Valerio Cappelli, Corriere della Sera 12/6/2013, 12 giugno 2013
ROMA —
Serena Grandi viene dipinta in modo impietoso nel film La grande bellezza di Paolo Sorrentino. È la festa di compleanno del personaggio di Toni Servillo, Serena Grandi esce da una torta di due metri, vestita con un mini abito di pietre preziose. Sui seni ha scritto 6 e 5, gli anni del protagonista, il re della mondanità perso in tristi baldorie. Quando esce dalla torta, la gente si chiede chi sia quella donna di mezz’età appesantita: «È un’ex soubrette televisiva in completo disfacimento psicofisico». «E che cosa fa ora?», incalza uno. «Niente, che deve fare».
Quando si è rivista in sala, Serena, che negli anni 80 è stata un sex symbol, «a caldo mi sono arrabbiata. Tra l’altro il mio personaggio è stato molto tagliato ed è lasciato in sospeso, come altri. Poi ho metabolizzato tutto, questo lavoro dopo 55 film evidentemente mi interessa ancora tanto, anche adesso che sono tornata nella mia terra, a Rimini, dove ho aperto un ristorante per dare un futuro a mio figlio».
Si chiama La locanda di Miranda, come il film di Tinto Brass che esalta le sue forme generose. Nel 2004 Serena fu coinvolta in un’inchiesta di cocaina e prostituzione: 157 giorni agli arresti domiciliari. «Quando arrivò la polizia a casa mia, alle 5 del mattino, pensai di essere su Scherzi a parte. Ero innocente, mi sono ritrovata al centro di una congiura incredibile. Per anni quando sentivo il campanello di casa sobbalzavo. Ho incontrato gente che ha sfruttato il mio nome. Mi hanno fatto nera, ma non importa. La giustizia mi ha risarcito con 100 mila euro, era impossibile quantificare la mia disperazione, ho fatto una donazione».
La scena del film in cui gira scalza tra i tavoli con un abito scollato nero e sniffa la cocaina, nell’immaginario rischia di riportarla al buio di quei giorni. «Allora non si capisce che cos’è il cinema. Se interpreti Medea, non è che poi nella vita uccidi i tuoi figli. Ho voluto ironizzare per cacciare i demoni. Continuo a prendere rischi, la normalità non mi piace, devo mettermi alla prova. Dopo Miranda, non volevo cadere nel viale del tramonto, avevo paura di diventare la Laura Antonelli di turno. Non è facile volersi bene. Mi punivo mangiando. Ingrassavo, non mi curavo».
Lei era una protagonista della Roma dipinta da Sorrentino? «Ma quando mai. Ero bellissima e mi invitavano, certo. Sono stata sposata per 15 anni, poi una lunga storia con un notaio gelosissimo. Avevo fatto Miranda, ma ero timida». Si vantava d’aver passato una notte con due pugili e di averli messi ko al letto. «Frottole, ero l’ufficio stampa di me stessa».
Lei è tornata a vivere a Rimini, come Verdone nel film lascia Roma e torna in provincia dai suoi genitori.
«Non sopportavo più il cinismo, il traffico, gli odori. Sono tornata a Rimini dopo aver girato il film di Sorrentino, che sono orgogliosa d’aver fatto, mi ha reso consapevole di tanta inutilità». Fisicamente, nel film...«Guardi che sto benissimo. Sorrentino ha preso gli angoli delle mie forme burrose e li ha esasperati. Roma può essere ladrona e inciuciona. Ma mi ha dato tantissimo. Una parte di me è rimasta lì».
Valerio Cappelli