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 2013  giugno 11 Martedì calendario

IL MORALISTA DI «REPUBBLICA» FREGATO DA UNA «VELINA»

Il vicedirettore di Repubblica, Dario Cresto-Dina, già censore dei costumi morali di Berlusconi, è caduto nella trappola che gli ha teso un ex collaboratore del gruppo Espresso, il critico letterario Gian Paolo Serino. Serino, come ha raccontato sul suo blog Satisfiction, si è spacciato per la velina 19enne di Striscia la notizia Costanza Caracciolo e, sotto quel falso nome, ha mandato sms e mail ammiccanti a diversi giornalisti di Repubblica. «Il mio corteggiatore più accanito e spregiudicato», sottolinea Serino, «è stato proprio Dario Cresto-Dina, integerrimo vicedirettore 60enne», che ha risposto con assiduità alle avances della «ragazza», scrivendole frasi come «Ti guardo in tv ogni sera», «Sei splendida», «Vieni a Roma così ti regalo una copia originale di Pavese», e altre espressioni non riferibili. Cresto-Dina è lo stesso giornalista moralizzatore che aveva raccolto su Repubblica l’intervista in cui Veronica Lario annunciava il suo divorzio da Berlusconi. Per questo Serino, rilevando la contraddizione, ha sottolineato: «Mai mi sarei aspettato che i Soloni contro l’uso del corpo delle donne, 60enni che dovrebbero aver raggiunto la pace dei sensi, ammiccassero a quasi minorenni, veline ree in pubblico di sfruttare il corpo delle donne, ma in privato oggetto di ogni ammiccamento». Il critico letterario ha anche chiesto le dimissioni del vicedirettore e ribadito come il proprio comportamento, pur deontologicamente scorretto (spacciarsi per un’altra persona), sia lo stesso seguito da tanti giornalisti di Repubblica e dell’Espresso: da Fabrizio Gatti «capace di fingersi un immigrato senza permesso di soggiorno o un immigrato a Scampia» a «tutti gli inviati di cronaca capaci di rubare identità altrui pur di portare a casa lo scoop».
Cresto-Dina ha poi risposto a Serino su Dagospia, spiegando come la sua accondiscendenza fosse solo simulata. «Volevo vedere fin dove riusciva ad arrivare», ha detto. «Io ricevo le mail di Serino e intuisco che si tratta di qualcosa di strano, prima penso a uno scherzo, poi a una trappola. Voglio capire. E per riuscirci sto al gioco e rispondo a tono, vorrei capire di chi si tratta veramente e qual è lo scopo. Il gioco dura a lungo, alla fine trovo l’Alias». Cioè, Serino.
Lo scherzo del critico letterario è figlio anche di un rapporto con Repubblica che si è deteriorato nel corso del tempo, anche per contrasti con il vicedirettore. «Quando», ricorda Serino, «proposi un inedito che Claudio Magris, storica firma del Corriere, mi aveva concesso a disposizione per Repubblica, Dario Cresto-Dina rifiutò la pubblicazione sottolineando: “Ma dopo loro cosa dicono?”». Una dimostrazione, secondo il fondatore di Satisfiction, di «un’unicità cultural-condominiale», che mortifica «la concorrenza delle firme e dei contenuti» sui quotidiani. Un pensiero unico che però talvolta sa anche essere strabico: «Mentre con una mano i giornalisti di Repubblica scrivono articoli da Soloni della moralità», chiude Serino, «con l’altra mano... pensano a Pavese».