Marco Zatterin, La Stampa 14/6/2013, 14 giugno 2013
PERCHÉ SI LITIGA SUGLI SCAMBI?
Oggi i ministri del Commercio dell’Ue devono definire il mandato negoziale per un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti. La Francia minaccia il veto se non sarà tolto dal tavolo il dossier audiovisivo. Qual è la posta in gioco?
Il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip, l’acronimo più diffuso) vuole eliminare le barriere agli scambi in un’ampia serie di settori, così da facilitare gli affari fra l’Europa e l’America. Si tratta di spazzar via dazi, regolamentazioni non necessarie, limiti agli investimenti. È dal 2011 che l’Ue e il governo Obama stanno preparando il decollo del faccia a faccia.
Come funziona?
Da noi, gli Stati dell’Ue conferiscono alla Commissione esecutiva - cioè al responsabile per il Commercio, Karel De Gucht - l’incarico di trattare con gli americani sulla base d’un mandato che indica desiderata e vincoli della possibile intesa. Il testo finale deve essere approvato dai 27 stati (il Consiglio) insieme con l’Europarlamento. Washington mette più semplicemente il campo il Dipartimento del Commercio che nomina un negoziatore e alla fine chiede il beneplacito al Congresso.
Quanto tempo ci vorrà?
Se domani ci sarà il mandato, si potrà partire in estate. Entrambe le parti vogliono fare in fretta, un paio d’anni, magari. Anche se, ripetono a Bruxelles, la qualità richiede tempo.
Quanto vale il Ttip?
Un centro studi britannico indipendente ha calcolato che l’economia europea potrebbe trarne un beneficio economico di 119 miliardi l’anno. Sono circa 550 euro a famiglia. I fautori dell’intesa sottolineano che si tratta di vantaggi ottenibili a basso prezzo, visto che togliere dazi o riscrivere regole è un processo a costo quasi zero.
Quali sono gli effetti pratici per le famiglie?
Ci si attendono beni meno cari, tanto per cominciare. I soli vantaggi della minore burocrazia necessaria per l’espletamento delle pratiche per i dazi possono tagliare certi listini anche del 10%.
Ci sarà un abbassamento degli standard per consumi, ambiente e tutela della salute?
L’Ue lo nega con determinazione: «Il nostro livello di protezione non è negoziabile».
Cosa accadrà per l’agricoltura?
Si vogliono benefici a doppio senso. Gli Usa cercano sbocchi per grano e soia. Noi vendiamo alcolici, vino, birra, prodotti alimentari, formaggi, insaccati e cioccolata. Abbiano interesse a piazzare prodotti di qualità, soprattutto noi italiani. Attualmente la carne paga dazi per il 30%, i prodotti caseari per il 139%.
Saremo costretti a importare generi Ogm?
I negoziatori europei dicono di no. Le nostre regole prescrivono che gli Omg per l’alimentazione, umana e animale, devono essere approvati dal Consiglio. Questo non cambia. E vale anche per la carne agli ormoni.
C’è un contenuto tecnologico nell’intesa?
Più fonti europee rammentano che nell’intesa euramericana c’è anche la base per la definizione di nuovi standard, dalle spine di prodottivi innovativi alle parti delle auto elettriche. Agendo su comparti nascenti, una maggiore integrazione commerciale consentirà di imporre gli standard al resto del mondo. In caso contrario, se non si facesse il patto o se si facesse troppo tardi, sarebbero cinesi, giapponesi e coreani a imporre i loro.
Perché la Francia punta i piedi?
Sinora il settore audiovisivo ha goduto di una eccezione culturale. Per tutelare la produzione europea davanti allo strapotere americano, l’Ue ha concesso la possibilità di sostenere il cinema e imporre quote di mercato per i prodotti d’import. Parigi, come molti artisti e numerosi eurodeputati, ritiene che il dossier vada stralciato, al contrario del previsto.
Cosa propone il fronte dell’inclusione?
Chiedono di trattare con delle garanzie molto precise, a partire dalla intoccabilità del sistema esistente e dalla possibilità di intervenire coerentemente con ogni nuovo media che si affermasse in futuro. Sino a ieri sera, i francesi non le accettavano.
E l’Italia?
Capisce le preoccupazioni di Hollande, ma ritiene che il sistema sia sicuro. Teme poi che gli States possano a loro volta eliminare qualcosa. Le denominazioni geografiche di qualità, ad esempio.
Come finirà stasera?
Non c’è memoria di veti così grandi da far saltare un processo di questa portata. Oltretutto, gli inglesi vogliono un’intesa da presentare lunedì al G8 britannico. Dipende dai francesi. E dalla disponibilità di Hollande a passare come il primo cittadino della storia dell’Eliseo storia senza una clausola d’esclusione per la cultura.