazione (prevista in autun­no) la instradi di fatto giudican­do la non concessione del legitti­mo impedimento nel 2010 un vulnus. Quell’udienza a cui Ber­lusconi non partecipò, infatti, fu strategica non tanto perché furo­no sentiti quattro testimoni quanto perché fu decisa la omes­sa citazione del Cavaliere nelle successive udienze.