Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 12/06/2013, 12 giugno 2013
MERKEL AL VOTO, ORA SEMBRA FACILE
Angela Merkel ai vertici europei. Angela Merkel alla finale tutta tedesca della Champions League. Angela Merkel sugli scaffali di tutte le librerie con una mezza dozzina di biografie. Angela Merkel e il suo passato comunista nella Germania del l’Est. Angela Merkel al cinema. Angela Merkel al supermercato. Angela Merkel persino ai 150 anni della Spd, il maggior partito di opposizione. A poco più di tre mesi dalle elezioni del 22 settembre, nelle quali cercherà la riconferma, il cancelliere, che è al potere dal 2005, domina senza alternative la scena politica tedesca. All’opinione pubblica piace il suo misto di pragmatismo e cautela: è il politico favorito dai due terzi degli interpellati in tutti i sondaggi. Alessandro Merli
Non c’è dubbio che la maggioranza dei tedeschi voglia vederla tornare per un terzo mandato quadriennale. Il suo partito, l’alleanza fra i democristiani della Cdu e i cristiano-sociali bavaresi della Csu, registra un solido 40% delle preferenze, anche se ultimamente è in leggera flessione. Concentrare l’attenzione sulla figura del leader, un atteggiamento che non è caratteristico per la signor Merkel, finora ostinata nel tenere nell’ombra la propria vita privata, è un modo per trasformare in qualche modo il voto in un referendum su di lei, sfruttandone la popolarità. Eppure la fisionomia del prossimo Governo tedesco, che avrà un peso determinante non solo sul futuro della Germania, ma anche su quello dell’Europa, dipenderà assai meno dai consensi per la signora Merkel, che dal risultato elettorale dei suoi alleati e rivali. Gli attuali partner di Governo, i liberaldemocratici della Fdp, rischiano addirittura di non superare la soglia del 5% per entrare in Parlamento, dopo che quattro anni fa erano arrivati al 14%. Ha nuociuto loro l’incerta guida del vicepremier e ministro dell’Economia, Philipp Roesler (che infatti è stato affiancato nella campagna dal più esperto Rainer Bruederle), ma soprattutto una linea ondivaga su questioni che premono ai loro elettori, come l’Europa e le condizioni per l’attività di impresa, oltre al materno soffocamento che la signora Merkel applica ai suoi partner di coalizione e che aveva già sperimentato sulla Spd nel primo mandato. Ma la vera incognita è il neonato movimento Alternative fuer Deutschland, che si definisce "anti-euro, ma non anti-Europa", e sta raccogliendo molti transfughi democristiani e liberali. Sono soprattutto uomini, piccola borghesia, dalla mezza età in su, infuriati dall’eccesso di generosità del Governo sui salvataggi europei, scontenti della deriva "a sinistra" del cancelliere su temi come la rinuncia al nucleare e l’adozione del salario minimo. I sondaggi accreditano AfD, guidata senza eccessi dall’economista Bernd Lucke, difficilmente assimilabile ai movimenti euroscettici e populisti del resto d’Europa, di un 3%, ma il suo esito elettorale è arduo da pronosticare: secondo alcune ricerche ha un bacino di consensi più ampio, ma resta da vedere se avrà l’organizzazione e la leadership per sfruttarlo. Se non dovesse arrivare al Bundestag, potrebbe comunque sottrarre abbastanza voti all’attuale maggioranza di Governo da impedirne la riconferma. Tuttavia, secondo una ricerca dell’istituto Allensbach, metà dei consensi alla AfD arriva dalla sinistra della Linke e dai Pirati, il partito di protesta in stato di decomposizione. Il cancelliere ha deciso finora di ignorare la minaccia di Alternative, scelta che preoccupa alcuni dirigenti della base democristiana, che stanno assistendo a uno stillicidio di defezioni. I problemi più grossi sembra averli però l’opposizione ufficiale, in particolare la Spd, staccata di oltre 10 punti da Cdu/Csu. Scelto dopo mille indecisioni lo sfidante cancelliere, l’ex ministro delle Finanze di Angela Merkel, Peer Steinbrueck, i socialdemocratici hanno dovuto constatare che l’uomo, pur competente, è un gaffeur senza pari e fatica a sintonizzarsi, al contrario della sua rivale, con l’uomo della strada. Il fatto che, ormai nell’imminenza del voto, il candidato abbia deciso questa settimana di sostituire il suo team di comunicazione è un sintomo che le cose non stanno andando per il verso giusto nella campagna della Spd. In verità, il problema è soprattutto di linea: dieci anni dopo aver avviato, con il Governo Schroeder, le riforme del mercato del lavoro che hanno ridato competitività all’industria tedesca e consentito all’economia di uscire meglio di altre dalla grande crisi, la Spd non ha ancora digerito quella scelta, che la portò alla sconfitta elettorale e di cui ha finito per incassare i dividendi la signora Merkel. Stavolta, i socialdemocratici puntano sulla giustizia sociale, in un Paese dove la disoccupazione è ai minimi, ma le diseguaglianze crescono: nel programma ci sono l’innalzamento delle aliquote per le fasce più ricche dei contribuenti, la patrimoniale, l’aumento della tassa di successione, regole più severe per le banche e sull’evasione fiscale, due punti, questi ultimi, su cui il cancelliere viene accusata di essere troppo "morbida". Un manifesto più adatto a consolidare la propria base che a conquistare voti al centro, ma che ha ricevuto un inatteso aiuto nelle ultime settimane da due episodi che possono danneggiare la signora Merkel: un mini-scandalo di nepotismo e malversazione di fondi pubblici nella Csu e quello assai più fragoroso della milionaria evasione (con conti segreti in Svizzera) del presidente del Bayern Monaco, l’ex calciatore Uli Hoeness, vicino al cancelliere, la quale aveva proposto lo scorso anno uno "scudo fiscale" leggero, bloccato poi dall’azione della Spd, e che avrebbe coperto proprio casi come questo. I socialdemocratici contano anche sull’alleanza con i Verdi (che i sondaggi danno attorno a un buon 13-14%): la somma dei due partiti dovrebbe portarli più o meno testa a testa con la Cdu/Csu. Un’intesa fra democristiani e verdi, di cui si era favoleggiato dopo la rinuncia al nucleare decretata dal cancelliere sull’onda emotiva del dopo-Fukushima, è stata bollata come fantapolitica da entrambi i partiti, anche perché alla guida dei Gruenen ha ripreso il sopravvento l’ala meno propensa al compromesso. Spd e Verdi contano sull’esclusione dei liberali dal Parlamento e sul fatto che anche nel 2009, nelle ultime settimane prima del voto, il partito della signora Merkel è scivolato dal 40 al 33%. E la campagna, in pratica, non è neppure cominciata: molti politologi ritengono che i tedeschi cominceranno a pensare seriamente alle elezioni solo al rientro dalle ferie a metà agosto. Al momento però sembra un azzardo scommettere contro una riconferma di Angela Merkel, anche se l’ipotesi più probabile è un semplice cambio nel partner di Governo, con una riedizione della Grande Coalizione con la Spd del suo primo mandato. Che non le dispiacerebbe del tutto, indipendentemente da quello che lei stessa e Steinbrueck possano dire in campagna elettorale. Quel che cambierebbe di poco è probabilmente la politica europea, se non marginalmente e nel solco di quello che la signora Merkel e l’attuale ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, hanno già mostrato di voler fare in queste settimane: interventi limitati, mirati, qualche allentamento ai margini senza mai dare l’impressione di mettere a rischio i soldi del contribuente tedesco. Del resto, nelle proposte della Spd avevano fatto capolino inizialmente gli eurobond: non se ne parla più da mesi. Intanto, le floride condizioni del bilancio dello Stato consentono alla signora Merkel di fare quello che rimprovera ai partner europei, un po’ di spesa pubblica addizionale, che in campagna elettorale non guasta.