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 2013  giugno 07 Venerdì calendario

GLI UBRIACHI BRINDANO ETILOMETRO NULLO SE NON C’E’ L’AVVOCATO

Guidava, dice il giudice, con «occhi lucidi ed ali­to vinoso». Ubriaco fra­dicio, diremmo noi poco pratici di tribunali e molto più di om­bre, spritz e mezzi litri. L’etilome­tro aveva preso paura. Le forze dell’ordine avevano assunto i provvedimenti del caso. Ma il ventenne automobilista sbron­zo marcio aveva un asso nella manica: la giustizia italiana. Puzzava, sguardo stralunato, non si reggeva in piedi, in auto zigzagava, eppure è stato assol­to «perché il fatto non sussiste». Tutto può accadere nella patria del diritto, perfino trovare un azzeccagarbugli che nega l’evidenza. Altro che beone, quell’ir­reprensibile adoratore del dio Bacco era uno che tornava dalle terme dove aveva fatto la cura dell’acqua. Qual è dunque il cavillo per il quale l’ubriaco diventa sobrio, come una rana si trasforma in principe? Un fatto semplice, una sbadataggine, una dimenti­canza che fa la differenza: i poli­ziotti dovevano informare il gio­vane ciucco che egli aveva il di­ritto di chiamare un avvocato. Come negli Stati Uniti, quando prima ti sparano, ti ammazzano di botte, ti conciano per le feste, e poi, mentre ti ammanettano mezzo svenuto, i ghisa d’oltreo­ceano devono avvertirti: «Hai il diritto di stare in silenzio perché quello che dici può essere usato contro di te».
Da noi, anche se sei in «eviden­te stato di alterazione», non capi­sci nulla di quanto ti dicono, non riesci a estrarre il telefonino di tasca e manco ti ricordi il tuo, di nome, altro che quello dell’av­vocato, hai il diritto-dovere di chiamarlo. Senza un legale ar­mato di codici e pandette non puoi essere sottoposto al test al­colico. Sei sano come un pesce, che non a caso vive d’acqua.
Così ha stabilito il gup di Mila­no Donatella Banci Buonamici: non si può essere sottoposti all’alcoltest senza che le forze del­l’ordine «preventivamente» av­vertano della «facoltà di farsi as­sistere da un difensore di fidu­cia». Altrimenti «l’accertamen­to» del tasso alcolico è nullo e non vale come prova nel proces­so. Le motivazioni della sentenza sono limpide. Scrive il giudi­ce: «L’accertamento mediante etilometro dello stato di ebbrez­za», ai sensi del decreto legislati­vo 285/1992, «è da considerarsi accertamento tecnico irripetibi­le stante l’alterabilità, modifica­bilità e tendenza alla dispersio­ne degli elementi di fatto che so­no oggetto dell’analisi». Fin qui capiscono tutti, spugne e aste­mi: il test va fatto subito.
Il fatto è che la procedura (av­vertire il guidatore avvinazzato che deve chiamare un legale) va seguita anche quando non ce ne sarebbe bisogno perché la sbornia è palese. Quel ventenne milanese bastava guardarlo in faccia: «occhi lucidi», scrive il gup, e«alito vinoso». Al test alco­lemico è risultato positivo. Tut­to inutile: se l’automobilista non viene messo al corrente del diritto alla difesa, l’etilometro impazzito diventa una prova senza valore. Resta soltanto «il verbale degli operanti», cioè de­gli agenti che, come appunto nei film americani, si siedono ai fast food e si fanno portare non un bourbon ma una Coca per­ché loro sono «in servizio». E il verbale è carta da macero: «Ele­menti certamente sintomatici ­scrive il gup - di uno stato di alte­razione, ma che, stante la loro genericità» portano a una asso­luzione «perché il fatto non sus­siste». Un brindisi per il gup Ban­ci Buonamici.
Ovviamente esultano i legali, vittoriosi per la loro assenza nel fatidico momento della sbronza: «Finalmente anche il Tribu­nale di Milano con questa fonda­mentale sentenza ha messo un argine all’uso indiscriminato dell’etilometro da parte degli agenti ai fini della prova del rea­to di guida in stato di ebbrezza», hanno commentato gli avvocati Stefano Gallandt e Roberto Enri­co Paolini. E che cosa avrebbero potuto fare i legali? Controllare che gli agenti non prendessero fischi per fiaschi. Di Chianti, naturalmente.