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 2013  giugno 08 Sabato calendario

IL CONGRESSO SAPEVA ALL’AMERICA BASTERA’?

«Non è un grande fratello impazzito», prova a rassicurare Barack Obama, costretto a spiegare il perché di un sistema di spionaggio delle telefonate e di Internet tanto esteso e penetrante.
E’ un presidente accorato, quasi affranto, quello che parla appena due settimane dopo il suo storico discorso sulla fine della guerra globale al terrorismo: dalla promessa di farla finita con la cultura dell’emergenza alla difesa di misure che si giustificano solo in presenza di un’emergenza permanente.
Le implicazioni di quanto trapelato negli ultimi due giorni sono enormi, le questioni che si pongono sono estremamente complesse, la sorpresa è relativa visto che da anni si parla della costruzione di estesissimi sistemi di intelligence da parte del governo federale: dalle prime indiscrezioni sul sistema di ascolto globale Echelon, dieci anni fa, alla rivista Wired che l’anno scorso ha addirittura dedicato la sua copertina alla capacità dello spionaggio Usa di sorvegliare in modo capillare le comunicazioni dei cittadini.
Per adesso l’unica certezza è che la linea di demarcazione tra privacy e sicurezza che si era fatta sempre più sottile negli ultimi anni, è ormai pressoché scomparsa. Cancellata dalle esigenze della lotta al terrorismo che rimane una grave minaccia quotidiana, certo, ma anche dalla diffusione di tecnologie informatiche sempre più penetranti e della determinazione con la quale il team di Obama sta usando tutte le potenzialità offerte dal nuovo universo di «Big Data»: era difficile ipotizzare che l’enorme volume di dati sui comportamenti dei singoli cittadini ormai disponibili in rete e utilizzati massicciamente dalle società commerciali e anche dagli strateghi elettorali democratici non sarebbe stato usato anche dal governo a fini di intelligence. Tanto più che da sempre la sensibilità americana per la privacy è inferiore a quella diffusa in Europa.
Ora la Casa Bianca spiega che quelli che vengono raccolti sono i cosiddetti «metadata»: informazioni su origine, destinazione e durata delle conversazioni, non sui contenuti e sull’identità di chi parla al telefono. Ma si tratta comunque di controlli estesi potenzialmente a tutti. Ogni cittadino, protestano le organizzazioni per i diritti civili, scopre che il governo può sapere dove si trova e con chi sta parlando. Su Internet, poi, le possibilità di controllo estese a tutte le funzioni principali - scambio di mail, chat, videomessaggi, chiamate Skype - sono ancora più penetranti. Anche se qui Obama assicura che la sorveglianza riguarda solo comunicazioni con un interlocutore straniero.
Ma è chiaro che il continuo ingrossarsi del fiume dei controlli anche per l’effetto moltiplicatore di un progresso tecnologico che non viene in alcun modo governato e la pubblicazione di indiscrezioni che fanno sensazione, alimentano una deriva pericolosa.
Oggi Obama si sforza di spiegare che tutto questo è iniziato parecchi anni fa e che il programma è stato gestito col massimo di garanzie compatibili con la sua segretezza: l’azione della NSA, l’organo supremo dell’intelligence americana, è soggetta all’autorizzazione della magistratura e ai controlli del Congresso che è stato sempre informato di tutto. Sul piano istituzionale Obama ha le carte in regola, e infatti il Congresso non ha esitato a coprirgli le spalle confermando che, oltre al potere esecutivo, anche quello legislativo e quello giudiziario sono coinvolti ed esercitano la loro sorveglianza.
Eppure anche stavolta il Parlamento si divide, ma in un modo diverso: i leader democratici e repubblicani stanno con la Casa Bianca mentre, come è già avvenuto in altri casi che coinvolgono diritti civili, sono le due estreme - la sinistra liberal e la destra radicale e libertaria - a respingere, in nome del rispetto rigoroso delle garanzie costituzionali, ogni limitazione dei diritti dei cittadini ispirati a considerazioni pragmatiche.
Obama, che ha l’anima del costituzionalista ma anche i galloni del capo supremo della forze di difesa, può legittimamente continuare a usare questi strumenti di controllo spiegando, come ha fatto ieri, che non è possibile proteggere i cittadini senza creare qualche fastidio, che non si può avere il 100% di sicurezza e il 100% di privacy. Ma l’America (secondo i sondaggi oggi più preoccupata per i diritti che per la sicurezza) accetterà uno spionaggio così penetrante in una fase che lo stesso presidente dichiara non più emergenziale?
E’ una riflessione che andrà fatta (e Obama ha stimolato il Congresso in questo senso) anche perché, come dimostra il recente scandalo dei controlli fiscali mirati sui Tea Party, abusi sono sempre possibili anche in un sistema di checks and balances efficace come quello americano.
Un’esigenza sicuramente sentita da un presidente che aveva fatto della trasparenza la sua bandiera fin dalla campagna elettorale del 2008 e che solo due settimane fa ha spiegato ai suoi concittadini i rischi di corruzione del tessuto democratico che derivano dal vivere in un clima di emergenza permanente.
Massimo Gaggi