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 2013  giugno 07 Venerdì calendario

DIVORZI, RIVOLUZIONE DI COPPIA ORA GLI ALIMENTI LI SBORSA LEI

Non ci sono più le mezze stagioni. E non c’è più nemmeno il dogma se­condo cui - in caso di divorzio ­a passare gli alimenti debba es­sere per forza il marito. Una consuetudine mai contemplata nel codice, ma tradizionalmente conculcata nella testa dei giudi­ci chiamati a dirimere le cause di separazione. Da qualche an­no a questa parte invece, anche alla luce di una società dove il rapporto uomo-donna è pro­fondamente mutato, sono sempre di più le mogli chiamate a versare gli alimenti. I dati dispo­nibili più recenti si fermano al biennio 2007-2008 quando il Centro studi Ami (Associazio­ne matrimonialisti italiani) sti­mò in 3,6 (nel 2005 era appena l’1,8) la percentuale delle sen­tenze con cui si è stabilito che «a provvedere agli alimenti sia la moglie»: numeri che, con ogni probabilità, negli ultimi 5 anni si saranno ulteriormente rad­doppiati. Un’escalation diffici­le da ipotizzare appena qual­che decennio addietro, quan­do - in caso di rottura del matri­monio - a far fronte in maniera sostanziale ai bisogni economi­ci del coniuge e dei figli era esclusivamente il marito; e ciò anche quando il soggetto «ric­co» all’interno della coppia era la moglie. Un evidente squili­brio interpretativo che però pa­gava lo scotto di una società in cui un uomo che si facesse «mantenere» da una donna rap­presentava una realtà (cultura­le ancor prima che giurispru­denziale) inaccettabile. Oggi, per fortuna, le cose sono cam­biate e viviamo un’evoluzione giuridico-sociale da salutare con favore. Se non fosse che al­cune donne (una minoranza, per carità) hanno subito mutua­to dagli uomini (una minoran­za, per carità) il deprecabile vi­zio di «dimenticare» di pagare gli alimenti statuiti dal giudice.
La cronaca di questi giorni ci propone due casi-fotocopia: donne che - colpevoli della suddetta «dimenticanza» - sono fi­nite dritte in carcere, una a Mila­no e l’altra ad Ancona. I loro av­vocati, ovviamente, se ne dolgo­no, accampando per le protago­niste delle tristi storie non una ma mille giustificazioni. Alcu­ne di esse saranno di sicuro fon­date, ma resta il dato di fondo: gli alimenti vanno pagare sem­pre e comunque; chi non lo fa commette un grave reato ed è giusto che se ne assuma i rischi, compreso quello di finire in car­cere. Ciò vale per gli uomini (molti dei quali hanno subito ta­le sorte), ma è giusto che valga pure per le donne. Stessi diritti, stessi doveri. È una questione di civiltà e rispetto (rispetto per la legge e rispetto per i senti­menti). La vera parità dei sessi passa anche attraverso questi provvedimenti. Tutto il resto è demagogia da quote rosa. Ma a quale identikit antropologico ri­spondono queste nuove mo­glie forti di carattere e di conto in banca? Hanno dai quaranta ai cinquant’anni e vivono perlo­più nel Nordest, ma non solo. C’è la manager, c’è l’industria­le, c’è l’ereditiera, c’è la libera professionista: tutte molto simi­le allo stereotipo della donna «con le palle». «Il 60% delle don­ne che mantengono l’ex coniu­ge esercitano una libera professione, il 25% sono imprenditri­ci e il 15% svolgono un’attività comunque ben remunerata ­ha di recente spiegato al Corrie­re della Sera l’avvocato romano Gian Ettore Gassani, presiden­te nazionale dell’Associazione dei matrimonialisti italiani - . Quasi quattro su dieci, il 38%, sono più anziane dei mariti. E que­sto è interessante, ci spiega per­ché poi siano loro a dover versa­re gli alimenti o l’ una tantum quando si di­vorzia. Negli ultimi anni le donne hanno sposato uomi­ni più giovani e quindi an­che meno in­seriti sul pia­no professionale. È facile che poi siano loro a dover so­sten­ere econo­micamente i mariti». Ma l’avvoca­to Giuseppe Caccetta (che difende la donna finita in carcere a Milano per non aver pagato gli alimenti al marito) mette in guardia: «Può accadere - come nel caso della mia cliente - che le accuse siano totalmente infondate. E che si resti vittima di un meccanismo infernale. Attenzione, può capitare a tutti...». E per trovarne ri­prova basta sfogliare i giornali.

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IL MATRIMONIALISTA: «PER LA LEGGE CHI E’ PIU’ RICCO PAGA» -
Gentile avvocato, sono separato da alcuni anni e il giudice ha stabilito che sia mia moglie a dover versare gli ali­menti. Tuttavia lei non rispetta tale ob­bligo. Che posso fare?
Ecco la risposta che l’avvocato matri­monialista Sara Severini ha dato nella sua rubrica su affaritaliani.it.
«Innanzitutto occorre dire che “chi è più ricco paga”! La legge infatti, non par­la di mogli o mariti obbligati al versamento del mantenimento, ma soltanto di soggetto economicamente più forte. La sentenza di separazione (nell’ ipote­si di separazione giudiziale) o, il decre­to del Tribunale che omologa le condi­zioni di separazione concordate dai co­niugi (nell’ ipotesi di separazione consensuale), costituiscono titolo esecuti­vo sulla base del quale è possibile agire per il recupero coattivo del credito, os­sia il coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento (i cosiddetti alimen­ti) può iniziare subito una procedura esecutiva nei confronti del coniuge ob­blig­ato per costringere lo stesso a corri­spondere la somma di denaro stabilita dal Tribunale, ad esempio pignorando i conti correnti, il suo stipendio, la sua pensione o iscrivendo ipoteca sugli im­mobili del coniuge obbligato».