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 2013  giugno 14 Venerdì calendario

«Chiamatelo come vi pare, Scampia, Bronx, ma tanto chi ci vive sa che c’è un unico nome adatto: inferno»

«Chiamatelo come vi pare, Scampia, Bronx, ma tanto chi ci vive sa che c’è un unico nome adatto: inferno». Maresa, ha 73 anni, molti dei quali passati in queste strade romane. «Mi ci ha portato mio marito che ero una bambina e a quei tempi le cose erano diverse, ma non me lo ricordo più». Qui, in questa terra occupata da spacciatori, delinquenti, usurai, ma anche da tanta gente perbene che cerca di mimetizzarsi per sopravvivere, è morto Maurizio Alletto per una lite banale. Via Luigi Gigliotti, una strada ad «U» grigia e sporca, il cuore di quella zona di San Basilio che chiamano «le case occupate», dove si nascondono (ma non troppo) e operano gli spacciatori al soldo dei clan della criminalità organizzata. Perché questo quartiere di 30mila anime, nella zona nord est della capitale, nato come borgata durante il fascismo, stretto tra Nomentana e Tiburtino è diviso da invisibili confini. C’è la zona degli anziani, che abitano in case popolari fatiscenti, quella costruita dopo la seconda guerra mondiale da parte dell’Unrra, organizzazione umanitaria del piano di aiuti Marshall, poi c’è il «Bronx», terra delle bande che qui chiamano «le case occupate». Abitazioni occupate negli Anni ‘70 che passano di mano tra parenti o rioccupate, senza che il Comune possa, o voglia, fare niente. San Basilio, dove non esistono luoghi di ritrovo per i ragazzi, per i bambini, per gli anziani e dove la strada è l’unica palestra, un far west dove «sei fortunato se non ti capita niente». «Qui morire per strada non è un’eventualità difficile» dice Franco che davanti alla parrocchia fa capannello con altri abitanti della zona. Sul muro della chiesa hanno scritto «Maurizio presente», in bianco e celeste, i colori della Lazio la squadra del cuore della vittima. Dei murales alla buona che raccontano un mondo basato su rapporti di forza e vecchie ideologie di sopraffazione «La morte ti ha preso alle spalle, perché davanti non aveva le palle... Maurizio con noi». «Maurizio presente!». Parlano tutti di quello che è accaduto negli anni, senza che mai qualcosa cambiasse. Sembrano sopravvissuti. L’omicidio del 14 giugno del 2011, quando per debiti non pagati un uomo fu ucciso con un colpo di cric alla testa. A giugno di quell’anno un anziano venne ucciso, investito da chi aveva tentato di scippare sua moglie. Si chiamava Ennio Lupparelli. In quei giorni Alemanno arrivò in via Jesi a portare solidarietà alla famiglia e promesse per il quartiere, per combattere il degrado e la violenza. E oggi quelle parole del sindaco suonano ancora più amare: «Mi sono impegnato a fare qualcosa per questo quartiere, lo faremo per Ennio». «È inutile che i politici vengano qui a fare la passerella per poi tornare nei loro quartieri eleganti dimenticandosi di noi». Agnese è arrabbiata e con un gesto della mano indica in alto: «Guarda». Mura scrostate dei palazzi, serrande che cascano a pezzi, scritte dappertutto, il cemento che inghiotte la luce e l’aria. «Scampia è così?», chiede la donna che del quartiere campano conosce solo il nome e la fama. «Sicuramente sarà meglio». «Per strada dobbiamo evitare gli spacciatori, camminare con gli occhi bassi. Altrimenti possiamo finire male. E chi ha dei bambini se non vuole che diventino come loro deve tapparli in casa. E non basta». La scuola non riesce a contrastare la cultura dell’illegalità visto che qui a san Basilio, quinto municipio, c’è un altro primato negativo, quello della dispersione scolastica, come denuncia Save the Children nel suo ultimo rapporto. Ma c’è chi non ci sta a questo impietoso giudizio che emerge dai dati e dalla cronaca nera. Rossella Zamparini, membro del Consiglio d’istituto dell’Istituto di Istruzione secondaria J. von Neumann di via Pollenza precisa: «Io lavoro qui dal 1987 e posso dire che il quartiere non è così come viene dipinto dai media, c’è un’altra realtà, fatta di eccellenze e ragazzi che si impegnano. L’emergenza sicurezza si combatte innanzitutto con la prevenzione, finanziando le attività culturali promosse dalle associazioni radicate sul territorio. Se le periferie vengono lasciate a se stesse, così come le scuole, è inevitabile che i quartieri ne risentano». «La politica ha abbandonato il quartiere nelle mani della criminalità», dice Luca, 21 anni, un lavoro precario al mercato. Racconta che gli converrebbe fare la vedetta per gli spacciatori invece che spaccarsi la schiena all’alba. Il gradino più basso della gerarchia criminale, spesso occupato da minorenni: cinquanta euro al giorno, anche di più, per controllare le auto nel triangolo dello spaccio, nel cuore delle case occupate, e, alla prima divisa, avvertire i pusher con un fischio. Le forze dell’ordine, arrestano, ma il ricambio è continuo e incriminarli è difficilissimo. Il parroco don Sparapani è qui da qualche anno e più di una volta ha denunciato la situazione parlando di «umanità ferita, piegata, che cerca il riscatto sociale anche con soldi illegali». Ma anche «persone oneste che, purtroppo, camminano a testa bassa nel quartiere non avendo, per tante ragioni, orizzonti ampi da scrutare».