Massimiliano Panarari, La Stampa 13/6/2013, 13 giugno 2013
NON POSSIAMO NON DIRCI CIALTRONI
«Essi vivono tra noi e, talvolta a nostra insaputa, essi sono noi». No, non stiamo parlando di vampiri, o di morti viventi (come quelli contro cui dovrà battagliare il Brad Pitt dell’imminente World War Z ). Bensì di una specie, molto presente in natura (sebbene non precisamente a se stessa), e verosimilmente ancora più letale dei «mostri» citati in precedenza. Vale a dire il cialtrone.
Alcuni anni fa ci si era dedicato il «trashologo» Tommaso Labranca con il suo Chaltron Hescon (Einaudi), mentre proprio oggi esce in libreria una divertente (e piuttosto veritiera) Fenomenologia del cialtrone. Come riconoscere i buoni a nulla capaci di tutto (Laterza, pp. 144, € 14), che si propone di studiare questo idealtipo (che non è, però, un tipo ideale, per così dire…) in modo sistematico e, in un certo senso, addirittura scientifico. A scriverla è stato Andrea Ballarini, di professione pubblicitario e romanziere, uso a frequentare la commedia umana e i suoi attori e comprimari che smaniano per diventare protagonisti.
E già, perché cialtronismo fa rima con mediocrità, la vera divisa e la primaria fonte di ispirazione esistenziale dei membri di questa (vastissima) osservanza, per ciascuno dei quali vale alla perfezione l’insulto longanesiano di «testina di manzo numero due» che sgombrava il campo da qualsivoglia potenzialità di eccellenza persino nel peggio.
Tra i campioni della categoria ritroviamo il notaio Ser Ciappelletto (o Cepparello), effigiato da Boccaccio all’inizio della prima giornata del Decameron , lestofante della peggior risma, il quale, in punto di morte, riesce a turlupinare con una memorabile sequenza di frottole il frate confessore, tanto da indurlo successivamente ad avvolgere il defunto cialtrone di un’immeritata aura di santità. Altro «santo patrono» di questi infestanti è il Bruno Cortona del Sorpasso , partorito dalla fantasia di Ettore Scola, Dino Risi e Ruggero Maccari, e interpretato in maniera magistrale da Vittorio Gassman. E, venendo ai giorni nostri, è la volta del cialtrone postmoderno incarnato dall’Ottusangolo «celebrato» dalla Gialappa’s Band di Mai dire Grande Fratello , ennesima conferma della correttezza dell’intuizione di Marshall McLuhan sul medium che è il messaggio (con l’effetto, nel caso del piccolo schermo, della moltiplicazione all’inverosimile della capacità di influenza e del potere simbolico dell’immagine cialtronesca). Oppure, passando alla politica, alcuni dei dirigenti del centrodestra nazionale che vennero apostrofati come tali dall’ex premier Mario Monti in tv, mentre un altro libro in uscita in questi giorni ( Il berlusconismo nella storia d’Italia di Giovanni Orsina, Marsilio) si propone di smontare la nozione dell’elettore berlusconiano quale «arcitaliano» cialtronesco.
Il cialtrone, dunque, è una figura anfibia, oltre che ambigua, nella quale confluiscono, a seconda dei casi e delle tipologie, connotati differenti. Di certo non dotato di particolari facoltà cognitive, non si rivela però necessariamente uno stupido, dal momento che sa sovente mettere in campo una forma di intelligenza emotiva e un buonumore contagioso grazie a cui sintonizza con gli altri, rendendosi simpatico (e simpatetico). E, come tale, pericolosissimo. Il suo punto di forza principale consiste nell’immensa (e ingiustificatissima) autostima. Perciò il cialtrone (che merita al riguardo un’apposita epistemologia) crea – e qui sta la sua irresistibile potenza – la propria realtà. Comincia da impostore, cosciente per lo più della sua inadeguatezza rispetto all’obiettivo che si propone, ma, col tempo, serenamente la dimentica e, in virtù della sua granitica volizione (altro elemento devastante per chi gli sta intorno), si convince di essere sempre all’altezza. E di meritarsi ogni cosa, tanto da poter dispiegare tutti i mezzi, inclusi ovviamente quelli meno leciti, per agguantare il risultato agognato.
Quello di Ballarini è un prontuario tecnico, più che un’operetta morale, e difatti si consacra allo sforzo di delineare i contorni di una «scienza esatta» che consenta di individuare, con occhio clinico e appropriata attrezzatura matematica, l’infido e diffusissimo soggetto. Ecco, quindi, la «cialtroneria cartesiana», con tanto di diagramma e assi ortogonali che incrociano le due coppie di opposti – talento-inettitudine e cinismo-adesione – tra le quali oscilla, di fatto, la totalità della condizione umana. L’autore vuole così dimostrare che il cialtrone rappresenta una miscela di inettitudine e adesione (ossia, buona fede), a differenza degli altri esemplari umani che fuoriescono dal diagramma, suddivisi tra «benedetti», «impostori» e «stronzi». E, allora, alla fin fine apparirà anche più lieve, e meno amaro, l’invito finale a stare all’erta e a non calare mai la guardia. Se il cialtrone si può annidare dovunque, e celarsi nei personaggi più inaspettati, la ragione, sostiene Ballarini, è che sta dentro ciascuno di noi.
Perché chiunque, quando non si controlla, può rivelarsi un portatore «sano» di cialtronismo.