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 2013  giugno 08 Sabato calendario

QUELLA MINACCIA NASCOSTA NELLE BANCHE

La nota legge di Murphy sulla sfiga prevede che se qualcosa può andare male lo farà. Che le cose non vadano bene lo ricordano le annuali lamentele dei giovani industriali dal loro convegno ligure, “Senza prospettive per il futuro l’unica prospettiva diventa la rivolta”, dice il presidente di Confindustria giovani, Jacopo Morelli. Ma è la Banca d’Italia a suggerire che la situazione possa peggiorare, anche se la politica ancora non se ne è accorta: le sofferenze bancarie continuano ad aumentare, ad aprile l’incremento sullo stesso periodo del 2012 è risultato del 22,3 per cento (più ancora che a marzo, quando era 21,7). Finora si è molto discusso delle banche che non prestano alle imprese, ma il problema più preoccupante potrebbe rivelarsi quello degli imprenditori che non rimborsano le banche. Più la recessione si allunga – e dalla Bce Mario Draghi ha detto di non aspettarsi miracoli entro fine anno – più probabile è che aumentino i crediti da classificare come “incagli” e, se la possibilità di incassarli diventa più remota, come “sofferenze”. Se poi il prestito non viene rimborsato, va registrata una perdita, in parte compensata dagli accantonamenti fatti in precedenza e dalle garanzie.
TRA BANCA D’ITALIA e Bce sono sempre più preoccupati. A marzo il governatore di via Nazionale, Ignazio Visco, ha chiesto alle banche italiane di ridurre i dividendi, tagliare i bonus ai manager, migliorare l’efficienza della gestione per recuperare un po’ di redditività, crollata con la crisi. Il richiamo è servito a far emergere un po’ di sofferenze che le banche preferivano nascondere. Ma la situazione è minacciosa: lo dimostrano i dati del rapporto R&S Mediobanca pubblicati dal Sole 24 Ore: nei bilanci 2012 le perdite su crediti sono arrivate a 20 miliardi tra le prime otto banche italiane, le sofferenze a 48 miliardi, i crediti problematici (tra incagli, sofferenze e ristrutturati) a quasi 120 miliardi. “Per i 20 gruppi bancari grandi e medi sin qui sottoposti ad accertamenti i tassi di copertura hanno smesso di ridursi, registrando nel secondo semestre del 2012 un miglioramento di due punti percentuali, al 44 per cento”, ha detto Visco nelle sue considerazioni finali del 31 maggio. Cioè, le banche ora sono un po’ più prudenti di prima. C’è però il problema che molte delle garanzie dietro quei crediti sono immobili il cui valore di mercato è crollato, ma le banche ovviamente evitano di rivederlo al ribasso in bilancio per non dover sopperire con altre garanzie. Quindi molti istituti sono meno protetti di quanto non sembrerebbe dai conti.
PER ALCUNE SETTIMANE in tanti hanno sperato che fosse la Bce di Draghi a farsi carico di questi crediti in sofferenza, trasformati in complessi derivati Abs (Asset backed securities). Ma come ha chiarito giovedì lo stesso Draghi, sotto pressione dalla Germania, la Bce può muoversi se c’è un problema di liquidità (quindi rendendo commerciabili i crediti impacchettati in derivati), ma ha il divieto di accollarsi perdite. Potrebbero intervenire però gli Stati nazionali. È un’idea che comincia a circolare anche nei palazzi romani: se il Tesoro trovasse il modo di assorbire parte delle perdite su crediti che rischiano di arrivare dalla recessione, le banche potrebbero riprendersi e si eviterebbe il rischio di una crisi bancaria. Il guaio è che, come noto, non c’è un euro e l’Italia è troppo indebitata per chiedere in prestito soldi con cui aiutare le banche. Le quali sono piene di titoli di Stato: se lo spread dovesse salire molto, diciamo 200 punti, per una banca come Monte dei Paschi sarebbe un disastro: il valore dei suoi 25 miliardi di titoli di Stato crollerebbe in bilancio (è molto probabile che l’istituto sia comunque nazionalizzato nel 2014).
L’EBA, L’AUTORITÀ bancaria europea, ha rinviato all’anno prossimo i nuovi stress test che indagano, soprattutto, il legame perverso tra salute degli Stati e quella delle banche. Si è preso tempo per farsi trovare pronti quando i problemi emergeranno. Serve un “back stop”, come si dice in gergo, uno strumento con adeguate risorse per ricapitalizzare le banche che ne avranno bisogno. Altrimenti, se gli stress test rivelassero difficoltà, si otterrebbe l’unico risultato di aumentare il panico. Il caso italiano preoccupa. La minaccia è doppia: i guai per le banche possono arrivare sia dall’economia reale, con le imprese che non pagano, sia dalla finanza, con lo spread che sale. Dopo una fiammata giovedì, ieri è sceso, di poco, a 265 punti.