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 2013  giugno 09 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ASTENSIONISMO ED ALTRE VARIE DI POLITICA


ROMA - A due settimane dal voto per il primo turno, molti italiani tornano ai seggi per esprimere la loro preferenza nei ballottagi di 67 Comuni, tra cui 11 capoluoghi di provincia: Ancona, Avellino, Barletta, Brescia, Iglesias, Imperia, Lodi, Roma, Siena, Treviso e Viterbo. Alle urne si recheranno anche oltre un milione e mezzo di siciliani per il primo turno in 142 Comuni, con eventuale ballottaggio il 23 e il 24 giugno. Quattro i capoluoghi che sceglieranno il primo cittadino: Catania, Messina, Ragusa e Siracusa. Per tutti, le urne sono aperte oggi dalle 8 alle 22 e domani dalle 7 alle 15.
Affluenza in generale forte calo. La percentuale di affluenza alle urne alle ore 19 rilevata dal Viminale è pari al 24,6%, in calo rispetto al primo turno quando era pari al 32,6%. Nella Capitale il dato è ancora più basso, 23,49%, ma con una diminuzione inferiore rispetto al primo turno, quando alle 19 aveva votato solo il 29,79%.
Affluenza in calo anche in Sicilia. In base ai dati raccolti dall’ufficio elettorale della Regione, alle 12.30, nei quattro capoluoghi di provincia chiamati al rinnovo delle amministrazioni comunali, si registra una flessione di votanti. A Ragusa ha votato il 10,9% degli aventi diritto contro il 13,95% delle precedenti amministrative. Calo di votanti anche a Catania (12,04%, -0,03%), Messina (14,14%, -0,55%) e Siracusa (12,86%, -0,03%). Calo anche a Enna, dall’11,03% al 10,33%.
L’ufficio elettorale della Regione siciliana ancora non ha reso noto il dato definitivo alle 12,30 per la mancanza delle rilevazioni nel comune di Gravina di Catania, dove, per un errore di stampa nel cognome di uno dei candidati a sindaco, le operazioni di voto sono cominciate in ritardo. Escludendo Gravina, l’affluenza complessiva, alle 12.30, risulta dell’11,49%, ma manca il raffronto con le precedenti comunali. L’afflusso è in aumento in alcune province: a Trapani è dell’11,61% contro il 10,55%; a Caltanissetta è dell’8,05% contro il 7,47%; a Siracusa è del 12,81% contro l’11,82%.
Le sfide. Quella principale, dal valore politico più importante, rimane quella di Roma, dove Ignazio Marino (centrosinistra) sfida il sindaco uscente Gianni Alemanno (centrodestra): nel primo turno, il candidato sostenuto dal Pd ha ottenuto il 42%, dodici punti in più del suo avversario. Un vantaggio considerevole, ma come è noto al ballottaggio tutto è molto aperto perché si rimettono in circolo i voti dei candidati esclusi al primo turno. E Alfio Marchini e Marcello De Vito non hanno voluto accettare nessun apparentamento per il ballottaggio.
Ma indicazioni sul ’sentimento’ politico degli italiani arriveranno dalle urne di tutta la Penisola. A Treviso ad esempio il sindaco/sceriffo leghista Giancarlo Gentilini, già due volte primo cittadino e poi due volte vice, ha subito uno smacco al primo turno, fermandosi al 34%, contro il 43% di Giovanni Manildo, sostenuto da Pd e Sel. Se la sinistra conquistasse questa roccaforte del Carroccio, per il partito di Maroni sarebbe un colpo durissimo.
In vantaggio la sinistra in tutti i grandi Comuni, anche quelli storicamente legati a esponenti Pdl, come Imperia. A Siena, il successo del Pd è stato limitato dallo scandalo Montepaschi, ma il candidato Bruno Valentini (vincitore delle primarie) parte dal 40% del primo turno contro il 23% del centrodestra. Considerando il 10% di Rifondazione, l’elezione di Valentini non dovrebbe essere in dubbio.
Sicilia, termometro M5S. Se il voto nei ballottaggi vede Pd contro Pdl - alleati nella maggioranza di governo ma contrapposti nella corsa per i sindaci - la sfida in Sicilia è più complessa. Qui sono soprattutto il Movimento 5 Stelle, maggiore forza politica nelle ultime due tornate elettorali, e il governatore Rosario Crocetta a cercare una conferma dopo otto mesi di collaborazione a Palazzo dei Normanni.
Le sfide più importanti sono quelle di Messina e Catania. Nella città sullo Stretto, il centrosinistra compatto più l’Udc sostengono Felice Calabrò, ex capogruppo del Pd in consiglio comunale. Il centrodestra invece si è diviso su due diversi candidati. A Catania il Pd schiera un peso da novanta, l’ex sindaco Enzo Bianco, per tornare a guidare la città dopo 13 anni. A sfidarlo, il primo cittadino uscente, Raffaele Stancanelli.
Ma come detto il dato politicamente più rilevante in Sicilia arriverà dalla tenuta del movimento grillino che alle regionali di ottobre e alle politiche di febbraio era ampiamente il primo partito sull’isola. Nelle regionali in Friuli e nelle comunali di due settimane fa la flessione è stata netta e un crollo anche qui potrebbe dare nuovo impulso alle polemiche all’interno del M5S e avere ripercussioni anche sui gruppi parlamentari.

L’INTERVISTA DI RENZI
E’ pronto a mettersi di nuovo in corsa: "Epifani fissi la data del congresso", chiede in tono di sfida il sindaco Matteo Renzi da un salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio stracolmo, nell’ultimo giorno di ‘Repubblica delle Idee’, intervistato dal vicedirettore Massimo Giannini e dal capo delle pagine politiche Claudio Tito. L’hashtag, aggiunge pure Renzi citando il sistema di parole simbolo di Twitter, "è guglielmofissaladata". Niente scherzi però, avverte: "Stavolta non mi faccio fregare, prima si fanno le regole e poi dico se mi candido".

Sulla data il sindaco ha dei suggerimenti da dare: "Lo statuto dice che entro il 7 novembre devono esserci un’assemblea e un segretario nuovo. Ci sono due date possibili: una è il 3 novembre l’altra domenica 27 ottobre. Epifani deve decidere questo: noi ci si tiene liberi e poi vediamo". Quello del sindaco è però un sì condizionato, perché non tutti i segnali di ‘via libera’ si sono però accesi: "Pare che vogliono mettere Nico Stumpo a mettere le regole — dice sorridendo —spero sia una battuta, altrimenti è come proporre Dracula alla guida dell’Avis". Non si pensi dunque a cambiare alcunché adesso: "Le regole ci sono già, le abbiamo fatte l’altra volta".
Le regole e non solo. Perché tra le condizioni Renzi mette anche le alleanze: "Stavolta non faccio battaglia in solitario, io contro tutto: l’altra volta su 108 segretari provinciali solo 2 erano con noi. E alla fine fu uno contro tutti. Non voglio questo: se nel Pd monta la richiesta di cambiare davvero l’Italia allora ci rifletteremo". Della serie, me lo devono chiedere di candidarmi. E mi devono anche sostenere, se vogliono un altro Pd, manda a dire non tanto a Enrico Letta, che gli ha già assicurato il proprio appoggio, quanto agli altri capibastone.
Il sindaco non cambierebbe mai il nome al Pd: "Partito democraticvo significa per me Kennedy e Clinton». Ma non c’è dubbio che «deve essere anche la casa dei democristiani". Il Pd è forse oggi a trazione democriztiana? "Toglierei la parola ‘trazione’ perché il rischio è quello dell’immobilismo".
Cosa pensa il sindaco del governo Letta? "Se il governo fa le cose, bene. Altrimenti va a casa". E "se Letta cambia l’Italia io sto con Letta". Non è che comanda Berlusconi, non è lui che detta l’agenda? "Se il Pd si mette in moto, dà energia e stimoli, il governo non vivacchia. Prendiamo l’Imu, è evidente che su questo ha vinto Berlusconi. Il Pd però rilanci, proponga qualche altra cosa. Ma invece leggo che Epifani chiede a Berlusconi almeno due anni di vita per il governo: ma dico, non si va a chiedere per piacere 2 anni a Berlusconi. Letta è la persona più indicata, il Pd gli dia una mano".
Dell’intervista del premier a ‘Repubblica delle idee’ del giorno prima, che ha ascoltato per tutto il tempo in prima fila, Renzi si dice «molto convinto degli aspetti europei». A cominciare dal richiamo agli Stati uniti d’Europa che, ricorda Renzi, era uno dei cavalli di battaglia delle sue primarie. Meno convinto però del «modello di revisione costituzionale che il governo ha proposto”. Letta, dice il sindaco, ha spiegato il perché della comissione dei 40 dicendo che il Senato dovrebbe votare per la propria cancellazione: «Ma vedo fortissimo il rischio di una commissionite. C’è bisogno di una commissione per capire che ci vuole una riforma elettorale?» Ma non è solo questo.
"Io sono amico personale di Letta e lo stimo molto. E’ proprio bravo. Poi, poveretto, deve governare con Brunetta e Schifani. Io non sarei capace come lui...non credo ne sarei capace".
Cosa farebbe il sindaco se fosse senatore, voterebbe o no l’ineleggibilità di Berlusconi? "Assolutamente no, perché allora dovevamo farlo subito. Non è che dopo 19 anni che ti batte ti inventi il giochino per tenerlo fuori dal parlamento", dice il sindaco. Che rilancia: "Noi vinceremo quando vinceremo le elezioni, non quando squalifichiamo gli altri". Renzi si è però detto contrario anche alla nomina di Berlusconi a senatore a vita: "Sarebbe incomprensibile, il senatore a vita è colui che tiene il Paese più unito". Nelle battute finali Renzi torna a mettere nel mirino il sindacato: "C’è una parte di sindacato che deve essere cambiata, per difendere l’uguaglianza ci vuole un Paese libero e aperto. E va cambiata quella parte di sindacato più orientata ad ascoltare il privilegio di pochi che le esigenze di tutti». Infine la sinistra di Ingroia: "Va in Guatemala, torna, si candida, prende lo zero virgola, poi va ad Aosta e si mette in ferie. Questo rischia di essere uno spot a favore di Berlusconi".