Fulvio Ervas, TuttoLibri - La Stampa 8/6/2013, 8 giugno 2013
PRIMA DEL PETROLIO SI FACEVA IL PIENO CON L’OLIO DI BALENA
Che bel libro Leviatano! Dopo poche pagine si è già per metà nella letteratura e per metà nella biologia: Achab e Moby Dick, capodogli e balene della Groenlandia.
Hoare narra, con grande energia, di un viaggio attraverso Cape Cod, New Bedford, Nantucket, seguendo poi la scia del grasso di balena in Inghilterra a Hull, Dundee, Southampton e finendo alle Azzorre.
Seguendo Hoare, che evoca i fantasmi del Pequod, annusiamo il mondo che influenzò la narrativa di Melville, non ultime le opere del pittore Turner e lo scrittore Hawthorne. Impariamo che fu sir William Wilde, padre di Oscar, a scoprire come facessero i piccoli di capodoglio a succhiare il latte materno. E possiamo immagazzinare una miriade di altri dettagli, aneddoti, informazioni.
Però, volendo, è un libro che parla di un grande processo di trasformazione. La trasformazione della vita in luce: balene in olio e, per questo, giovani (non solo marinai) in balenieri, piccole cittadine di costa in fiorenti porti, famiglie intraprendenti in dinastie di ricchi imprenditori.
L’olio di balena fu il petrolio prima del petrolio e i capodogli fecero, persino, marciare i treni e i lunghi fanoni delle balene franche anticiparono la plastica, utilizzati come stecche d’ombrella, corsetti, tende veneziane e spazzole.
La caccia alla balena ha tradizioni antiche, ma la crescente economia americana ne darà una dimensione industriale, parossistica: del milione di esemplari di capodogli, stimati agli inizi del ‘700, si passa a poco più di un terzo a fine ‘800. Trasformati in un bel po’ di tonnellate di olio e candele di purissima cera quacchera.
Gli ex europei, i cui antenati avevano diradato le foreste, diventeranno americani anche svuotando le praterie e gli oceani. Quella trasformazione, come ogni altra, ad un certo punto rallenta: nel 1859 Edwin L. Drake scoprì il primo pozzo di petrolio, un getto nero che usciva dalla terra, dove giacevano sepolte scure balene di idrocarburi che avrebbero cambiato la storia del mondo.
Per l’industria baleniera americana inizierà il declino, il mondo del Pequod si dissolverà. Ma la caccia alla balena non si è arrestata: le baleniere e gli arpioni si sono ammodernati. Gli anni seguenti al secondo conflitto mondiale sono stati, addirittura, un autentico massacro: nel 1951, cento anni dopo la pubblicazione di Moby Dick, furono uccise più balene di quante ne catturò la flotta di New Bedford in un secolo e mezzo di attività.
In prima fila c’erano le baleniere russe, norvegesi, inglesi, olandesi e poi giapponesi. Con un efficace aneddoto Hoare ci informa che anche il miliardario Onassis rafforzò le sue fortune a spese delle balene. Un’autentica orca.
La modernità ha trasformato il corpo delle balene in vitamina A, insulina per diabetici, corticotropina per artritici, lubrificanti speciali per motori e cera per cuoio. Senza dimenticare, naturalmente, carne per cani e gatti. Senza dimenticare qualche ristorante giapponese.
Ecco, mescolando letteratura e biologia, Leviatano riesce a guardare sotto gli abiti del capolavoro di Melville. Come se si potesse, davvero, osservare lo scheletro che sostiene il romanzo.
Perché «ho scritto un libro perverso, e mi sento immacolato come l’agnello», racconterà Melville a Hawthorne. Certo, perverso lo è stato il grande massacro, sugli effetti del quale, a lungo termine, non è ancora possibile fare valutazioni, soprattutto genetiche, e il cui simbolo, atroce, resta la frase dei balenieri che nel libro di Hoare è, più volte, citata: «fuoco nel camino». Quando, ferita a morte, la balena sfiatava verso il cielo, e nel mare, il suo sangue.
Ma Leviatano non guarda solo al lungo rapporto uomo-cetacei. E’ un diffuso, ammirato, catalogo della straordinaria morfologia adattativa di questi mammiferi: cuori possenti che battono dieci volte al minuto; la maturità sessuale dei capodogli a diciannove anni; le differenze tra Odontoceti, con denti e Misticeti, con fanoni. E poi le forme sociali complesse; la comunicazione e l’intelligenza . Ad usare, anche noi, l’intelligenza, si finisce ad osservarli: «risalito sulla barca, vidi la balena nuotare in cerchio. Alzò la testa un’ultima volta, s’immerse, sollevò la coda fuori dall’acqua e sparì». Non è Achab, naturalmente. E’ Philip Hoare.