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 2013  giugno 14 Venerdì calendario

COSI’ L’ITALIA PUO’ FRENARE BERLINO

Oggi inizia un vertice europeo che può essere decisivo per la sorte non tanto dell’Italia, quanto dell’intera costruzione europea. È una riunione che si svolge in una sorta di atmosfera surreale come quella creata dalla Corte suprema tedesca che ha chiamato a rispondere dinanzi alla massima autorità giudiziaria della nazione tedesca la massima autorità economica europea: la Bce. Essa dovrebbe essere autonoma da tutti i poteri in quanto entità istituzionale indipendente; essa dipende solo dalla volontà dei suoi banchieri che non vengono eletti ma nominati e che non rispondono a nessun potere elettivo: è la cuspide massima delle autorità indipendenti che governano i mercati. O almeno così recita la lezione liberista che ha costruito il sistema dei pesi e contrappesi che dovrebbe assicurare il meccanismo istituzionale dei poteri di fatto e dei poteri territoriali, o parlamentari, di un intero continente.
Ma la Corte suprema tedesca non ha compreso l’essenza della costruzione europea. Essa non si fonda, infatti, su una somma di sottrazioni di sovranità - come sostengono gli agitatori antieuropei che crescono in tutto il Continente sull’onda della grande crisi - ma su un risultato sempre variabile che è una condivisione di sovranità.
Ossia un intersecarsi di processi a geometria variabile dove decisive sono le decisioni assunte tanto dalle singole nazioni quanto dalle burocrazie europee. Così ci insegnano e ci hanno insegnato grandi giuristi come Giuseppe Guarino e Alberto Predieri. Condivisione di sovranità vuol dire mutualità dei debiti e risoluzione consensuali delle crisi e avrebbe dovuto dire un ben diverso statuto della Bce. Oggi, con la crisi, questo nodo è venuto al pettine: riforma dello statuto della Bce vuol dire farla divenire effettivamente una banca confederale, condivisa, ossia che tenga in conto nella sua azione i diversi livelli di produttività e la diversità di deficit o di surplus commerciali che frastagliano l’Europa. Che è un insieme di Europe, ossia di diversi sistemi economici e sociali che non possono essere sussunti sotto un unico dominio, checché ne dica la Corte suprema tedesca. Il vertice europeo, invece di affrontare questo problema - che è il problema decisivo per formulare politiche economiche per superare la crisi - discuterà, lo immaginiamo sulla base di precedenti esperienze, di punti percentuali di deficit e di debito e porrà in discussione, si teme, su iniziativa teutonico-nordica, la stessa fuoriuscita dalla procedura di infrazione dell’Italia, che, si scopre solo ora, non si è ancora definitivamente conclusa.
Si tratta di una serie di azioni intimidatorie che negano alla radice lo spirito dei padri fondatori dell’Europa, tra i quali spicca la grande e generosa figura di Adenauer e quella eroica di Kohl, accompagnata dalla grandezza spirituale di un Helmut Schimdt, l’insegnamento del quale dovrebbe essere più ascoltato dalla socialdemocrazia tedesca. I nazionalismi che risorgono in questi giorni per effetto della crisi pongono in pericolo l’esistenza stessa dell’Europa. Il pericolo, se non avanza il coordinamento e la soluzione in positivo delle politiche per rilanciare gli investimenti per creare lavoro, è di porre le basi non tanto di un default economico, ma di un default sociale di enormi proporzioni che può avere conseguenze politiche impreviste. Inoltre la continuazione della carenza di liquidità alle famiglie e alle imprese unitamente al carico fiscale, potrebbe generare una delle più profonde depressioni mai viste nella lunga storia del capitalismo.
La responsabilità della Germania è pari a quella dell’Italia: anche se si tratta di responsabilità diverse. La prima deve fare un passo indietro: smetterla con le minacce d’ogni genere e affrontare la sua stessa decadenza economica che si avvicina come dimostrano i dati della sua economia che si fanno sempre più preoccupanti perché la deflazione per via dell’austerità inizia a colpire anche le terre teutoniche, ora che il commercio mondiale sta lentamente scendendo con conseguente caduta delle esportazioni. E l’Italia deve esprimere tutta la forza che gli viene da una ritrovata solidarietà nazionale che il governo Letta-Alfano rende manifesta. Deve affrontare, l’Italia, il vertice europeo negoziando con forza e creando una rete di alleanze che isolino le posizioni oltranziste tedesche, che non hanno altra giustificazione che una miope strategia elettorale a brevissimo termine. L’Italia ha nelle sue mani non solo il suo destino, ma quello di tutta l’Europa. Sarà dal coraggio e dalla determinazione del nostro primo ministro che dipenderà quel destino. E tutti i produttori, lavoratori e imprenditori, debbono unirsi attorno a lui in questa battaglia che non è nazionalista, ma veramente europea. Essa può essere decisiva.