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 2013  giugno 09 Domenica calendario

NEURO LETTERATURA

Natalie Phillips, giovane ricercatrice dell’ Università del Michigan, sta per pubblicare una serie di ricerche che potremmo definire di neuro-letteratura. Durante la lettura di passi tratti da romanzi, come Mansfield Park di Jane Austen (1814), Phillips osserva le modificazioni del cervello dei lettori utilizzando le tecniche di risonanza magnetica. Il cervello è un insieme di aree specializzate e molte di queste aree sono attive mentre leggiamo, da quelle che recuperano i significati delle parole a quelle corrispondenti alle emozioni del lettore. Natalie Phillips non è la sola a usare questa nuova tecnica che ci permette di esaminare le aree cerebrali responsabili delle più diverse attività, come leggere, far di conto, risolvere problemi, guardare figure o quadri o, più prosaicamente, avvisi pubblicitari. È una tecnologia duttile, da cui sono scaturiti campi d’ indagine come la neuro-estetica, la neuro-etica e tanti altri neuro+, tra cui la neuro-letteratura. Per capire dove si dirige l’ attenzione mentre si legge un testo o si guarda un’ immagine, tradizionalmente ci si limitava a registrare i movimenti oculari. Le tecniche di risonanza magnetica ci permettono di fare di più. Dato che conosciamo le specializzazioni delle varie zone del cervello, possiamo indirettamente misurare le variazioni dei livelli di attenzionee di coinvolgimento emotivo durante la lettura. Altre università statunitensi, come Vanderbilt e Duke, stanno allestendo centri specializzati non solo di neuro-letteratura, ma più in generale di neuro-humanities. Il principio è sempre lo stesso, sia che si legga un libro o che si guardi un quadro. Quando una determinata funzione mentale è in atto, le aree cerebrali corrispondenti sono attive. Se stiamo cercando un amico in un ambiente affollato, si attivano le aree cerebrali che presiedono all’ orientamento dell’ attenzione nello spazio (sono situate nel lobo parietale) e quelle che presiedono al riconoscimento dei volti noti (sono situate nel lobo temporale). Lo stesso potete fare con la visione d’ immagini. Semir Zeki, dell’ University College di Londra, dapprima ha studiato i correlati neurali delle caratteristiche percettive dei quadri, poi è passatoa ricerche più vicinea quelle di neuro-letteratura. Per esempio, Zeki ha mostrato 300 dipinti e ha registrato le aree cerebrali coinvolte nei giudizi di bellezza o di bruttezza. Nel numero della rivista Nation uscito il 27 maggio, Alissa Quart fa un bilancio critico di queste "avventure nelle neurohumanities" interpellando storici dell’ arte e letterati. Todd Cronan della Emory University, insieme ad altri, si lamenta della subalternità degli umanisti agli scienziati. C’ è del vero in queste critiche. Molte di queste rassegne, e Nation non fa eccezione, sono arricchite da immagini colorate che inducono a credere che gli scienziati siano davvero capaci di vedere il cervello al lavoro. In realtà i colori sono un artificio grafico. Gli scienziati si limitano a registrare le differenze segnalate dalla diversa risonanza nel campo magnetico degli atomi di idrogeno presenti nel flusso sanguigno. Conoscere queste differenze è decisivo per individuare quello giusto tra più modelli di una stessa funzione mentale. È meno utile per sapere se il passo di un romanzo provoca paura oppure no. Ve ne accorgete leggendolo. Inoltre la paura può dipendere dalla lettura di quel passo, ma anche dalle circostanze e dagli stati d’ animo del lettore. Come mai, allora, le neonate discipline del tipo neuro+, come la recente neuro-letteratura, piacciono tanto? Questa è un’ altra storia. Carlo Umiltà ed io l’ abbiamo raccontata in Neuromania (2009), un libretto che cerca di difenderci dal fascino dei neuro-riduzionismi. Va però precisato, a difesa degli scienziati, che il fascino eccessivo non è colpa loro. L’ origine è antica, e la troviamo già ben formulata da Robert Musil, nel capitolo 72 del romanzo-saggio L’ uomo senza qualità (1930). Musil si sofferma a lungo sulla «predilezione per le definizioni materiali alle quali è stato come cavato il cuore ... attribuire i moti dell’ animo alle secrezioni interne e la bellezza alla buona digestione ... trovano sempre una specie di preconcetto favorevole». Questo preconcetto serpeggia anche nella letteratura popolare. Per il celebre investigatore Nero Wolfe, creato da Rex Stout, l’ innamoramento si origina, à la Darwin, dagli «attributi delle giovani donne che costituiscono il principale appiglio della nostra specie nella sua coraggiosa lotta contro la minaccia degli insetti» ( Prisoner’ s Base, 1952). Ci sono scienziati neuromaniaci, ma sono stati filosofi e letterati a dar loro man forte, creando il gusto per le definizioni alle quali è stato come cavato il cuore. E tuttavia è troppo facile fermarsi qui, sorridere di fronte all’ ingenuità di ricerche rese possibili dalla risonanza magnetica. Lo stesso Robert Musil alludeva con ironia al preconcetto volto a ricondurre i nostri stati d’ animo alle condizioni del corpo. E Rex Stout vuol divertirci quando il suo investigatore dichiara che l’ uomo non è altro che una tra le tante specie animali in lotta. È troppo facile dileggiare i tentativi di concentrare nel cervello l’ origine di fenomeni apparentemente non riducibili ai segnali del flusso sanguigno. Finisce così che non ci accorgiamo che l’ antico sogno dei naturalisti ha preso oggi nuova forza perché questa "concentrazione" della mente nel cervello si alimenta sempre più della materializzazione della mente all’ esterno del corpo. L’ estensione della mente è resa possibile da protesi tecnologiche, smartphone e reti di computer. L’ interazione tra cervelli naturali e artificiali si deposita in miriadi di documenti, che ne sono messaggeri e testimoni. La mente umana, concentrandosi nel cervello, si frantuma in localizzazioni neurali indipendenti. E tuttavia, in parallelo, si espande nel mondo tramite le nuove protesi. La prospettiva naturalista si afferma perché permette una sempre migliore comprensione dei meccanismi interni del cervello e delle sue estensioni. Se esaminate le opere dell’ arte contemporanea non dal punto di vista dei fruitori, ma da quello dei creatori, esse vi appariranno comei prodotti di un sorprendente laboratorio, dove le immagini mentali vengono concentrate, frammentate ed estese prima di tradursi in oggetti o eventi che stupiscono lo spettatore e, poi, lo fanno pensare. Vi invito a visitare la Biennale che si è aperta questa settimana nella città da cui scrivo. © RIPRODUZIONE RISERVATA