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 2013  giugno 11 Martedì calendario

IL CINEMA NON È IN VENDITA

ROMA «Sdrammatizzando, potremmo chiamarla la battaglia di “San Daniele (il prosciutto) contro Superman”. Ma purtroppo in gioco ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro e la stessa identità culturale dell’Europa». Daniele Luchetti è in partenza per Strasburgo. Ha lasciato il montaggio del suo nuovo film per far parte della delegazione di cineasti che oggi alle 16 incontra il presidente José-Manuel Barroso: «Venerdì la Commissione europea a Bruxelles deciderà sui trattati per il commercio estero. Di fatto i prodotti audiovisivi vengono equiparati alle altre merci. Ma i film non sono mozzarelle né automobili. Se i 27 aboliscono l’eccezione culturale, l’industria audiovisiva europea è destinata a sparire nei prossimi cinque anni». «Il parlamento europeo — spiega Luchetti — si è già espresso con un no forte e chiaro. Ma il suo è un parere consultivo e la commissione potrebbe decidere altrimenti ». Ad affiancare il regista ci sono l’attrice Bérénice Béjo, Costa Gavras, Radu Mihaileanu. Ma dietro di loro, firmatari di un appello accorato, ci sono le associazioni di autori, produttori, distributori di tutta Europa. Grandi maestri come Pedro Almodovar, Wim Wenders, Michael Haneke, Aki Kaurismaki, Ken Loach. L’australiana Jane Campion, il brasiliano Walter Salles, l’americano David Lynch.
Tra gli italiani Bernardo Bertolucci, Roberto Benigni e Giuseppe Tornatore, che spiega: «Questa non è la lotta di registi che difendono i privilegi. Siamo un’industria che in Europa costituisce il 4,5% per cento del Pil, in Italia l’audiovisivo fattura 15,5 miliardi di euro. Che non sottrae risorse, ma crea lavoro e la possibilità, per il pubblico, di rispecchiarsi in una identità culturale specifica. La salvaguardia della diversità culturale è uno dei valori fondanti dell’Europa». Luchetti: «Grazie a un sistema di 600 leggi c’è una produzione europea che si regge su un equilibrio delicato come una cristalleria. Gli Usa ci chiedono di sottoporci alle regole del commercio internazionale, ma loro sono elefanti. Chiedono il permesso di entrare nel mercato europeo con la delicatezza di un panzer dicendo: “però voi potete entrare con i vostri cristalli nel nostro recinto di elefanti”».
Ci sono paesi, tra cui Francia e Italia, in cui la quota nazionale cinematografica oscilla dal 30 al 50 per cento. «Gli Usa che fanno già la parte del leone, vogliono appropriarsi anche di quelle quote. Per convincere gli europei hanno un’arma potente: accettare per la prima volta i prodotti dell’agroalimentare. Il rischio è il baratto di prosciutti e mozzarelle contro il cinema». Secondo Wim Wenders, «gli autori europei garantiscono un serbatoio di diversità creativa e anche un sano contraltare che fa bene a Hollywood». I risvolti concreti e immediati dello scontro li spiega Gabriele Salvatores: «La partita oggi riguarda le grandi piattaforme online. Se gli Usa riescono ad appropriarsi della distribuzione in rete del cinema europeo, noi diventeremo un granello di sabbia nel deserto sterminato di Google e Apple. L’Europa deve resistere creando una propria piattaforma di distribuzione del suo cinema».
Il discorso riguarda soprattutto la tv. «Con la liberalizzazione si potranno vedere i film su Google o Netflix » continua Daniele Luchetti «Significa la distruzione della tv, che non avrà più prodotti di prima mano perché gli Usa proporranno i pezzi forti sulla loro piattaforma. Ci esportano il loro prodotto senza investire nulla, senza pagare le tasse. E se i giovani decideranno di non pagare il canone Rai e vedersi i prodotti sul tablet? Dove andranno gli investitori pubblicitari? Il prosciutto è un prodotto fisico che viene trasportato, quello audiovisivo è un prodotto immateriale: a loro basta mettere un tubo nelle nostre case che ci spari i film. Noi non abbiamo un tubo che spara i nostri prosciutti nelle bocche degli americani o il nostro vino nei rubinetti delle loro case. Non credo ce lo consentirebbero ». Più agguerriti ancora i belgi fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne. «Come registi e cittadini europei pensiamo che la cultura europea non possa essere in vendita. È paradossale vedere i nostri colleghi americani, Harvey Weinstein e Steven Spielberg, adoperarsi affinché l’Europa non distrugga ciò che resta della sua ambizione di creatività e diversità culturale. Speriamo che il 14 giugno gli Stati si sollevino contro il tradimento culturale che la Commissione europea è in procinto di perpetrare».