Giacomo Amadori, Panorama 6/6/2013, 6 giugno 2013
L’INCREDIBILE STORIA DELL’HACHER DI DIO
Nella linda clinica vaticana, un infermiere si lamenta perché il computer del figlio non funziona. Il paziente a cui porge la medicina lo guarda vispo e propone: «Portamelo e gli do un’occhiata». Il paramedico non sospetta che quel trentaquattrenne sia uno dei tecnici informatici più abili d’Italia. Lo capisce venerdì 17 maggio, quando, all’alba, entrano in corsia le divise della polizia postale: hanno in mano un mandato di arresto di 100 pagine con accuse pesantissime, compresa l’associazione per delinquere. Nell’ordinanza si legge: «Gianluca Preite, alias Phate_Lucas, elemento di spicco del gruppo Anonymous, dotato di elevate capacità tecniche, si dedica con successo alla realizzazione di attacchi informatici» contro numerosi siti istituzionali. Secondo gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo, è il capitano di una ciurma di bucanieri del web capace di affondare qualsiasi sistema digitale e poi, magari, di chiedere soldi per tappare le falle. Una Tortuga della rete che gli investigatori hanno violato a colpi di «Rum», questo il nickname del poliziotto infiltrato tra i giovani pirati.
Nella biografia di Preite c’è però molto altro. Attualmente ha due società di consulenza contro i crimini informatici, una in Puglia, dove è nato, e l’altra in Israele. Tra i clienti famosi anche Emilio Fede. Il suo socio David Guido Pietroni, manager di Vittorio Sgarbi, chiosa: «Gianluca non lavora per lucro. Il suo sogno è fare lo 007, come conferma il curriculum». A partire dal 2005, dopo gli studi negli Stati Uniti (era a New York l’11 settembre 2001), ha iniziato a collaborare, grazie a un alto ufficiale della Guardia di finanza, con il Sismi, il nostro servizio segreto militare poi sostituito dall’Aise. Nel suo memoriale difensivo, scritto a mano e lungo 12 pagine, l’hacker elenca pure i suoi presunti rapporti di lavoro con la polizia postale e in particolare con due funzionari: T.P. e G.L.
Gli investigatori danno una lettura diversa dei fatti e sottolineano che, dopo l’arresto di alcuni esponenti di Anonymous, Preite nel luglio 2011 aveva bussato alla porta degli specialisti del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Cnaipic), «offrendosi di fornire informazioni utili sulle attività delittuose» di Anonymous. Per i poliziotti, però, faceva il doppio gioco: «Risultava attendibile quando riferiva in merito agli attacchi effettuati dagli altri membri del gruppo», mentre quando parlava di sé offriva «ricostruzioni dei fatti parziali o completamente false».
Se per gli inquirenti Phate_Lucas è un mariuolo, per il suo avvocato, Carlo Taormina, «è vittima dell’irresponsabilità delle istituzioni con le quali ha collaborato»: «Prima lo hanno usato e poi scaricato» dichiara, citando la breve e travagliata esperienza del tecnico informatico al Sismi. Un periodo in cui denunciò, finendo sotto processo per calunnia, i loschi affari di un presunto gruppo di 007 infedeli. Li accusò persino di aver ordito l’uccisione dell’incorruttibile collega Nicola Calipari. Quindi il legale offre una testimonianza diretta sui rapporti fra l’hacker e la polizia: «Sono stato io stesso a segnalarlo ai vertici dell’Anticrimine. Da allora, se doppio gioco c’è stato, è avvenuto su incarico della polizia postale e ai danni di Anonymous». Nel suo letto d’ospedale, dove dal 2008 trascorre molti mesi dell’anno, Gianluca non sembra scosso dalle vicissitudini giudiziarie, né dai dolori lancinanti che gli procura l’addome, e allieta i compagni di reparto con test di intelligenza e barzellette. È la sua natura, dicono gli amici. Un’inclinazione che ben conosce chi lo ha incrociato nella sua esistenza precedente. Quando il pirata informatico più temuto d’Italia era un giovane seminarista. La storia a questo punto decolla e il personaggio di Phate_Lucas sembra pensato da Quentin Tarantino. «Mi sono innamorato di Dio suonando l’organo in chiesa» ha confidato a Panorama prima dell’arresto. Le dita a martelletto sono il retaggio della passione per la musica e non di quella, pur precoce, per i computer.
La sua è una tipica famiglia del Sud, unita e timorata di Dio. Per loro la messa e il coro parrocchiale sono un appuntamento fisso. Preite, con quel cognome e il compleanno all’Immacolata, giornata del seminarista, era un predestinato. Nel 1991, a 12 anni, entra nel collegio ecclesiastico. Papà Luigi, il macellaio del paese, ricorda così quella scelta: «Decise da solo. Mia moglie Maria all’inizio era scettica, ma io le dissi: lasciamolo andare, se il Signore lo chiama». Al liceo classico si diploma con il massimo dei voti e la sua piccola comunità lo coccola come una star; l’8 dicembre di ogni anno dal pulpito tiene l’omelia. La vocazione da James Bond è ancora lontanissima. «Un giorno ospitiamo a pranzo il parroco e il segretario del vescovo» rammenta ancora Luigi Preite. «E dicono: Gianluca merita di andare a Roma». Alla Pontificia università lateranense. In casa è festa. E anche se oggi è difficile figurarsi Phate_Lucas con il breviario e il collarino ecclesiastico, i primi mesi nella capitale di questo ragazzo di campagna sono da allievo modello. «La sveglia era intorno alle 5.30, per le laudi mattutine, poi le lezioni; al pomeriggio lo studio solitario nella mia stanza». Senza l’inseparabile pc. «Quelli erano negli spazi comuni. Dove, essendo il più esperto, mi occupavo della manutenzione e del collegamento alla rete».
Il tecnico informatico regala un aneddoto di quel periodo. Autunno1999, seminario di metafisica: entra il docente con un cappellino di stoffa nera appoggiato sulle ventitré. Disegna una mela alla lavagna, quindi domanda: «Che cosa è questa?». Preite, in prima fila come sempre, alza la mano ed esclama: «Una mela!». «Bene, allora mangiala» è la risposta con chiaro accento tedesco del professore. «Questo è il disegno di una mela». Preite domanda al cronista: «Sa chi era quel docente? Il futuro Papa Joseph Ratzinger».
Qualche mese più tardi, nel maggio del 2000, Telepace trasmette un rosario meditato di Giovanni Paolo II; a fianco c’è Gianluca con la chitarra. Il ragazzo, però, non è più lo stesso, ha perso la vocazione: «Il tentativo del corso di teologia di giustificare la fede con la ragione mi aveva confuso». Così domenica 21 maggio a casa Preite arriva una telefonata che stravolgerà la vita di tutti i familiari. «Mio figlio mi ha solo detto: papà, ho lasciato il seminario, sono a casa di un’amica».
Inizia allora la seconda vita del futuro hacker. Che prima di lasciare il Vaticano viene ricevuto dal Papa. Questa è la cronaca dell’episodio, secondo il giovane. Il santo padre, con atteggiamento comprensivo, lo interroga sui motivi dell’addio. Gianluca inizia a balbettare. Karol Wojtyla lo squadra e senza consentirgli di replicare annuncia: «Sai che cosa facciamo? Ti confesso». Il giovane si sente più libero di aprirsi, ammette l’indebolimento della fede e l’amore appena sbocciato per una ragazza del suo paese. Il Papa lo interrompe e gli domanda: «Da quando amare è un peccato?». Quindi lo congeda con un insegnamento: «Si può fare del bene anche senza essere preti». I rapporti con il Vaticano non si sarebbero, tuttavia, interrotti quel giorno. Il tecnico informatico assicura che in anni recenti, ai tempi di Vatileaks e degli attacchi al sito della Santa sede da parte di Anonymous, la gendarmeria vaticana avrebbe chiesto il suo aiuto. E lui avrebbe accettato. Le guardie svizzere probabilmente non avevano riconosciuto Phate_Lucas l’1 marzo 2012, quando, nascosto da una maschera, aveva concesso un’intervista alle Iene. «C’è qualcuno che da domani dovrebbe iniziare a preoccuparsi di voi di Anonymous?» gli avevano domandato: «Sì, l’intera classe politica italiana e il Vaticano». Perché la Chiesa? «Lo scoprirete» aveva concluso. I telespettatori non potevano immaginare che a lanciare quella minaccia fosse un ex seminarista. Un hacker di Dio.
Oggi oltretevere liquidano l’ex seminarista come «un personaggio pericoloso, che ha messo in difficoltà la famiglia». In effetti, a causa delle sue vicissitudini giudiziarie, i genitori hanno dovuto vendere la casa avita. Per chi lo difende questa è la prova che Gianluca è un idealista e che non ha mai usato il suo lavoro sper arricchirsi. Anche se avrebbe potuto. Il padre in clinica lo riabbraccia: «Noi della sua seconda vita sappia amo ben poco, ma ci fidiamo di lui. E, anche se ha abbandonato la tonaca, siamo comunque orgogliosi del nostro ragazzo».