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 2013  giugno 09 Domenica calendario

TRIBU URBANE

Ci sono gli skater sulle tavole a rotelle, e i ritmi house del dj Armand Van Helden. I funambolismi del basket freestyle, e l’ hip-hop contaminato di Dizzee Rascal. E poi: i percorsi a ostacoli del parkour assieme alla musica elettronica da club, i surfisti e i rapper, il motocross e la techno... Il tutto all’ insegna di quella creatura ambigua che va sotto il nome di urban culture: il JamBo di Bologna è "il primo e il più importante festival di action sport e musica elettronica mai realizzato in Europa". Si svolge dal 14 al 16 giugno negli spazi di Bologna Fiere, e prevede 60mila metri quadrati occupati tanto da atleti "estremi" quanto da musicisti provenienti da ambiti per loro natura legati alla metropoli e ai futuribili squarci dell’ urbe globale. Cosa tiene assieme i fanatici degli sport d’ azione e i nipotini della cultura afroamericana che ci regalò hip-hop, house e techno, è una faccenda meno ovvia di quanto sembri. Per Alessio Bertallot, direttore artistico della rassegna: «Sono fenomeni che muovono da una stessa idea di vitalità, di potenza in termini di vibe », laddove col termine si intende quella insondabile energia che per comodità traduciamo in "vibrazione". Ma ci sono anche ragioni storiche e che riguardano il rapporto tra creatività e metropoli. «È quello che si dice fare di necessità virtù - prosegue Bertallot - Se sei un adolescente creativo ma costretto in un ambiente urbano dal quale non puoi evadere, ti adegui e usi quello che c’ è: la strada per sport come lo skateboard e il parkour; due giradischi se vuoi fare il dj». Prendiamo proprio lo skateboard, forse la disciplina che - nata come variante cittadina del surf - più di tutte incarna il rapporto tra sport faida-te e spericolata sfida alla civiltà urbana, e che al JamBo si tradurrà nelle evoluzioni di molti suoi protagonisti statunitensi ed europei. Temerari e incoscienti, gli skater nacquero come punk che trasformarono marciapiedi e piscine abbandonate in inusitati (e illegali) teatri per acrobatismi al limite della propria incolumità. Attorno a loro prese forma una cultura stradaiola, riottosa ma prontamente assorbita dal mercato: tra sponsor, competizioni e brand, gli skater passarono dal rango di guerriglieri urbani in fuga dalla polizia a quello di eroi popolari per i giovani di mezzo mondo, involontari arbitri di tendenze che assumevano i contorni del vero e proprio stile di vita. È un po’ quello che successe in campo musicale all’ hip-hop, nato nei ghetti del Bronx e poi divenuto linguaggio trasversale e mainstream; oppure alle stesse house e techno, all’ inizio ritratto sonoro dei panorami distopici di Chicago e Detroit, e adesso lingua franca buona per qualsiasi occasione, dal rave alla passerella chic. Questi universi sulla carta lontanissimi nascono tutti dal rapporto con la città e i suoi aspetti più reali, se vogliamo crudi, persino degradati. Ma quello che conta è che la urban culture, da fenomeno carbonaro, ha infine plasmato l’ immaginario occidentale per riversarsi nell’ arte, nella pubblicità, nel modo di vestire, persino di parlare. In questo senso JamBo è la certificazione di un trionfo oramai irreversibile: se gli skater e i rapper delle origini provenivano dalle aree disagiate delle grandi metropoli americane, adesso i loro eredi vengono ospitati in immensi padiglioni attrezzati appositamente per celebrarne le gesta. E dall’ America il verbo urban ha investito il mondo intero, declinandosi in una quantità di varianti potenzialmente infinite: il parkour, la disciplina che rilegge le geografie metropolitane sotto forma di percorsi acrobatici e che al JamBo vedrà sfidarsi atleti provenienti da tutta Europa, nacque nella Francia delle banlieue e dei rapper che cantavano le tensioni della periferia parigina; il succitato Dizzee Rascal esordì come voce della Londra più buia e hardcore, quella delle radio pirata, del grime e dello UK Garage; i belgi 2ManyDjs sono, nelle parole di Bertallot, «la massima espressione, colta e creativa, dell’ arte djistica». E poi c’ è il rapper italiano Salmo, descritto dal sito di JamBo come autore di atmosfere "splatter e brutali". «Eppure - ribadisce Bertallot - intenzione di JamBo è introdurre al pubblico personaggi che testimoniano del valore di una cultura musicale vibrante e mai volgare. Ci sono nomi storici e sperimentatori underground, e più che un festival vuole essere una festa». Il primo obiettivo, tra piscine per il surf, rampe per skater e padiglioni dance, è insomma divertirsi. «Assolutamente, divertirsi sì, ma con stile».