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 2013  giugno 08 Sabato calendario

COME RINACQUE E MORÌ LA REPUBBLICA DI VENEZIA

Vorrei «ritoccare» marginalmente la sua giusta distinzione storica tra Veneto e Serenissima (25 maggio), in particolare la sua conclusione circa la vergognosa fine di quella Repubblica — narrata magistralmente da Ippolito Nievo nelle Confessioni di un italiano. È vero che Venezia nel 1797 si arrese a Napoleone senza combattere se non tramite gli «schiavoni», miliziani slavi coraggiosi e fedeli fino all’ultimo. Ma cinquant’anni dopo, nell’incendio europeo della primavera 1848, essa insorse contro l’occupazione austriaca e resistette all’assedio dell’armata imperiale fino allo stremo della fame e del colera nell’aprile 1849.Tra le province venete inoltre, il Bellunese fa eccezione, e in particolare il Cadore (35.000 abitanti) che difese efficacemente il territorio alpino dalla penetrazione austriaca verso la pianura veneta, nonostante la sua soverchiante forza numerica e d’armamento. Due figure emergono da questo cruciale e doloroso riscatto: Daniele Manin, prestigioso presidente della «risorta Repubblica veneta», amatissimo dai concittadini per la sua abnegazione, la giustizia sociale che praticava e la sua fierezza repubblicana; Pier Fortunato Calvi, giovane tenente-colonnello inviato da Manin in aiuto ai bellunesi, si rivelò uno stratega eccezionale e una guida astuta e credibile per le milizie montanare, cantato da Giosuè Carducci nell’Ode al Cadore, fu impiccato dagli austriaci a Mantova nel 1855 in quanto «traditore» (come sarà poi per Cesare Battisti), avendo rinunciato alla grazia, a 38 anni. Entrambi — Manin e Calvi — meriterebbero maggiore conoscenza e riconoscenza, e la stessa Venezia meriterebbe di non vedersi identificare in aeternum col suo peggiore passato.
Sandro Boato
sandroboato@akmail.it
Caro Boato, aggiungo soltanto qualche notizia sui due protagonisti della sua lettera. Daniele Manin nacque a Venezia nel 1804. Il padre, un avvocato del foro veneto, discendeva da una famiglia sefardita, i Fonseca, che era stata cacciata dalla Spagna nel 1492. Ma Daniele era stato battezzato alla nascita dal fratello di Ludovico Manin, l’ultimo doge della Serenissima, e ne aveva preso il cognome secondo le usanze del tempo. Cominciò la sua carriera politica chiedendo al governo austriaco che a Venezia venissero date l’autonomia economica e una maggiore autonomia politica. Fu arrestato agli inizi del 1848, ma liberato a furor di popolo non appena i veneziani appresero che anche Vienna era ormai teatro di una insurrezione popolare. Quando gli austriaci dovettero abbandonare la città e la Repubblica venne restaurata, Manin ne divenne presidente e, nel momento del maggior pericolo, dittatore. Dopo la sconfitta dei piemontesi a Novara il 23 marzo 1849, rifiutò la resa e i veneziani, chiusi nella città assediata, resistettero alle bombe e al colera sino all’agosto. Dovettero infine arrendersi e Manin, a cui il colera aveva tolto la moglie e una figlia, dovette cercare rifugio a Parigi dove sopravvisse dando lezioni d’italiano. Aveva restaurato la vecchia Repubblica, ma capì che soltanto il Piemonte avrebbe potuto fare l’Italia e sostenne la politica di Cavour. Morì a Parigi nel 1857 e le sue ceneri tornarono in patria il 22 marzo 1868.
Pier Fortunato Calvi nacque a Briana, una frazione del comune veneziano di Noale, nel 1817. Fece carriera militare nell’esercito austriaco, divenne capitano e fu assegnato alla guarnigione di Venezia. Ma fu trasferito a Graz non appena il comando austriaco scoprì che frequentava circoli patriottici. Non appena scoppiarono i primi moti del 1848, lasciò l’esercito austriaco e corse a Venezia per mettersi al servizio della Repubblica. Come lei ha scritto, caro Boato, la sua guerra in Cadore fu brillante ed efficace. Vi tornò nel 1853 quando Mazzini gli chiese di provocare una nuova insurrezione. Ma il progetto, come altre iniziative mazziniane di quegli anni, era stato mal preparato e fallì. Calvi fu arrestato, incarcerato e passato per le armi a Belfiore, vicino a Mantova, nel 1855.
Sergio Romano