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 2013  giugno 14 Venerdì calendario

FIRENZE

— Dice «chiamatelo come volete» ma un nome preciso lui in testa ce l’ha: «Piano Marshall». Proprio come quello che servì all’Italia per ricostruire dalla macerie della guerra con i soldi dell’America. Proprio come sta accadendo oggi con Fiat che «avrebbe già portato i libri in tribunale» senza i soldi che arrivano dalla Chrysler. Sergio Marchionne parla agli industriali fiorentini e usa la storia dell’azienda di Torino come una metafora di quella ricostruzione che ci vorrebbe in Italia: «Capisco e rispetto l’importanza delle riforme istituzionali - premette - ma credo che oggi un governo debba innanzitutto dare lavoro. E per farlo potrebbe scegliere cinque obiettivi e darsi tre mesi di tempo per realizzarli. Tutti dobbiamo fare la nostra parte. E’ inutile perdere tempo a cercare i colpevoli della situazione in cui ci troviamo». La Fiat chiede che le aziende possano «muoversi senza restrizioni, senza i vincoli imposti da una riforma del lavoro già in parte abortita e da un sistema giudiziario lento e inefficiente, con tendenze a volte anti-industriali. Non possiamo aspettare soluzioni dall’Europa: la risposta ai problemi dell’Italia è dentro l’Italia ».
La Fiat promette di fare la sua parte. L’ad garantisce ancora una volta che «nessun stabilimento verrà chiuso» e anzi promette che «entro tre-quattro anni» le fabbriche lavoreranno a pieno ritmo. Nel frattempo sarà stata realizzata la fusione con Chrysler, dossier particolarmente delicato, giunto ormai alle battute decisive. Entro fine mese verrà trovata l’intesa con le banche per ristrutturare i debiti di Detroit. Marchionne conferma che «è in corso» la trattativa con il fondo del sindacato Uaw che ancora detiene il 41,5 per cento di Chrysler. Prima di tornare a Torino il breve incontro con Matteo Renzi dopo le polemiche su una frase che Marchionne nega di aver detto: «Renzi? Il sindaco di una piccola e povera città». I due scherzano. L’ad bacchetta il sindaco: «Ha fatto la campagna elettorale con un camper della concorrenza». Renzi replica: «Me lo avevano regalato ». «Glie lo avrei regalato anche io». «Valeva 50 mila euro: li dia in donazione al nostro ospedale infantile». I due si stringono la mano. Affare fatto.