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 2013  giugno 07 Venerdì calendario

ANIMALI SE UNA MACCHINA CI TRADUCE IL LINGUAGGIO DEI CANI E DEI GATTI

NEW YORK
Che gli animali abbiano molti modi di comunicare tra loro è risaputo. Lo fanno con gli atteggiamenti, con l’olfatto, con il suono, con segnali acustici oppure visivi. Sia che vivano da soli, sia in gruppi organizzati, si scambiano informazioni, necessarie per la loro stessa sopravvivenza, che vanno dalla difesa del territorio a quella dai predatori, dalla ricerca di un compagno per la riproduzione all’allevamento dei piccoli. L’uomo ha studiato il linguaggio animale, chi ha un cane o un gatto prova a “parlare” con loro, qualche studioso ci riesce. E c’è anche chi costruisce speciali apparecchi per comunicare con gli animali domestici.
Uno di questi è Con Slobodchikoff, professore emerito di scienze biologiche alla Northern Arizona University, che per trent’anni ha dedicato la sua vita al linguaggio animale tanto da fondare (nel 1993) la “Animal Communications”, una società – di cui è presidente e amministratore delegato – che si occupa solo di questo.
Specializzato nello studio di cani e gatti (ha insegnato all’università corsi di “dog training”) negli ultimi tempi ha focalizzato i suoi studi su un animale in particolare: il “prairie dog”, che a dispetto del nome non è un cane delle praterie ma un roditore (una specie di marmotta) molto diffuso tra Stati Uniti, Canada e Messico.
«Tra loro usano il più sofisticato linguaggio animale mai codificato», ha raccontato il professor Slobodchikoff al magazine The Atlantic, «hanno fonemi simili alle parole, li combinano tra loro, usano quello che potremmo definire un chiacchiericcio sociale». Grazie a tutto ciò i cani della prateria riescono a distinguere i diversi predatori che arrivano nelle vicinanze delle loro tane (coyote, cani o anche esseri umani) e sembrano aver sviluppato degli “allarmi” con cui riescono a definire non solo la specie del predatore, ma anche la grandezza e il colore. Che Slobodchikoff ha dimostrato (c’è anche un video) grazie alla tecnologia moderna e all’uso di elaborate analisi statistiche.
«Personalmente penso che balene, delfini e scimmie abbiano un linguaggio molto sofisticato, ma ancora non abbiamo trovato il modo di codificarlo. Con i cani della prateria è stato invece possibile. Mi ci sono imbattuto quasi per caso, studiando il loro sistema sociale, sistema molto complesso. Usano “chiamate d’allarme” quando vedono un predatore, e queste sono state per me una sorta di Stele di Rosetta, nel senso che potrei decodificare quali informazioni sono contenute in questi allarmi».
Al contrario di balene e delfini, che vivendo in acqua usano un linguaggio molto difficile da intercettare, o dalle scimmie che cambiano troppo spesso luogo, i cani della prateria vivono in colonie che non si muovono e “giorno dopo giorno possono essere studiati”. Il professore racconta come stiano in vere e proprie città, con circa cento abitanti l’una, come vengano identificati e classificati (uno ad uno), nutriti con semi di girasole (“ne sono ghiotti”), come ogni suono da loro emesso, ogni comportamento venga registrato e studiato. «Un mio collega che insegna “computer science” ed io usiamo tecniche di intelligenza artificiale, per creare un archivio di tutte le “chiamate” che fanno, che poi vengono elaborate dal computer e ci vengono restituite in lingua inglese. Possiamo capire il loro linguaggio e anche dire noi qualcosa a loro, sempre attraverso una rielaborazione del computer».
Il vero sogno del professor Slobodchikoff è quello di creare, grazie alla sofisticata tecnologia dei giorni nostri, degli apparecchi sempre più perfezionati, che permettano di arrivare a conoscere anche il linguaggio degli animali domestici. «Abbiamo la tecnologia per costruire apparecchi grandi come un telefono cellulare, nel giro di una decina di anni penso che saremo in grado di “parlare” veramente con i nostri cani e i nostri gatti».