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 2013  giugno 07 Venerdì calendario

DUE MESI DI BLACK OUT I MISTERI DI UNA SPARIZIONE NEL CUORE DELLA GUERRA

QUELLA voce lontana, quella telefonata della gioia e del sollievo, sembra provenisse dalla zona di Qusayr. È l’unico dettaglio che filtra da chi ha seguito le trattative: Domenico Quirico è poco lontano dalla cittadina appena riconquistata dopo combattimenti durissimi dai soldati governativi, grazie al sostegno dei miliziani libanesi di Hezbollah. Un angolo del pianeta caldissimo, forse il più pericoloso del mondo. Sarà la prima domanda che gli amici faranno a Domenico, quando potranno riabbracciarlo: perché ha scelto quella zona, entrando in Siria dal confine libanese, forse dal valico di Aarsal-Yabrud, e affrontando la strada più rischiosa del mondo, quella che collega Homs a Damasco, e non la strada del confine turco, nella zona di Aleppo, la più frequentata dalla stampa di mezzo mondo? Lui sorriderà, lasciando cadere la questione, riservato come sempre sulle sue scelte di mestiere.
In questi due mesi di incubo, chi vuol bene a Domenico si è aggrappato con le unghie e con i denti a un filo di speranza, passando agli amici l’unica notizia a cui il filo si poteva legare. Era la storia di quella troupe della britannica Bbc che nella stessa zona era stata sequestrata da un gruppo non identificato, probabilmente semplici banditi, e che era riuscita a scappare. Dopo la fuga, i colleghi della tv inglese avevano raccontato: i nostri rapitori ci hanno avvertito che le nostre famiglie non avrebbero avuto notizie per tre mesi. Un sequestro a scopo di estorsione, insomma. E viene pure da aggiungere: grazie a Dio.
Un rapimento per ottenere un riscatto: era l’ipotesi in cui si confidava, sapendo che negli scenari di guerra un giornalista è per molti solo una valigia di dollari ambulante. E chi ne rapisce uno per soldi, non ha nessun motivo di fargli male. Certo, bisognava scacciare dalla mente l’idea che l’inviato della Stampa potesse essere finito dove non doveva essere, nel momento sbagliato: sotto un bombardamento, o magari in mezzo a uno scontro pesante, o persino davanti a qualcosa che i combattenti volevano tenere nascosto, oppure, chissà… Paradossalmente, il passare del tempo alimentava l’ottimismo: le autorità di Damasco e lo stesso presidente Bashar al Assad in persona, nell’intervista al giornale argentino Clarin, avevano garantito di non avere notizie di occidentali entrati senza il visto. E al ministero degli Esteri chiarivano: se avessero scoperto il corpo di uno straniero, ci avrebbero comunque avvertito.
Insomma, toccherà a Domenico spiegare il perché dei due mesi di prigionia, chiarire chi lo tratteneva, e perché. Racconterà se era finito in mano agli uomini di Hezbollah, che peraltro erano stati contattati subito, per via ufficiali e meno ufficiali, dagli emissari della Farnesina. Anche se qualche paese li inserisce ancora nella lista delle organizzazioni terroristiche, gli sciiti del “partito di Dio”, presenti nel Parlamento e persino nel governo libanese, sono una realtà istituzionale consolidata. Ragionevolmente, avrebbero comunicato subito di avere in mano un reporter europeo. Ma stiamo parlando del Medio Oriente, un luogo dove le doppie e triple verità e gli incroci di interessi impongono la massima prudenza anche nell’applicare la logica.
Nella zona è presente anche il gruppo della Global Jihad, radicato nella parte del Golan non occupata da Israele: sono i qaedisti arrivati in Siria al richiamo di Ayman Al Zawahiri, che anche nei giorni scorsi ha fatto appello ai mujaheddin da tutto il mondo islamico per cercare la spallata all’odiato regime alauita (dunque sciita) di Assad. E l’idea di un occidentale nelle mani dei jihadisti non è mai apparsa incoraggiante. Però secondo chi segue le vicende siriane, un gruppo islamico strutturato e disciplinato come il fronte Al Nusra, che nei mesi scorsi ha rapito e poi liberato i quattro della trasmissione Rai La Storia siamo noi, è comunque meglio di una banda improvvisata di tagliagole decisi a tutto, che non offre nessuna garanzia sulla sorte dell’ostaggio. Ma il tempo per il racconto dei dettagli sul sequestro arriverà: ora è il momento di incrociare le dita concedendosi solo un primo, profondo, respiro di sollievo.