Francesco Merlo, la Repubblica 9/6/2013, 9 giugno 2013
IL PECCATO ORIGINALE NELL’EDEN DI PACHINO
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L’Eden non era in Persia né a Damasco, ma a Pachino. E non era un giardino, ma una serra con quattro frutti proibiti. Il più buono è il “costoluto”, un duro che, aspro al contatto, si rivela poi dolce, maschio ma non macho, come Clint Eastwood: è la prova che il pomo d’Adamo è d’oro. Il “grappolo” invece è morbido ma non molle, ha il colletto scuro come un seno e va accarezzato con la mano prima di metterlo in bocca: è la tentazione di Eva. Il “tondo liscio” cambia colore e dal verde al rosso seduce con tutte le sfumature del demonio: fu la lussuria di Eva, lo scandalo al sole. Il più famoso è il “ciliegino”: rosso, piccolo e rotondo, è il delitto più sensuale. Ha la pelle di Eva e una tenera solidità della polpa misurata in brix, che a Pachino pronunziano brixy,
indiavolata variazione di sexy: fu il peccato originale.
Gli studiosi (e quasi ci sono più storici del pomodoro che pomodori) raccontano che a pummarola ‘ncoppa fu la nostra prima coca-cola, l’occidente di importazione. Ma per americani e conquistadores era velenoso (proibito, appunto), dunque solo ornamentale. Gli italiani e i francesi osarono invece addentarlo, noi perché famelici e loro perché cacciatori di afrodisiaci: a Parigi fu
pomme d’amoure da noi mala (mela) aureao pomodoro. Per gli altri è ancora il velenoso tomatl azteco. I disperati siciliani infine, con pali e plastica, eressero sulle dune sabbiose del litorale ragusano le chiese del frutto proibito: le serre. E oggi solo nei templi di Pachino il pomodoro, “putenza della pruvvidenza!”, sa di pomodoro. Difatti Neruda, per rendere sapido il suo pomodoro cileno, ha dovuto usare cipolla, olio, pepe, sale, prezzemolo, patate, arrosto, sugo … Da quelle parti «l’abbondanza senza ossa, senza corazza, senza squame né spine» non sa di niente. A Pachino è nostalgia di paradiso.