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 2013  giugno 13 Giovedì calendario

SPIEGEL, IN 80 CONTROLLANO I FATTI

Che il declino dei quotidiani, a parte internet, sia cominciato anche da quando abbiamo abolito i correttori? Almeno in Italia, si è detto: basta la correzione automatica del computer.

Ma corregge solo l’ortografia. Se per distrazione scrivo che Berlino è la capitale dell’Angola, si preoccupa che abbia battuto «B» e non «P».

Il resto non è compito suo. Ai vecchi tempi, i correttori erano convinti che i giornalisti fossero ignoranti, e il loro divertimento era coglierli in errore. Non avevano sempre ragione, ma a giovarne era il giornale.

Allo Spiegel, sia pure in calo (da un milione e 100 mila a 900 mila copie, un livello che i concorrenti possono solo sognare), risparmiano ma non tagliano in un settore considerato vitale: una squadra di 80 redattori è impegnata solo nel fact checking. Cioè il controllo dei fatti, anche i tedeschi hanno la mania del gergo in inglese. Non è una novità, ma gli altri ci hanno quasi totalmente rinunciato, per la solita ragione dei costi. La qualità del prodotto non è ritenuta essenziale.

Come li controllano? Internet è adoperato soprattutto per risalire all’origine del pezzo, in altre parole per accertare se e da chi hai copiato. Non è una colpa. Tutti noi ci serviamo del lavoro dei colleghi, basta per onestà citare la fonte, e non abusare nelle citazioni. Per la squadra di «sceriffi» allo Spiegel, però la citazione deve essere esatta, parola per parola. Wikipedia serve, ma con molta diffidenza. La fonte di controllo primaria è l’archivio, altro strumento che viene negletto dai concorrenti. Quando uscì il primo numero della rivista di Amburgo, nel 1947, l’archivio stava tutto in una scatola di scarpe.

Oggi conserva 60 milioni di documenti, e 5 milioni di immagini in microfilm, su dischetto, e perfino su carta, e si archiviano oltre 300 pubblicazioni in 15 lingue, italiano compreso ovviamente.

Dal 1990 l’archivio è stato digitalizzato e ogni redattore ovunque si trovi nel mondo può entrare nel sito e documentarsi. Lo fanno anche gli inviati di molti altri giornali e riviste, ma il punto è che cosa poi trovano in archivio. In Le Monde, ad esempio, ci si documenta soprattutto sugli articoli pubblicati fin dal 1987 dal quotidiano, una sorta di autocitazione. Gli 80 colleghi impegnati nell’archivio compiono sul numero in uscita il fact checking più accurato al mondo. Per fare un confronto, al New Yorker vi sono impegnati 15 redattori, e al New York Times, ancor meno.

Un numero dello Spiegel è di 150 pagine, che equivalgono più o meno, a un libro di 400 pagine. Un lavoro enorme in poco tempo. Si iniziò negli anni Cinquanta, quando non c’era alcun supporto elettronico, e il servizio è stato costantemente sviluppato. Di ogni articolo si fa l’«autopsia», e due diversi redattori controllano a vicenda il testo e le foto separatamente. Per lo Spiegel ogni immagine contiene altrettante informazioni di un pezzo, e come si sa può essere manipolata, e oggi costruita completamente al computer. Per i primi tre giorni della settimana, la squadra è impegnata soprattutto nella ricerca, da giovedì a sabato nel controllo. Dietro ogni articolo, quasi mai firmato, c’è il lavoro di questa équipe.

In ogni numero vengono in media trovati un migliaio di errori, 400 sbagli veri e propri, il resto opinioni o citazioni non del tutto esatte. In squadra ci sono specialisti, dall’economia all’architettura, alla storia antica e moderna, ma non lavorano in compartimenti stagni.

Il confronto è necessario: magari quel che è chiaro all’esperto non è comprensibile da un profano. Sempre dalla parte dei lettori.

Quando a fine luglio del ’77, apparve il numero sull’Italia con il revolver sul piatto di spaghetti fumanti, gli italiani si offesero e non l’hanno ancora dimenticato. Ogni dato e frase del reportage di una ventina di pagine era esatto, e preso quasi sempre dai nostri giornali e settimanali. Il montaggio dei singoli dati sarà stato tendenzioso, ma questo è un altro discorso.

E le fonti di questo articolo sono la «Columbia Journalism Review», lo Spiegel, e me stesso come lettore e copiatore.