Giorgio Ponziano, ItaliaOggi 13/06/2013, 13 giugno 2013
EMILIA, CULLA E CIMITERO DI M5S
Da culla a tomba del movimento? A Bologna partì, nel 2007, col Vaffa-day l’avventura politica del comico Beppe Grillo, qui il movimento ha incominciato a espandersi conquistando due consiglieri regionali, due comunali, sette parlamentari e contagiando le città vicine. Ma è proprio da Bologna che ora arriva l’assalto più insidioso al carisma del guru da parte della parlamentare grillina Adele Gambaro, che dà voce (e ragione) agli espulsi e agli emarginati dal duo Grillo-Casaleggio, a cominciare dal consigliere comunale bolognese Giovanni Favia, vittima di una fatwa sul blog per un fuorionda tv in cui diceva le stesse cose che ora sostiene la Gambaro, cioè che nel movimento nessuno può discutere le scelte di Grillo, un autoritarismo che finisce per sfociare nei flop elettorali: «I post violenti di Grillo», ha detto la parlamentare, hanno danneggiato il movimento 5stelle in questa campagna elettorale.
Soprattutto l’ultimo post sul parlamento».
Grillo le ha dato il benservito e chiede un plebiscito sulla leadership. Il risultato è scontato ma il problema rimane perché gli espulsi sono un battaglione ed è irrealistico pensare di gestire un’organizzazione a colpi di diktat. La lista dei proscritti ha privato il movimento di propri rappresentanti in Comuni, Regioni, parlamento. Gambaro (che dice «non me ne vado») ha sollevato il coperchio, nella pentola troviamo Valentino Tavolazzi, il primo killerato da Grillo, consigliere comunale a Ferrara e fondatore del meetup locale. La sua colpa: avere organizzato una riunione dei grillini senza l’approvazione del capo, che postò poche righe sul blog: «Per me da oggi lui è fuori dal M5S con la sua lista». E Tavolazzi di rimando: «Dentro il movimento sta succedendo qualcosa di molto grave. Non capisco quale strategia abbia in mente Grillo».
Poi via in un colpo solo il consigliere regionale dell’Emilia-Romagna, Giovanni Favia, e il consigliere comunale di Bologna, Federica Salsi. Anche in questo caso il blog è la Bibbia: «Se c’è qualcuno che reputa che io non sia democratico, che Casaleggio si tenga i soldi, che io sia disonesto», scrive Grillo, «prende e va fuori dalle palle». Favia prova a resistere, ma non c’è nulla da fare e arriva l’addio anche alla Salsi, rea di essere andata a un talk show e quindi di avere «il punto G per apparire in tv». Le arriva il messaggio di solidarietà firmato da Raffaella Pirini, consigliera comunale a Forlì, che riceve una lettera dall’avvocato del guru: «La diffidiamo a utilizzare il nome o i marchi di proprietà del sig. Grillo Giuseppe e la sua immagine».
Una decimazione. Salsi dice: «Forse sono innamorati del loro aguzzino, altrimenti non si spiegherebbe questa supina accettazione di condizioni vessatorie e antidemocratiche imposte da Grillo, come la decisione che sia lui a gestire tutta la comunicazione dei parlamentari. Lui è il portavoce di quanto deciso dagli eletti, oppure lui decide tutto passando sopra le teste dei parlamentari»?
Anche Sandra Poppi è stata esclusa con un post scriptum sul blog: consigliere comunale eletta a Modena, ex presidente del Wwf, 10 giorni dopo le elezioni è stata messa alla porta e dice: «Rivendico il diritto di ragionare con la mia testa. Resto al mio posto: è Grillo a dovermi delle spiegazioni».
Stessa sorte toccata a Massimo Dini, che vive a Parma, città laboratorio del grillismo. Tra i fondatori del movimento, è stato killerato col beneplacito del sindaco e si sfoga: «Grillo sta portando avanti il suo movimento privato, intestato a lui con tutti i diritti del caso». Addirittura a Cento (Ferrara) vengono cancellati tutti coloro che fanno parte del gruppo grillino. Dopo il provvedimento hanno fondato il movimento 6 stelle. «Abbiamo chiesto le ragioni della espulsione», spiega il portavoce, Raffaele De Sandri Salvati «e abbiamo avuto risposte che fanno capo a strategie di marketing da parte di Grillo. Ora siamo 6 Stelle, la sesta è quella della coerenza».
L’Emilia è l’epicentro di un terremoto annunciato ma la terra trema anche altrove. In Sicilia è stato espulso il vicepresidente vicario dell’assemblea regionale, Antonio Venturino, accusato da Grillo di avere restituito 13 mila euro di emolumenti anziché 30 mila. Secondo l’interessato è una scusa: «Si vuole nascondere il fatto che il movimento non ha una strategia. All’indomani del successo del 25 febbraio, la gente si aspettava molto da noi. E invece siamo rimasti alla protesta. Anziché dialogare con il Pd, con il quale si poteva concordare un programma di riforme, abbiamo consentito a Berlusconi di rilanciarsi».
A Catania, l’espulsione è avvenuta in tandem: Giovanni Barbagallo e Ethel Cocha Zoila, candidati al consiglio comunale, sono stati cacciati pochi giorni prima del voto: avrebbero fatto campagna elettorale cercando preferenze personali. In Piemonte l’onta della condanna è toccata al consigliere regionale Fabrizio Biolè. Motivazione ufficiale: l’incandidabilità alle regionali per essere stato consigliere comunale a Gaiola, nel cuneese, per due mandati. «Lo sapevano anche prima», dice, hanno finto di accorgersene dopo che ho criticato Grillo per la sua battuta sul punto G televisivo». A Treviso l’associazione fondata da Franco Dal Col è stata scomunicata per la critica alle decisioni di Grillo sulle candidature, scelte calate dall’alto secondo i dissidenti, etichettati come nemici del movimento.
Infine, le onorevoli espulsioni, quelle dei neoeletti, la classe dirigente a cui il grillismo avrebbe dovuto affidare le proprie sorti. 17 mila voti sul web hanno decretato l’estromissione del senatore Marino Mastrangeli: «Ha violato la regola di evitare la partecipazione ai talk show televisivi, non ha messo in atto alcun coordinamento con i gruppi parlamentari danneggiando così l’immagine del M5S con valutazioni del tutto personali». In sua compagnia vi è ora Gambaro. Ma la fronda si allarga e sulla linea di confine si trovano tra gli altri l’onorevole Francesco Campanella, «le espulsioni sono una sconfitta anzitutto per chi le decide. Servirebbe maggiore ascolto», e il senatore Bartolomeo Pepe: «Siamo destinati alla autodistruzione. Siamo troppo Grillo-dipendenti. E Beppe, non può reggere, non dura un’altra legislatura». Nell’organizzazione stellata c’è un uomo solo al comando. O meglio: due. A forza di espulsioni e condanne il rischio è che rimanga un uomo solo anche alla base del movimento. O meglio: tre. Con lui, oltre a Casaleggio, troviamo anche Roberto Fico, che da riconoscente neo-presidente della Vigilanza Rai, annuncia: «Grillo è patrimonio mondiale dell’umanità come le Dolomiti, la costiera amalfitana o la musica».