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 2013  giugno 13 Giovedì calendario

QUAL È IL PUNTO MR. HIRST?

Gli spot painting di Damien Hirst — alcuni con punti grandi come fori di spillo, altri con un diametro di un metro e mezzo — sono stati a lungo celebrati e criticati per una certa uniformità industriale anonima e meccanica. Da quando apparve il primo, verso la metà degli anni Ottanta, è andato via via crescendo un mistero: ma quanti ce ne sono? Hirst dice di aver dipinto le prime dozzine di opere e di aver lasciato le successive a un seguito di assistenti che, pare, potevano farne ad infinitum.
Per gli acquirenti, i mercanti e le case d’aste, la prospettiva di una scorta illimitata era una complicazione. Un mercato inondato di opere potrebbe influire sul futuro valore dei quadri (preoccupazione non di poco conto, dato che costano anche 3,4 milioni di dollari).
«Nemmeno i professionisti del mercato dell’arte, come me, sanno il conto esatto », dice Koji Inoue, specialista presso Christie’s. Ora, la società londinese di Hirst, la Science Ltd., fornirà finalmente il numero definitivo. Nel prossimo autunno, la sua casa editrice, Other Criteria, pubblicherà un libro, un catalogue raisonné, che dimostrerà che esistono esattamente 1.365 spot painting.
«Nel libro ci sono tutti i quadri», ha scritto in un’email Jude Tyrrell, una responsabile della Science Ltd. Il catalogo, oltre a dar loro lustro accademico, potrebbe anche far salire i prezzi delle opere, che negli ultimi 18 mesi sono state vendute tra 53.000 e 1,7 milioni di dollari. Ma getterebbe nello sgomento i falsari. Un catalogo del genere, inoltre, riporterebbe l’attenzione su alcune domande: ad esempio, se le opere realizzate dagli assistenti abbiano lo stesso valore. E, benché un catalogo come questo normalmente rappresenti un punto d’arrivo rispetto a una serie di lavori, si continuano a creare spot painting, come dice James Kelly, direttore di Science. «Damien sta lavorando ad alcuni spot painting con punti piccolissimi, tra cui un’opera con un milione di pallini, che richiederà anni per essere completata».
Kelly aggiunge che Hirst, a questo catalogo, potrebbe farne seguire un altro completo di tutta l’opera. Per molti esperti, questo — accanto alla grande attività dell’anno scorso, tra cui un lavoro commissionato per le Olimpiadi di Londra, una retrospettiva alla Tate Modern di Londra e l’esposizione di più di 300 spot painting presso 11 gallerie in 8 città — sembra un tentativo di dare una svolta a una carriera che ha avuto un’ascesa vertiginosa fino al 2008, quando i prezzi e la reputazione dell’artista subirono una sorta di caduta.
«Deve riconquistare la fiducia del mercato», ha detto Jeff B. Rabin, cofondatore dell’Artvest Partners, società di consulenza per gli investitori d’arte. Hirst è stato spesso una figura che ha polarizzato il mondo dell’arte. Rappresentante di quell’ondata di giovani artisti britannici degli anni Novanta noti come Y.B.A., ha prodotto delle opere — dallo squalo imbalsamato che nuota nella formaldeide al teschio umano in platino tempestato di 8.601 diamanti — che spesso hanno provocato scandalo o perplesse alzate di spalle. Ma anche Hirst, come molti artisti, è stato colpito dalla crisi finanziaria.
Secondo Artnet, la società di informazioni che lavora nel mercato dell’arte, i prezzi delle sue opere nelle aste sono scesi di circa il 60 per cento rispetto al loro straordinario picco del 2007. E dopo l’esplosione del 2008, dicono gli esperti, i prezzi di Hirst si sono ripresi più lentamente di quelli di altri artisti. Gli spot painting tendono a mantenere il proprio valore meglio delle altre sue opere, ma può risultare deludente constatare che il valore di tutte quelle vendute all’asta l’anno scorso abbia a malapena raggiunto i 26,5 milioni dollari. Nel 2008, l’importo fu dieci volte più grande, secondo Artnet, e questo dimostra forse che chi possiede le opere di Hirst è restio a metterle sul mercato rischiando una perdita. Quasi a sottolineare che non tutto può andar bene nei suoi rapporti commerciali, a gennaio l’artista ha rotto con il super-
mercante Larry Gagosian.
Science ha detto che il catalogo era stato programmato per l’anno scorso, ma poi ha richiesto più tempo del previsto. La società di Hirst non ha voluto dire se questo sia stato dovuto a eventuali obiezioni dei proprietari di opere che potrebbero essere omesse dalla lista, che si sta raccogliendo in collaborazione con le gallerie Gagosian e con la White Cube, la galleria londinese di Hirst. Attualmente, tutti i collezionisti che possiedono opere attribuite a Hirst possono sottoporle al comitato di autenticazione di Hirst.
Un esperto che debba valutare l’autenticità di uno spot painting deve tenere conto di una serie di cose. È già stato descritto in precedenza su una pubblicazione affidabile? Ci sono documenti di provenienza, come le etichette della galleria? Porta la firma di Hirst o un timbro, o è dotato, come accade in alcune opere, di un numero di identificazione univoco attribuito da Science? Il concetto stesso di inventariare i “veri” spot painting sembra una sciocchezza ad alcuni critici, che hanno a lungo lamentato la natura di produzione di massa del lavoro di Hirst.
«Nessuno sapeva quanti spot painting ci fossero in giro, nemmeno Hirst stesso », dice Julian Spalding, scrittore ed exdirettore di musei in Gran Bretagna, apertamente critico rispetto all’opera di Hirst. «E perché avrebbe dovuto? Erano fatti con una formula incredibilmente semplicistica e noiosa dai suoi assistenti ». Oliver Barker di Sotheby’s, principale banditore nell’asta del 2008 dedicata a Hirst, dice che queste critiche non colgono il punto. Non è una questione di produzione di massa o dei limiti che implica fissarne il conto. «Lui non ha fatto mistero », dice Barker, «sul fatto che gli spot painting erano una serie infinita». Anche per molti collezionisti il problema non è il numero. Andrew Cogan, amministratore delegato della società di arredamenti Knoll, possiede un sottile spot painting color pastello e largo 1,80 metri, da lui acquistato intorno al 2000. Il quadro, dice, è nella sua casa di New York e gli ricorda le caramelle a bottoncino vendute su fogli di carta che lo facevano felice da bambino. «Non mi stanco mai di vederlo», spiega. E aggiunge: «Sapevo che ce n’erano migliaia uguali».

2013 The New York Times Distributed by The New York Times Syndicate (Traduzione di Luis E. Moriones)