VARIE 6/6/2013, 6 giugno 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - QUIRICO È VIVO
REPUBBLICA.IT
ROMA - Domenico Quirico è vivo, ma la situazione è molto delicata, lo fa sapere il ministro degli Esteri Emma Bonino, Sarebbe stato rintracciato nella zona di Qusayr, la città assediata da mesi e ripresa proprio mercoledì scorso dalle forze lealiste siriane. L’inviato dalla Stampa scomparso in Siria dal 9 aprile scorso, è riuscito a mettersi in contatto con la moglie in Italia con una brevissima comunicazione. La notizia, che non era stata diffusa per evidenti motivi di sicurezza, è stata lanciata sul sito dei giornalisti calabresi, confermata dal segretario della federazione nazionale della Stampa Franco Siddi e poi annunciata via twitter dal direttore della Stampa Mario Calabresi.
L’unità di crisi della Farnesina si è messa subito in moto per avere conferma sull’esatto luogo dove si trova il collega di cui non si avevano notizie da esattamente 60 giorni. Il fatto che la città fino a due giorni fa nelle mani dei ribelli è stata da pochissimo liberata rende difficili le comunicazioni e ancora più ardui i tentativi di raggiungere il giornalista per riportarlo in zone più sicure. Ma il fatto che abbia finalmente dato notizie, sebbene con una breve telefonata, ci riempie di gioia.
Ecco il comunicato diramato in serata La Farnesina conferma l’avvenuto contatto, nella giornata di oggi, fra il giornalista della Stampa Domenico Quirico ed i suoi familiari. Il Ministro degli Esteri, in costante raccordo con tutte le strutture dello Stato interessate, continua a seguire con massima priorità tutti gli sviluppi della vicenda, mantenendo i contatti con i familiari del giornalista e con il quotidiano "La Stampa". In questa fase particolarmente delicata si fa appello al senso di responsabilità degli organi di informazione nel divulgare notizie provenienti da fonti non verificate e nel mantenere la linea di riserbo necessaria per favorire l’esito positivo del caso.
Dopo tanti giorni di silenzio e per la complessa situazione in cui versa la Siria, lacerata da una feroce guerra civile che ha provocato oltre 40 mila morti tra soldati, miliziani e civili, aveva fatto temere il peggio. Pochi giorni fa l’appello delle sue due figlie, Metella e Eleonora. Appello a cui era seguito un intervento di papa Francesco durante la messa di domenica scorsa in piazza San Pietro.
La situazione adesso è estremamente delicata. Si tratta di individuare dove si trova esattamente il collega, di mediare tra le diverse fazioni che si contendono ampie zone dell’area, di agire sul regime di Damasco e di tirare fuori da quell’inferno il giornalista.
SIAMO LE FIGLIE DI DOMENICO QUIRICO, IL GIORNALISTA INVIATO DEL QUOTIDIANO LA STAMPA SCOMPARSO IN SIRIA DA CINQUANTA GIORNI. NOSTRO PADRE È NEL VOSTRO PAESE PER RACCONTARE ALL’ITALIA IL DRAMMA DELLA SIRIA E DEL POPOLO SIRIANO. CHIEDIAMO A CHIUNQUE ABBIA SUE INFORMAZIONI DI AIUTARCI A RITROVARLO E A RIABBRACCIARLO PRESTO, SE QUALCUNO HA NOTIZIE SI RIVOLGA ALLE AUTORITà ITALIANE. CIAO PAPA CON MAMMA TI ASPETTIAMO PRESTO. CHOKRAN
Chokran (or shukran) (pronounced shook-ron with an ooh sound) literally means thank you. The standard response to chokran is afwan, which in this context would mean ’you are welcome.’ Please note that afwan can also be used to mean ’excuse me’.
Source(s) [http://answers.yahoo.com/question/index?qid=20090928070341AAuXXcO]
CORRIERE.IT
Una telefonata che dà speranza. Una telefonata però subito interrotta. È quella che Domenico Quirico, il giornalista della Stampa scomparso in Siria e di cui non si hanno più tracce dal 9 aprile, ha fatto alla moglie nel pomeriggio di giovedì 6 giugno. Appunto: non più di qualche parola, e subito il clic della comunicazione interrotta. Abbastanza per sperare.
LA CONFERMA DELLA FARNESINA - «C’è stato un brevissimo contatto tra Quirico e la sua famiglia. La Farnesina è stata subito avvertita e seguiamo costantemente e con tutti i nostri mezzi la vicenda». È quanto ha confermato il ministro degli Esteri Emma Bonino, a proposito del contatto telefonico con l’inviato. Il ministro degli esteri ha spiegato che si sta cercando di capire da dove arrivasse la telefonata per avere ulteriori informazioni sulla vicenda.
IL TWEET DI CALABRESI - Poi via twitter arriva un’ulteriore conferma che rasserena, quella del direttore del quotidiano torinese Mario Calabresi: «Quirico è vivo». E la figlia dell’inviato aggiunge: «Tutto quello che sappiamo è che sta bene e che è vivo».
REPUBBLICA.IT 29/4/2013
ROMA - "Da venti giorni abbiamo perso i contatti con il nostro inviato Domenico Quirico, in Siria per una serie di reportage dalla zona di Homs". Lo ha annunciato il direttore de La Stampa, Mario Calabresi, sul sito lastampa.it. Il giornale ha "deciso di mettere sulla testata un fiocchetto giallo, come fanno le famiglie che attendono il ritorno di una persona cara di cui non si hanno notizie". A seguire il caso è personalmente il ministro Emma Bonino e "la Farnesina sta operando attraverso l’Unità di Crisi e in raccordo con tutte le strutture dello Stato interessate".
"Due settimane di ricerche, fatte in modo silenzioso e riservato ma in ogni direzione, coordinate dall’Unità di crisi della Farnesina - spiega il direttore Calabresi - non hanno dato sinora alcun risultato concreto e così abbiamo condiviso con le autorità italiane e la famiglia la decisione di rendere pubblica la sua scomparsa, sperando di allargare il numero delle persone che potrebbero aiutarci ad avere informazioni".
"Domenico - ha riferito il direttore de La Stampa - è entrato in Siria il 6 aprile, attraverso il confine libanese, diretto verso Homs, area calda dei combattimenti, per poi spingersi, se ce ne fosse stata la possibilità, fino alla periferia di Damasco. Era partito dall’Italia il 5 aprile per Beirut, dove era rimasto una giornata in attesa che i suoi contatti si materializzassero: la mattina di sabato 6 aprile gli abbiamo telefonato per avvisarlo del rapimento dei colleghi della Rai nella zona di Idlib. Lui ci ha spiegato che il suo percorso sarebbe stato completamente diverso e che ci avrebbe richiamato una volta passato il confine. Nel pomeriggio, alle 18,10, ha mandato un sms con cui annunciava al responsabile Esteri de La Stampa di essere riuscito a entrare in territorio siriano".
"Due giorni dopo, lunedì 8 - ha proseguito Calabresi - ha prima mandato un messaggio alla moglie Giulietta, per dirle che era in Siria e che era tutto ok, poi verso sera l’ha chiamata a casa.
La linea era molto disturbata, ha spiegato che di lì a poco il cellulare non avrebbe preso più e che le persone con cui viaggiava gli avevano chiesto di non utilizzare il satellitare, che sarebbe stato quindi in silenzio per qualche giorno ma di non preoccuparsi. Martedì 9 ha ancora mandato un sms a un collega della Rai nel quale diceva di essere sulla strada per Homs. E’ stato questo l’ultimo contatto diretto avuto con Domenico".
"Prima di partire ci aveva avvisato che non avrebbe scritto niente mentre era in Siria e che per circa una settimana sarebbe rimasto in silenzio: la copertura delle rete dei cellulari è saltata in molte zone dell’area di Homs e usare il satellitare non è prudente perché così si segnala la propria presenza".
Domenico Quirico, 62 anni, è uno dei giornalisti italiani più seri e preparati nell’affrontare situazioni a rischio. Negli ultimi anni ha raccontato il Sudan, il Darfur, la carestia e i campi profughi nel Corno d’Africa, l’esercito del signore in Uganda, ha seguito interamente le primavere arabe, dalla Tunisia all’Egitto, è stato più volte in Libia per testimoniare la fine del regime di Gheddafi. Nell’agosto 2011 nel tentativo di arrivare a Tripoli è stato rapito insieme ai colleghi del Corriere della Sera Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina e di Avvenire Claudio Monaci. Nel sequestro veniva ucciso il loro autista e solo dopo due giorni drammatici venivano liberati.
Nell’ultimo anno ha coperto per tre volte la guerra in Mali, è stato in Somalia e ora per la quarta volta è in Siria. Nei suoi primi due viaggi siriani era stato ad Aleppo, dove aveva raccontato i bombardamenti e la prima fase della rivolta. Nell’ultimo aveva invece seguito i ribelli spingendosi fino nella zona di Idlib. "Ha voluto tornare di nuovo per raccontare l’evoluzione di un conflitto che si è allontanato troppo dalle prime pagine dei giornali e che, ci ripeteva, nonostante i suoi orrori non scuote la società civile occidentale", ha scritto Calabresi sul giornale.
(29 aprile 2013)
ULTIME NOTIZIE DALLA SIRIA
Il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahri, è tornato a far sentire la sua voce per esortare i siriani a lottare contro il presidente, Bashar al-Assad, e sventare quelli che definisce i piani americani per creare in Siria uno Stato ’vassallo’ che "difenda Israele". In 22 minuti di registrazione, pubblicati sui siti islamisti in occasione dei 65 anni della nascita di Israele, Zawahiri ha aggiunto che l’unico modo per risolvere la questione palestinese è la ’jihad’, la guerra santa. Non è stato possibile verificare l’autenticità della registrazione e se sia stata realizzata prima o dopo la riconquista di Qusayr da parte dell’esercito siriano con l’aiuto dei guerriglieri Hezbollah libanesi. Zawahri, medico egiziano divenuto capo di al-Qaeda dopo l’uccisione di Osama bin Laden, ha anche criticato il regime degli ayatollah per il sostegno a Damasco, dicendo che il conflitto siriano ha rivelato "la brutta faccia dell’Iran".
Il giorno dopo la riconquista siriana di Qusayr, gli scontri tra i ribelli e le forze del regime sono arrivati fino alle Alture del Golan, di cui Israele ha preso il controllo nel 1967, sul valico di Quneitra, Per diverse ore stamane i ribelli sembravano aver conquistato il valico, l’unico passaggio diretto tra Siria e Israele, utilizzato quasi esclusivamente dai residenti drusi del Golan occupato; si è continuato a combattere e le forze lealiste a metà giornata avevano già ripreso il controllo del passaggio di frontiera.
Ma le informazioni sono ancora confuse e gli scontri continuano. Quneitra è importante perché il controllo sul valico è una delle dimostrazioni simboliche del potere del regime di Damasco; e da esso dipende l’atteggiamento di Israele sul conflitto.
L’Austria ha annunciato il ritiro dei propri caschi blu dal Golan. Il contingente austriaco conta 380 militari su mille totali della missione delle Nazioni Unite. Vienna aveva un mese fa preannunciato che avrebbe ritirato le truppe se l’Unione europea, come poi è avvenuto, avesse revocato l’embargo sulle armi per l’opposizione siriana.
Intanto le truppe di governo continuano a guadagnare terreno nella regione attorno a Qusayr: insieme ai miliziani di Hezbollah sono a caccia dei ribelli fuggiti nei villaggi circostanti, al termine dei 17 giorni di sanguinoso assedio; e come era stato annunciato, adesso le forze del regime incalzano alla conquista dei quartieri di Homs che erano ancora in mano ai ribelli: Jalediya è il primo ad essere caduto.
Il regime di Damasco continua, dunque, a guadagnare posizioni e questo gli assicura una posizione di vantaggio in vista della conferenza di pace internazionale, se mai si materializzerà. Oggi la Russia ha fatto sapere che sarà il ministro degli Esteri di Damasco a guidare la delegazione ufficiale siriana alla cosiddetta Ginevra2: lo ha reso noto il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, nel corso di una conferenza stampa al termine di un incontro del Consiglio degli Stati del Mar Baltico. Lavrov ha anche messo in guardia dal fatto che l’uso delle armi in Siria possa essere strumentalizzato per giustificare un intervento militare. "La questione delle armi chimiche è diventata oggetto di speculazioni e provocazioni: io non escludo che qualcuno voglia utilizzarla come una ’linea rossa’ che è stata valicata e che un intervento straniero sia necessario". Il capo della diplomazia russa ha anche insistito sul fatto che l’Iran debba partecipare alla conferenza di pace internazionale sulla Siria, la cosiddetta Ginevra 2.
La guerra in Siria intanto continua ad avere effetti in Libano. Circa 1.500 pacchi di aiuti alimentari forniti da Hezbollah sono stati dati alle fiamme in Libano da rifugiati palestinesi provenienti dalla Siria per protestare contro l’intervento delle milizie del movimento sciita libanese nella battaglia di Qusayr al fianco delle truppe lealiste. Lo scrive oggi il quotidiano Daily Star, sottolineando che si tratta del secondo episodio di questo genere nell’ultima settimana. Sono almeno 54.000 i palestinesi già profughi in Siria che sono fuggiti in Libano a causa del conflitto. Altri 6.000 si sono rifugiati in Giordania e altrettanti in Egitto.
Omar Halabi, un attivista locale, ha detto che ieri gli aiuti umanitari sono stati dati alle fiamme da palestinesi e residenti locali a Saadnayel, nella Valle della Bekaa, quando i destinatari dei pacchi hanno visto che su di essi vi era la scritta: "La resistenza islamica del Libano ai suoi fratelli, i palestinesi sfollati dalla Siria". Gli aiuti erano stati distribuiti attraverso un ufficio locale del Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp), vicino al regime di Damasco.
Negli Stati Uniti, dopo l’impasse del tentativo russo di organizzare la conferenza di pace a Ginevra sulla Siria, il senatore McCain, già candidato repubblicano alla presidenza, continua a spingere per un coinvolgimento maggiore degli Usa nella guerra a sostegno dei ribelli: "Il conflitto in Siria può scatenare una guerra civile in tutto il Medio Oriente", ha detto alla Cbs.
(06 giugno 2013)
APPELLO DI MEDICI SENZA FRONTIERE
ROMA - Dopo più di due anni di violento conflitto in Siria, il livello dell’assistenza umanitaria all’interno del paese e nei paesi vicini che ospitano i rifugiati siriani, rimane molto al di sotto degli enormi e crescenti bisogni. In occasione della riunione delle Nazioni Unite a Ginevra, prevista per il 7 giugno, Medici Senza Frontiere (MSF) chiede a queste e a tutti gli Stati coinvolti di aumentare con urgenza il livello di assistenza alla popolazione siriana, e adempiere alle proprie responsabilità nei confronti dei milioni di vittime della violenza.
Feriti e malati tra ostacoli insormontabili. I siriani continuano a fuggire da una guerra civile che peggiora di giorno in giorno ed ha già causato quasi 100.000 vittime. Ma sono i feriti e i malati che affrontano ostacoli quasi insormontabili, per tentare di accedere all’assistenza sanitaria, a causa di bombardamenti incessanti, attacchi mirati e distruzione del sistema sanitario siriano. Le condizioni di sicurezza e le importanti restrizioni imposte dal governo siriano ostacolano la fornitura di aiuti attraverso le linee del fronte, all’interno del paese. Mentre l’ONU ha riconosciuto a gennaio che la fornitura di aiuti attraverso i confini della Siria era insufficiente, da allora il fallimento nel fornire assistenza umanitaria indipendente ha contribuito al peggioramento della crisi.
Le sfide dei rifugiati, che sono 1.5 milioni. Fuori dalla Siria, 1,5 milioni di rifugiati devono affrontare una serie di sfide. Molti di coloro che sono fuggiti hanno trovato solo miseria, privazioni, e quasi nessun accesso ai servizi essenziali nei paesi vicini, dove troppe poche agenzie umanitarie rispondono alle schiaccianti esigenze. In Giordania, il sistema sanitario nel campo rifugiati di Zaatari, che ospita 100.000 siriani, rimane fragile. I pochi stanziamenti stanno minacciando la capacità della Giordania di fornire un’assistenza sanitaria adeguata agli ulteriori 350.000 rifugiati che vivono al di fuori del campo. Nel campo di Domeez, nel nord dell’Iraq, più di 35.000 rifugiati vivono in condizioni di sovraffollamento; molti di loro ricevono meno dello standard minimo internazionale di 15-20 litri di acqua per persona, al giorno, durante un’emergenza.
Gli sfollati nel Libano. In Libano, dove più di 500.000 siriani hanno cercato rifugio, molte persone vivono in rifugi di fortuna all’interno delle comunità, in case costruite a metà, o in squallide baracche nei campi agricoli. Molti devono pagare per vivere in condizioni deplorevoli. Decine di migliaia di rifugiati devono ancora essere registrati dalle Nazioni Unite, cosa che impedisce loro di ricevere assistenza, compresa quella sanitaria. In tutti i paesi vicini alla Siria, dall’inizio del conflitto, le équipe di MSF hanno ad oggi effettuato quasi 150.000 visite mediche, e hanno osservato condizioni di salute preoccupanti tra i rifugiati più vulnerabili: i bambini non ricevono le vaccinazioni di routine, l’assistenza sanitaria di base è, nel migliore dei casi, limitata; le donne in stato di gravidanza hanno un accesso insufficiente alle cure pre e post-natali e a un parto sicuro; le persone affette da patologie croniche hanno un accesso molto limitato alle cure e all’assistenza post-trattamento.
Tensioni in aumento. Nonostante gli sforzi tangibili messi in campo da parte dei paesi confinanti con la Siria per far fronte alle conseguenze della crisi, le risorse sono al limite e le tensioni sono in aumento. Mentre richiedono un sostegno urgente per rispondere alle crescenti esigenze dei rifugiati, compresa l’assistenza sanitaria di secondo livello, ripari, acqua e servizi igienico-sanitari, i paesi ospitanti devono comunque tenere aperte le loro frontiere, per garantire ai siriani il diritto a cercare rifugio. È tempo che gli stati donatori stanzino i fondi necessari per sostenere i bisogni di salute e di soccorso dei rifugiati, e che tutti gli attori coinvolti nel conflitto garantiscano che venga fornita un’assistenza umanitaria adeguata, sia all’interno, che all’esterno della Siria. Dalle parole bisogna passare ai fatti.
* Loris De Filippi Presidente Medici Senza Frontiere Italia