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 2013  giugno 12 Mercoledì calendario

TEDESCHI INNAMORATI DELL’ITALIA

«Die spinnen, die Römer», sono matti questi romani, in libera traduzione, come dire gli italiani tutti. La Süddeutsche Zeitung dedica quasi per intero l’ultimo suo magazine all’Italia. Un magazine che ha anche parte della pubblicità relativa all’Italia.

Negli ultimi tempi, il quotidiano di Monaco, per me il migliore d’Europa, insieme con la Frankfurter Allgemeine, non era stato tenero nei confronti degli italiani. Dove era finita l’Italia che amavamo?, si chiedeva ancora un paio d’anni fa. Colpa di Silvio, che da queste parti non trova simpatizzanti neanche tra i conservatori. La Merkel finge di non sentire gli insulti, ma non dimentica, e con lei anche, compatti, tutti i tedeschi. Ora, è tempo di vacanze, e non resistono al vecchio amore: siamo impossibili, incomprensibili, inaffidabili, incorreggibili, testardi e spendaccioni, ma, in fondo, si ama qualcuno per i suoi difetti. Le virtù sono sempre uguali e annoiano.

La Süddeutsche è elegante, e pubblica una serie di foto sui passi alpini, impervi e dimenticati, che portano al Belpaese. Il viaggio al Sud è un mito dell’Europa centrale e nordica, e non può essere una cosa facile, come sembra se si prende l’autostrada. Se la discesa al sole diventa una conquista lenta, è più facile accettare che, al di là dei monti, si incontri un altro mondo. In un’intervista, Paolo Conte, altro antico amore dei tedeschi, spiega: «Si deve capire che la politica italiana è una commedia, altrimenti si impazzisce». Anche il cantautore cade nei luoghi comuni: al Sud domina Pulcinella, rivela, al Nord siamo quasi come i tedeschi. Niente di male. I cliché servono a stabilire il primo punto di contatto ed è impossibile correggerli. Il quotidiano è andato a ritrovare cinque coppie che si conobbero sul Teutonengrill, la riviera adriatica, cinquant’anni fa. «Amore für immer» è il titolo del reportage. Lui pappagallo, lei bionda turista, amore al chiaro di luna, ma si sposarono nonostante i moniti delle Mütter, le mamme teutoniche, e stanno ancora insieme. Oggi i latin lover latini sono estinti, a Rimini e a Riccione arrivano i russi e perfino i cinesi. Amore non è sempre Liebe, gli equivoci sono in agguato, ma forse i nostri politici farebbero bene a invitare queste cinque coppie a tenere un corso di politica estera a Roma. Sarebbe più utile di tanti saggi di politologi o di rapporti di nostri ambasciatori. Non c’è politico tedesco, a qualunque partito appartenga, che non sia stato almeno una volta in Italia, compresa la Merkel, che preferisce Ischia, nonostante Pulcinella.

Il prof. Enrico Rusconi ha scritto un bel saggio sullo «strisciante straniamento» tra i nostri e i loro politici. Impossibile intendersi. Il tedesco è una lingua logica, come rendere le «convergenze parallele» di un Aldo Moro, eppure allora tedeschi e italiani si capivano. Willy Brandt chiedeva aiuto al nostro Pci per stabilire un ponte con l’Urss, e Helmut Kohl, il politico più meridionale di Germania, era di casa a Roma, dai suoi amici democratici cristiani. Ma oggi? Paradossalmente, quello che capiscono meglio è proprio Beppe Grillo. Lo sfidante socialdemocratico alla Cancelleria, Peer Steinbrück, commentò a febbraio che in Italia avevano vinto due clown. I tedeschi non gradirono, neanche i suoi compagni di partito. Non si deve offendere un paese amico, ma tentare di capirlo. Non è un clown il Nobel Dario Fo? E Joschka Fischer non fece il suo debutto in parlamento in scarpe da tennis? Poi il leader verde divenne ministro degli esteri e ingrassò di 50 chili a causa della passione per il Brunello e gli spaghetti. I tedeschi non vengono più al mare da noi o, se ci vengono, non è più un’esperienza che segna la vita. Ma nel frattempo hanno portato l’Italia a casa loro: Berlino è piena di caffè all’italiana, così li definiscono, quasi scomparsi a Roma, si vestono all’italiana, mangiano all’italiana. Le Monde ammonì anni fa: «L’Allemagne s’italianise», la Germania si italianizza, loro lo presero per un complimento. Oggi, commentano gli economisti, la crisi non ha colpito la Germania perché i tedeschi non risparmiano più nevroticamente come in passato, hanno meno paura del futuro, spendono sostenendo i consumi, quindi l’occupazione. Sono diventati cicale come noi, almeno un po’. Quando si ama un cattivo soggetto, si finisce contagiati.