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 2013  giugno 07 Venerdì calendario

LA CITTA’ A ENERGIA SOLARE

Sembra un miraggio, invece è realtà. Sulla sabbia di uno dei deserti più ricchi di petrolio della terra sta sorgendo la prima città al mondo a emissioni zero. Masdar, che in arabo vuol dire sorgente, è fino ad ora l’unico nucleo urbano a inquinamento zero, privo di rifiuti, dotato di tecnologie per sfruttare l’energia termica solare e per la depurazione delle acque. Il primo esempio di città completamente sostenibile sorge a 17 km da Abu Dhabi e deve la sua nascita alla generosità di sheikh Mohammed Bin Zayed Al-Nayan, l’emiro di Abu Dhabi che nel 2006 ha deciso di investire più di 17 miliardi di euro per vedere realizzato il suo sogno ecologista.
Se aziende come Rolls-Royce e Mitsubishi hanno partecipato al progetto, richiamando a sé il mondo della Silicon Valley, architetti come Foster & Partners hanno progettato la struttura di questa città pilota. «Sin dall’inizio abbiamo chiesto che Masdar rispettasse lo stile architettonico che caratterizza le città arabe. Un labirinto di vicoli, case basse che fanno ombra sulle strade e costruzioni in grado di far passare quella leggera brezza che si crea nel mezzo del deserto», spiega Steve Severance, californiano a capo della programmazione e della logistica della città.
MEDINA ARABA
E così è. Frutto di un progetto tecnologico all’avanguardia, Masdar conserva importanti elementi della medina araba. Prima fra tutte la torre del vento, una struttura che cattura l’aria dall’alto, dov’è più veloce e più fredda, e la conduce all’interno degli edifici o delle piazze sulle quali queste si affacciano attraverso condotti verticali in grado di espellere l’aria calda.
Per raffreddare quelle zone che non sono raggiunte dalla fievole brezza del deserto che esce dalla torre, i tecnici di Masdar hanno deciso di sfruttare l’energia solare che di certo qui non manca. «Il raffreddamento dell’aria utilizza sistemi di condensazione che sfruttano direttamente l’energia solare, invece di un comune compressore», spiega Simon Braeuniger, fisico tedesco che lavora a Masdar. Impianti fotovoltaici ed eolici provvedono poi al fabbisogno energetico di tutte le strutture della città. Anche la spazzatura, trattata, viene utilizzata per produrre energia preziosa che serve ad alimentare anche i mezzi di trasporto urbani.
Oltre al labirinto di stradine dove circolano piccole vetture totalmente elettriche, una flotta di automobili prive di guidatore collegano una parte della città all’altra. Quando questo sistema sarà terminato circa 1500 micrometropolitane ad uso semi-individuale permetteranno di raggiungere non solo qualsiasi punto della città, ma anche Abu Dhabi e il suo aeroporto. I viaggiatori dovranno fare poco o niente. Salire sulla vettura, selezionare la destinazione che vogliono raggiungere, sedersi e godersi il tragitto.
NIENTE BENZINA
Nessuna traccia di benzina. Poco importa che Abu Dhabi produca l’8% del petrolio mondiale e che la compagnia petrolifera nazionale sia tra le dieci più grandi del mondo. Nel peggiore dei casi, le riserve di idrocarburi degli Emirati dureranno almeno altri cent’anni, eppure l’emiro vuole estendere la sua leadership energetica nelle tecnologie del futuro. È per questo che si sta concentrando sull’energia rinnovabile, intraprendendo un programma di trasformazione energetica che dovrebbe concludersi nel 2030. Il progetto, messo nero su bianco nella Abu Dhabi Economic vision 2030, mira a sostituire la politica energetica che si basa su una unica fonte - il petrolio - con un sistema basato su conoscenza, innovazione ed importazione di tecnologie all’avanguardia in grado di condurre a una differenziazione di fonti. Tra gli obiettivi principali vi è quello di ridurre la quota petrolifera dell’energia almeno del 40%.
I PRIMI EDIFICI
Masdar sarà una città di sei km quadrati con 40mila abitanti. Oggi però serve un grande sforzo di fantasia per immaginarla così. Oltre a un paio di bar, una banca, un supermercato e un’agenzia di viaggio è tutto ancora da costruire. A viverci per ora sono solo gli studenti del Masdar Institute, un campus che ospita scienziati, fisici e ingegneri di tutto il mondo. Grazie alla cooperazione del Massachusetts Institute of Tecnology, MIT, di Boston, questa università vuole diventare un’istituzione leader negli studi sull’energia rinnovabile. Attratti da generosissimi stipendi, professori di tutto il mondo decidono di venire a insegnare qui ai più di trecentocinquanta studenti di master e dottorato che frequentano le settantasei facoltà presenti.
Anche se nelle nuove classi circa il 40% degli studenti proviene dagli Emirati, la maggioranza continua ad arrivare da altre parti del mondo. «Siamo nel mezzo del deserto, ma qui possiamo utilizzare macchinari di ultima generazione che in Italia non possiamo neanche sfiorare» dice Carlo Maragliano, un ingegnere romano che dallo scorso agosto sta svolgendo qui il suo dottorato. «L’emiro sta utilizzando in modo intelligente tutti i soldi che guadagna con il petrolio. Ha deciso di investirli anche in progetti che richiedono un cambio di marcia e una nuova politica energetica» dice invece Carlo Alberto Amedei, un modenese che ha preferito venire a fare qui il suo dottorato.