Fabrizio Roncone, Style 30/5/2013, 30 maggio 2013
«PD E PDL SEMPRE AVVERSARI, MA ORA CON UN DOVERE: O STARE INSIEME O TRAVOLTI»
L’uomo che l’estate semina il panico nelle stradine di campagna della bellissima Locorotondo (Ba) a bordo di un’Ape-calessino (una Vespa con il rimorchio) è il professor Gaetano Quagliariello. Cinquantatre anni, sposato, due figlie, tifoso del Napoli, è uno dei politici italiani di maggior equilibrio nei ranghi del Pdl, considerato per questo una «colomba» e ora, non casualmente, ministro per le Riforme.
Ministro Quagliariello, quanto può durare questo governo?
Un grande storico come Gaetano Salvemini diceva che l’unità di un Paese è una scommessa che si rinnova ogni giorno. Ecco, io credo che per quanto riguarda la tenuta di questo esecutivo valga lo stesso ragionamento. E comunque, sa, non è detto che ciò che nasce con oggettiva debolezza, poi debba restare debole nel tempo. In ogni caso, a tutti dev’essere chiaro un concetto: e cioè che questo governo per il Paese è il meglio che si potesse pensare di portare a Palazzo Chigi, tenuto conto dei risultati dell’ultima tornata elettorale.
Dovete affrontare una serie di emergenze, ma poiché una buona convivenza tra Pd e Pdl non è scontata, il cammino rischia d’essere assai accidentato.
Premesso che è dal maggio del 1947 che destra sinistra non stanno insieme in una coalizione governativa, e questo la dice lunga su quanto eccezionale sia il momento che stiamo vivendo, io penso che noi dovremmo concentrarci essenzialmente sulle urgenze del Paese. Io vedo tre grandi capitoli. Primo: il rapporto tra Italia e Unione Europea. Il cuore della crisi è l’Europa, ed è lì che determinano certe scelte economiche: perciò credo che, se su tali scelte noi vogliamo incidere e dire la nostra, è chiaro che dobbiamo prima di tutto guadagnarci rispetto e credibilità...
E gli altri due punti?
Secondo: dobbiamo creare occupazione, dare speranza ai giovani, invertire una tragica tendenza. Terzo: occorre riformare lo Stato. Sono 30 anni che se ne parla, ma adesso è arrivato il momento di intervenire senza indugi. Vede, in passato fare un riforma o non farla poteva convenire un po’ più uno schieramento politico e un po’ meno a un altro. Oggi, invece, la scena è cambiata, e penso che questo dovrebbe ormai appartenere alla consapevolezza di tutti: perciò o le riforme le facciamo subito o a essere travolta sarà l’intera classe politica.
Il suo ragionamento, ministro, è ineccepibile: ma sembra non tener conto che...
Lo so cosa sta per dirmi... Ma la anticipo. Il Consiglio dei ministri è composto da sensibilità politiche diverse e, in qualche caso, anche assai distanti. Ma una cosa non possiamo permetterci di fare, in questi complicatissimo momento: battaglie intragovernative. A Palazzo Chigi abbiamo non solo il compito quanto piuttosto il dovere di essere e rimanere compatti. Anche perché, com’è evidente, questo governo ha pure un buon numero di nemici esterni.
Nemici esterni? Può essere più chiaro?
Diciamo che ci sono gli antagonisti dichiarati penso a quelle forze politiche che questo esecutivo non l’hanno votato e che quindi, legittimamente, svolgono funzione di opposizione naturale e utile, ma ci sono anche forze diffuse, che non vogliono la crescita di questo Paese, che non gradiscono che l’Italia divenga una democrazia matura e che perciò guardano con ostilità le forze politiche come il Pd e i Pdl che, pur essendo avversarie, hanno scoperto di avere una passione in comune: l’Italia.
C’è un capitolo complesso, racchiuso in una parola un po’ misteriosa per buona parte dei lettori: la cosiddetta «Convenzione».
La Convenzione riunisce le Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato. Abbiamo così garantito la centralità del Parlamento, accelerando i tempi. Ci sarà inoltre un comitato di esperti che supporterà il governo nella formulazione delle proposte: questo dovrebbe aiutarci a tenere il tema al riparo dalle tensioni della quotidianità politica.
Entriamo più nel dettaglio della riforma elettorale.
Uno dei difetti della storia d’Italia è stato quello di caricare sulla legge elettorale tutto il peso della riforma del sistema politico. Ci pensi: gli avversari del giolittismo volevano far fuori Giolitti cambiandogli la legge elettorale. Nel 1953, una legge elettorale con un premio di maggioranza che oggi definiremmo ridicolo fu addirittura chiamata «legge truffa». Poi, a un certo punto, abbiamo pensato che l’abolizione delle preferenze avrebbe moralizzato il sistema... Adesso, al contrario, pensiamo che la soluzione ottimale sarebbe quella di reintrodurre proprio le preferenze... Tutto questo per dire che noi, preliminarmente, dobbiamo prima aver chiara la forma di governo di cui vogliamo dotarci. Andiamo verso il sistema francese? Allora avremo un tipo di legge elettorale. Preferiamo quello tedesco? Beh, ce ne sarà un altro tipo e un tipo ancora diverso lo avremmo se dovessimo ispirarci all’ordinamento inglese.
Dipendesse solo da lei?
Oh, beh, istintivamente, avrei una preferenza per il sistema britannico. Ma questo in astratto. Poi, in realtà, occorre prendere atto del momento storico e allora è evidente che andiamo sempre più verso una democrazia diretta, quasi immediata. Per questo, ecco, io penso sia giusto concedere qualcosa...
A cosa sta pensando?
All’elezione diretta, a suffragio universale, del Capo dello Stato, come perno del nuovo sistema.
Converrà, al di là di ogni ipotesi, che una certezza comunque c’è: non è possibile tornare a votare con con l’attuale legge, il Porcellum.
Su questo non vi è alcun dubbio. E non perché questa legge sia la peggiore del mondo, ci sono tante altre brutte leggi elettorali in vigore in altri Paesi, ma perché questa è stata varata quando le coalizioni erano al di sopra del 45 per cento, e quindi il premio di maggioranza previsto era abbastanza compatibile. Ora, però, con le coalizioni che sono sotto al 30 per cento, abbiamo schieramenti che prendono premi di maggioranza enormi senza poi avere la forza politica per gestirli. Un po’, per intenderci, com’è accaduto recentemente al Pd.
Torniamo al governo: sulla sua tenuta, quanto possono incidere i gravi guai giudiziari di Silvio Berlusconi?
A me sembra che non si tratti solo di suoi guai personali, ma riflettano invece un complesso quadro più generale. Vede, dal 1992 in poi, è letteralmente saltato il rapporto equilibrato tra potere politico e potere giudiziario e quest’ultimo, suo malgrado, rischia di divenire un corpo separato dallo Stato. È questa, in realtà, la minaccia che pesa sul governo attuale e che ha pesato, ci pensi bene, anche su tutti i governi dal 1994 a oggi. Devo ricordarle che il governo Prodi cadde per un mandato di arresto alla moglie dell’allora Guardasigilli Clemente Mastella, spedito da un magistrato che Sarebbe andato in pensione di lì a poco e che non era neppure territorialmente competente?
L’estrema debolezza del Pd può far venire voglia al Pdl – non subito, magari tra qualche mese – di andare a elezioni anticipate?
Guardi, qui c’è una debolezza suprema, che è quella del Paese. Non ci si può far tentare. Al contrario, bisogna sperare di essere antagonisti politici di un interlocutore in buona salute e di riuscire a batterlo appena si tornerà alle urne.
Però sappiamo che il Pd, per adesso e fino al congresso, è un partito lacerato dalle correnti, dai rancori, dai dubbi: ecco, quando i vostri provvedimenti arriveranno in aula, ci sarà il rischio dei franchi tiratori?
Io dico che la maggioranza di questo governo è ampia, e credo anche che l’esecutivo giocherà la sua partita nei primi 100 giorni. Quindi, se faremo bene, non sarà tanto facile votarci contro, senza poi assumersene le responsabilità.
Invece, quali membri dell’opposizione le piacerebbe avere con voi?
Beppe Fioroni e Matteo Renzi.
Cosa c’è di tanto democristiano in Enrico Letta?
L’origine. Non è poco, e non è neppure una cattiva origine.