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 2013  giugno 12 Mercoledì calendario

VOI MOGLI LO SAPETE

Davanti a me, in un piccolo ristorante italiano nel centro di Parigi, siede una giovane donna. Ha 25 anni e una carriera che in poco tempo l’ha portata ai vertici, ma che è già finita.
Succede alle atlete e alle pornostar. Sasha Grey appartiene alla seconda categoria. E anche se oggi siamo qui per parlare della sua nuova attività di scrittrice, Sasha non ha nessun problema a entrare nei dettagli del suo precedente lavoro.
In parte perché il suo primo libro, The Juliette Society, è un romanzo erotico e, in fondo, parlare di pornografia è una buona pubblicità. In parte, almeno questa è la mia impressione, perché non avrebbe comunque alcuna remora a parlare di eiaculazione davanti a un piatto di tagliatelle e senza un separé a dividerci dai commensali, se non un’incerta barriera linguistica, visto che nessuna di noi due parla francese e loro, forse, non capiscono l’inglese.
The Juliette Society arriva sulla scia della trilogia delle Cinquanta sfumature ma, rispetto ai tanti romanzi erotici usciti in questi ultimi mesi, parte avvantaggiato. Per la notorietà dell’autrice. E, ma questa è un’opinione, perché almeno una delle due protagoniste «lo fa strano» senza remore e sensi di colpa. La Grey non ha ancora ricevuto un’offerta per i diritti cinematografici: nel caso, sa già che vorrebbe produrlo e scritturare l’attrice Mia Wasikowska.
A lei potrebbe toccare il ruolo di Catherine o della disinibitissima Anna, che introduce l’amica alle gioie del sadomaso e delle orge, come quelle della Juliette Society, dove si ritrovano solo ricchi e potenti.

Dica la verità, alla fine diventerà una trilogia come le Cinquanta sfumature.
«Lo spero. Per ora ho in mente un secondo romanzo, dove raccontare come Catherine entra a far parte della Juliette Society, le sue motivazioni. Come tutti, anche lei è attirata da ciò che le fa paura».
Nel suo caso, che cosa la spaventava e, al tempo stesso, l’attraeva dell’industria del porno?
«Mi dava l’opportunità di esprimere parti di me che mi intimidivano. E di farlo in un ambiente sicuro».
Mi spieghi meglio.
«Banalmente, c’era sempre qualcuno che sapeva dov’ero. Deve capire che non è facile per una ragazza di 17, 18 anni fare sesso in modi che la gente considera tabù. Non è che puoi incontrare un tipo e dirgli: “Ti va di provare questo e quello?”».
Ha mai avuto esperienze pericolose?
«No. Mi bastò parlare delle mie fantasie con le amiche per capire che mi consideravano pazza. Nel porno, gli attori vengono sottoposti a test (per malattie veneree e Aids, ndr), ma non ci sono relazioni. Magari è un mondo egoista, ma sotto controllo».
L’industria del porno sta morendo, mentre la letteratura erotica al femminile va alla grande. Per questo ha deciso di scrivere?
«Sì, ma anche perché la scrittura dà molta libertà. C’è sempre qualcuno che ti chiede di cambiare qualcosa, ma io sono stata fortunata. Per lo più si sono fidati».
Nessuna censura?
«Il mio editore americano voleva che tagliassi il capitolo sull’eiaculazione (nel quale Catherine spiega la sua “passione” per lo sperma del fidanzato, ndr). Secondo loro era una fantasia più adatta agli uomini che alle donne, ma il punto è che ci sono donne alle quali piace, perché non parlarne? Sono contenta di averla spuntata».
Ha letto i libri della E. L. James?
«Il primo. Non l’ho trovato abbastanza interessante da aver voglia di leggere gli altri due, ma hanno il grande merito di aver reso popolari pratiche – penso al bondage e al sadomasochismo – che, soprattutto fra le donne, evocavano un senso di vergogna e di violenza».
Forse il problema è che il ruolo della vittima, consenziente o no, tocca quasi sempre alle donne.
«Ai tempi in cui facevo film porno, quanta gente pensava che anche io fossi una vittima? Non importava che fosse una mia scelta. Ciò che accade tra due adulti consenzienti, che ci piaccia o no, non è un problema nostro. E, comunque, nel mio libro ci sono un paio di uomini ai quali piace essere sottomessi».
Crede che nella realtà esistano «club» simili alla Juliette Society?
«Certo. Su Internet ne trova parecchi».
Se sono in Rete non sono così segreti.
«Vero. Ma il più delle volte si tratta solo di indizi. Bisogna saper leggere fra le righe».
Della Juliette Society fanno parte solo uomini di potere, a partire dai politici. Perché?
«È quello che succede per davvero. Basta leggere i giornali».
Un caso in particolare che aveva in mente?
«Sono state una grande fonte di ispirazione le foto della grotta di Berlusconi (il passaggio stile 007 che da Villa Certosa in Costa Smeralda porta al mare, ndr)».
In generale, qual è la sua opinione su politici e scandali sessuali?
«Ognuno dovrebbe essere libero di fare ciò che gli pare nei limiti della ragionevolezza. È ovvio che non puoi usare il denaro pubblico per i tuoi svaghi. Ma non basta. Se passi gran parte del tempo su un jet privato per raggiungere i tuoi amici e divertirti, quante energie ti rimangono per il lavoro? Si tratta di capire se la tua “attività extracurriculare” interferisce col tuo dovere. È un confine sottile. E varrebbe lo stesso se la tua passione, invece che il sesso, fosse il baseball».
Che rapporto c’è fra sesso e potere?
«Spesso sentiamo storie di uomini di potere ai quali piace essere dominati, umiliati, frustati. Non è un caso: vogliono sentirsi impotenti per un po’, hanno così tante responsabilità che, per un’ora o due, desiderano lasciare il controllo a qualcun altro».
Nel suo libro non si capisce se la moglie del politico non sappia nulla dei passatempi del marito o se invece preferisca far finta di niente.
«Immagini una di loro che se ne viene fuori e dice: “Non mi importa se lui ha una relazione con una ventenne, tanto alla sera torna a casa”. Le altre donne sedute con i loro mariti davanti alla Tv non apprezzerebbero. La maggior parte delle mogli di politici coinvolti in scandali sessuali sapevano benissimo che cosa stava succedendo. Ma non lo ammettono perché è impopolare».
Quanti film porno ha girato in tutto?
«225».
Le piaceva?
«I primi sei mesi sono stati i più intensi della mia vita. Poi l’eccitazione fisica cala e, allora, deve scattare il coinvolgimento psicologico. Per quanto piacere sessuale vede in una scena porno, deve tener presente che chi è lì non lo vive mai al cento per cento. Ci sono le telecamere e i tempi da rispettare: non puoi godertela del tutto se devi controllare l’orologio. Io, prima di andare sul set, mi ponevo sempre un obiettivo diverso».
Le confesso che faccio fatica a capire.
«In base agli attori con i quali lavoravo, mi preparavo una lista di cose da fare. Poteva essere semplicemente chiamarlo “puttana” e vedere la sua reazione. Era una sorta di performance artistica. La gente può trovare la cosa ridicola, ma per me è così. La maggior parte di quelli che fanno porno inseguono uno stile di vita, vogliono divertirsi. Per me non era una scusa per masturbarmi. Volevo cambiare il modo in cui le donne, in quell’ambiente, sono percepite».
Per questo ha sempre sostenuto che la sua era una scelta in qualche modo femminista?
«Sono nota per aver girato scene di sesso estremo, ma è vero anche che avevo un elenco delle cose che ero disposta a fare e di quelle che non avrei fatto. Mantenevo sempre il controllo. Capita spesso che sul set cerchino di aggiungerti qualcosa che non avevi concordato. A differenza di altre, se non mi andava, ho sempre detto: “No”».
Le altre non lo facevano per non perdere il lavoro?
«Non esiste che ti licenzino da un film porno, a meno che non combini pasticci grossi. Però ti possono chiamare “troia”, e ricordarti che sei lì solo per i soldi. Per questo molte donne preferiscono stare zitte».
Un personaggio del suo libro fa sesso con le donne, le riprende e poi le ricatta minacciando di mettere i filmati online. Purtroppo succede davvero.
«C’è stato il caso di un politico, molto giovane e molto in carriera, che ricattava le ragazze. Diceva: “Ho tue foto compromettenti che potrei mandare a tutti”».
Di recente, in Italia, una ragazza si è uccisa per via di alcune immagini pubblicate su Internet.
«Viviamo in un mondo strano dove le giovani donne vengono incoraggiate a rifarsi il seno, dobbiamo apparire come oggetti sessuali, ma non siamo autorizzate a dire: “Mi piace fare sesso”. Per le ragazze, il sesso è ancora qualcosa di cui vergognarsi. È in questa incongruenza, secondo me, la radice di molti problemi. E anche la ragione del boom dei romanzi erotici al femminile».
Cioè?
«Sono una forma di reazione a questo paradosso».