Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 12/6/2013; Marco Politi, il Fatto Quotidiano 12/6/2013, 12 giugno 2013
IL PAPA: “IN VATICANO LOBBY GAY E CORROTTI CONTRO LE RIFORME”
C’erano aneddoti e indiscrezioni, ora ci sono le ammissioni di papa Francesco: “La Curia romana ha una corrente di corruzione. Esiste anche una lobby gay. Bisogna vedere cosa possiamo fare a riguardo”. Il detonatore si aziona in Cile, il sito Reflexion y Libéracion riporta la notizia travolgente, estratto di un’udienza privata tenutasi giovedì scorso fra il pontefice e una delegazione religiosa che riuniva latino americani e caraibici, in sigla Clar. Quando il fragoroso rumore colpisce il colonnato di San Pietro, ci si aspetta una smentita o una correzione, e invece il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, non commenta: “Non ho dichiarazioni da fare sui contenuti della conversazione. Si trattava di un incontro privato”. Accanto all’ex cardinale Jorge Bergoglio, come testimoniano le fotografie, Lombardi non c’era: il Papa era solo, assieme ai sei religiosi. In pubblico, mai un’accusa così grave ha colpito il Vaticano. E chi l’aveva evocato per iscritto ne ha pagato le conseguenze. Prima di scomparire a Washington per custodire la nunziatura, l’ex direttore del governatorato – la struttura che gestisce commesse e appalti – monsignor Carlo Maria Viganò aveva più volte avvertito i suoi superiori: “Un mio trasferimento provocherebbe smarrimento in quanti hanno creduto fosse possibile risanare tante situazioni di corruzione e prevaricazione”.
IN UNA LETTERA inviata al segretario di Stato, Tarcisio Bertone, Viganò aveva scucito il sistema che, a suo dire, l’aveva destinato all’esilio oltreoceano: “Su mons. Nicolini (responsabile dei Musei Vaticani, ndr) sono emersi comportamenti gravemente riprovevoli per quanto si riferisce alla correttezza della sua amministrazione, a partire dal periodo presso la Pontificia Università Lateranense, dove, a testimonianza di mons. Rino Fisichella furono riscontrate a suo carico: contraffazioni di fatture e un ammanco di almeno settantamila euro”. Il nunzio apostolico vedeva ovunque malaffare e pericoli. Ha denunciato le “volgarità di comportamenti e di linguaggio” sempre di Nicolini; la costante “opera di calunnia”; le preferenze sessuali e il ruolo di “Marco Simeon vicino a sua eminenza” Bertone. E chissà se lo stesso Viganò, interrogato a ottobre in gran segreto dai tre cardinali incaricati da Ratzinger di svelare le trame di Vatileaks, abbia confermato le sue invettive contro il potere vaticano.
C’è un passaggio di consegne, un po’ sottovalutato, che ha determinato l’opinione di Francesco e forse provocato lo sfogo con i latino americani: un documento che Benedetto XVI ha lasciato in eredità al successore, pagine dense di riferimenti precisi al funzionamento del governo curiale e pure alle influenze esterne, non esclusivamente di carattere sessuale. La relazione dei porporati di Vatileaks – De Giorgi, Herranz e Tomko – pare contenesse deposizioni di testimoni su derive sessuali (le famose saune) che ufficialmente in Vaticano fanno inorridire soltanto a parlarne. Bergoglio non s’è fatto cogliere di sorpresa, conosce il governo iperterreno che resiste in Curia e così si fa aiutare da un gruppo di otto cardinali: “Non posso essere io a fare la riforma, queste sono questioni di gestione e io sono molto disorganizzato, non sono mai stato bravo per questo”, ha confidato ai suoi interlocutori di Clar. Francesco sarà pure desideroso di snellire la Curia e di ripulire il Vaticano – e lo ripete spesso nei discorsi, ieri ha detto che “San Pietro non aveva un conto in banca” – ma c’è un piccolo e ineludibile dato di fatto: il cardinale Bertone, il primo ministro al centro di innumerevoli polemiche, non è stato sostituito. E pare inamovibile (almeno) per i prossimi 12 mesi.
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QUEL MURO CHE OSTACOLA IL CAMBIAMENTO IN CURIA -
Tra i requisiti del pontefice da eleggere – disse il cardinale Bergoglio pochi giorni prima di lasciare Buenos Aires in partenza per il conclave del marzo scorso – c’è anche quello che “il nuovo Papa deve essere in grado di ripulire la Curia romana”.
BASTA QUESTA frase lapidaria, riportata dalla giornalista argentina Evangelina Himitian, unitamente ai gesti fortemente innovatori compiuti da Francesco nei primi tre mesi di governo, per dare un’idea delle fortissime resistenze con cui il pontefice argentino deve misurarsi per riportare trasparenza nella Curia e – compito ancora più gravoso – per riformare la Chiesa, il suo personale, il suo stile di agire allo scopo di darle credibilità nel XXI secolo.
Le sue parole, rimbalzate da un sito cileno a Roma, dove aveva incontrato una delegazione di ordini religiosi latino-americani, sono veramente una “voce dal sen fuggita…”. Si capisce che il pontefice ha risposto con l’abituale sincerità a domande rivoltegli dai partecipanti all’udienza, dando sfogo alle preoccupazioni nascoste che lo tormentano in questa fase di ricognizione dei problemi vaticani. “Sì, esiste un problema di corruzione” nella Santa Sede: quella corruzione che mons. Viganò aveva invano cercato di denunciare allo stesso Benedetto XVI prima di essere mandato in esilio a Washington. E sì, esistono cordate composte di persone dalla doppia vita, che agiscono a fini di potere.
Il silenzio di padre Lombardi, che insiste sul carattere “privato” dell’incontro, esprime l’imbarazzo di quanti non sanno come gestire questa bomba. Papa Francesco ha letto il rapporto di trecento pagine, che i cardinali Herranz, Tomko e De Giorgi hanno redatto per Benedetto XVI indagando sullo scandalo Vatileaks. E sa che in quelle pagine scottanti sono indicati tre vizi capitali, che minano l’immagine della Curia romana: carrierismo, sesso e soldi. Ma è anche consapevole che sradicare tanti microtessuti di interessi e di potere, ben sedimentati, richiede uno sforzo gigantesco. Remando contro forze conservatrici, che hanno già cominciato a seminare mugugni contro il papa argentino, accusandolo di parlare troppo imprudentemente.
Il problema non è la mera sostituzione del Segretario di Stato Bertone, che entro l’anno lascerà necessariamente il suo posto. Il problema è il coagulo di personalità dentro la Curia e nella Chiesa universale, che vuole mantenere un papato autoritario, conservatore e garante di quella omertà che in passato ha sempre “condonato” ogni tipo di storture se non veri e propri crimini come la pedofilia.
NON C’È DUBBIO che le ammissioni di Bergoglio sulla corruzione in Vaticano e sulla cosiddetta “lobby gay” (che poi in quanto tale non opera, ma si esprime piuttosto con l’aggregarsi di singoli personaggi a varie cordate di potere dove si annidano monsignori dalla doppia vita etero ed omosessuale) saranno sfruttate dai suoi nemici per rimproverargli di gettare fango sul governo centrale della Chiesa e saranno usate per frapporre macigni dietro le quinte alla sua volontà innovatrice.
Per molto meno, una sua battuta su “San Pietro (che) non aveva un conto in banca”, lo scrittore Messori – dando voce a malumori conservatori – ha messo ieri in guardia Francesco dal “rischio di demagogia”, invitandolo alla prudenza e a fermarsi in tempo. Un segnale inquietante.
La verità è che in Vaticano è iniziata una rivoluzione. Che non sarà affatto indolore. E sarebbe ingenuo pensare che non vi sia chi spera di stoppare il papa venuto dalla fine del mondo.